Dalmine prima della Dalmine

Fu il grande condottiero Bartolomeo Colleoni ad ampliare la rete delle rogge della Bergamasca,  e a ipotizzare la realizzazione di un collegamento navigabile dell’Adda con il Serio e da questo con il Po

Nel XIII secolo i proprietari terrieri laici ed ecclesiastici che avevano un ruolo di primo piano nel Comune di Bergamo decisero di valorizzare il territorio pianeggiante posto a sud della città mediante la derivazione di acque irrigue captate dal Fossatum Civitati Pergomi, il quale era alimentato dalle acque del Serio e lambiva le attuali vie Camozzi, Tiraboschi e Zandonate. Nel 1233 quattro investitori consorziati acquisirono dal Comune un terreno erboso di 45 ettari posto tra il fossato e Treviolo, pagando anche l’acqua, che potevano far muovere ovunque ma senza superare i confini comunali.

Tale limite fu presto superato mediante il collegamento alla rete, più antica, dei canali alimentati dal Brembo, la cui portata era però più modesta ed irregolare rispetto a quella del Serio. Uno di questi canali lambiva già nel 909 Mariano, uno dei comuni rurali confluiti nel 1927 in quello di Dalmine. 

Agli inizi del ‘300 il potente cardinale Guglielmo de Longhi, che nel 1296 aveva ottenuto da Bonifacio VIII l’amministrazione dell’antico e ricco monastero benedettino di Pontida, nell’ambito della sua politica volta ad accrescere l’influenza dei guelfi a Bergamo, dotò d’un certo numero di possedimenti fondiari nella zona di Dalmine e di Stezzano il nuovo ospedale di Santo Spirito, da lui fondato in Borgo Pignolo contestualmente al nuovo convento benedettino di San Nicolò. 

Nel 1313 il cardinale ottenne dall’imperatore Arrigo VII la liberazione di alcuni guelfi bergamaschi; un suo nipote sposò Bona dei Colleoni, famiglia di grandi proprietari nell’Isola Bergamasca, la zona tra l’Adda e il Brembo. A sud di Bergamo erano più diffuse le proprietà dei ghibellini, in particolare i Suardi, che per difendersi dalla minaccia rappresentata dai guelfi Brembati, padroni di Mariano (sulla sponda orientale del Brembo) dotarono una delle più grosse cascine di una torre alta cinque piani, sopravvissuta alla demolizione del 1908, quando giunse in loco la Dalmine.

Bartolomeo Colleoni

Nel 1367 Giovanni Suardi sposò a Bergamo Bernarda Visconti. Nel 1438 il grande condottiero Bartolomeo Colleoni difese Bergamo Bassa dall’assalto di Niccolò Piccinino, al servizio dell’ultimo Visconti; i milanesi furono sconfitti, tuttavia alcune parrocchie della zona (tra cui S. Lorenzo di Mariano) rimasero soggette alla diocesi ambrosiana, fino agli anni ’80 del ‘700. I Suardi, considerati complici dei milanesi, furono spossessati dei possedimenti in territorio di Dalmine, che furono concessi ai Da Thiene, nobili vicentini. 

Colleoni investì grandi somme per ampliare la rete delle rogge in diverse zone della pianura bergamasca, nell’ambito d’un disegno, mai realizzato, d’un collegamento navigabile dell’Adda con il Serio e, da questo, con il Po. Nel 1466 acquisì il diritto di sfruttamento dell’antica roggia Morlana all’altezza di Verdello e poi l’ampliò a proprie spese, così da renderla funzionale all’impianto di magli e mulini. In cambio ottenne dai gestori della Morlana l’acqua per alimentare la sua Colleonesca, che in uscita da Bergamo costeggia ancor oggi la ex statale 525, verso Sforzatica di Dalmine.

Nel 1475, morto Bartolomeo, la sua roggia passò al Luogo Pio della Pietà da lui istituito nel testamento; tuttavia ben presto iniziarono le dispute tra gli eredi per la gestione, originate dal fatto che Venezia aveva deciso di revocare i privilegi e benefici feudali concessi in vita al grande Capitano. In tale contesto si colloca la richiesta di sottrarre ai benedettini la gestione di S. Spirito. 

Nonostante le proteste dei confratelli di S. Nicolò, papa Sisto IV nel 1477 ratificò il passaggio dell’ospedale e dei suoi beni ai Canonici Lateranensi, che godevano del sostegno di alcune nobili famiglie locali, tra cui i Tasso; il rilancio anche economico di S. Spirito è testimoniato, già nel 1484, dalla derivazione d’una nuova roggia (detta Nuova) dalla roggia Serio Grande; quattro anni dopo acquisirono dai Da Thiene le proprietà ex Suardi. Nel 1770 nel territorio attuale di Dalmine erano in funzione tre mulini, per la follatura dei panni di lana e la macina di semi oleosi. Destinata all’irrigazione, allora come oggi, era la roggia Verdellina a Guzzanica e Sabbio.

I Lateranensi mantennero le terre di Dalmine sino al 1785, quando la Repubblica ottenne dal pontefice la chiusura delle attività della congregazione nel proprio territorio. 

Arrivano i Camozzi 

Nel 1787 il bergamasco Ambrogio Camozzi, che già nel 1781 possedeva terreni a Mornico al Serio, acquistò all’asta le terre un tempo appartenute ai Terzi e vi introdusse alcune migliorie, che comportarono però un canone più alto per i contadini affittuari. I suoli erano ben irrigati, ma per natura poco fertili; per diminuire gli effetti delle gelate invernali e delle grandinate estive Ambrogio affiancò alla produzione tradizionale, cereali e foraggio, quella dei bachi da seta, mediante l’impianto di numerosi gelsi. 

Erede di Ambrogio fu Andrea Camozzi, il quale si sposò con la giovane di nobile famiglia Elisabetta Vertova, da cui ebbe dieci figli. Andrea agli inizi del XIX secolo, sull’esempio di altri proprietari della zona, come i Pesenti, che avevano una villa a Brembo, affiancò alla gelsicoltura la produzione di laterizi. 

Tuttavia dopo aver ottenuto nel 1819 dall’Austria il titolo di conte decise di limitare la superficie della vecchia fornace per ottenere un giardino degno della bella villa di campagna costruita a poca distanza dalla Torre Suardi, terminata entro il 1843. 

Pochi anni dopo due dei figli cadetti di Andrea, Gabriele e G. Battista, simpatizzanti per la causa di Giuseppe Mazzini, sarebbero stati i protagonisti di alcune delle vicende più note del Risorgimento: a Bergamo, a Lovere, a Genova, a Palermo; esse esulano dall’ambito di questo articolo. Merita un cenno l’iniziativa di un altro grande proprietario dell’epoca, Luigi Enrico Dall’Ovo, che fece dipingere in una sala della sua villa di Sforzatica episodi dell’epopea garibaldina; fu qui che nel 1860 circa 200 volontari bergamaschi giurarono fedeltà al Generale prima d’imbarcarsi a Quarto per la spedizione nelle Due Sicilie.

I terreni dei Camozzi vennero venduti nel 1907 alla neonata filiale italiana della grande azienda siderurgica Mannesmann dal genero di Gabriele Camozzi, Gualtiero Danieli, ex sottosegretario alle Finanze nel 1900-01 nel governo Saracco e referente di Luigi Orlando, patron della Società Metallurgica Italiana, socia di minoranza dei tedeschi.

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Ultima modifica 18/12/2014