Un fiore che non si può non cogliere

Entriamo in quel chilometro e mezzo che, secondo l’autorevole “New York Times”, ha inserito la città lombarda fra quelle imperdibili quest’anno

Piaccia o non piaccia, Expo2015 è già un successo. Permettetemi di spiegare l’affermazione. Tra le fila di che si è opposto all’Esposizione Universale e chi invece si è dichiarato favorevole, credo bisogni riconoscere che quel chilometro e mezzo di architetture originali tra Milano e Rho sia un fiore all’occhiello per Milano e l’Italia, un pezzo di storia che merita di essere visitato e che non si può non cogliere. E la gente, infatti, ci sta andando.
Se Beppe Severgnini l’ha definito la più bella passeggiata architettonica sul pianeta e il “New York Times” inserisce Milano tra le città imperdibili nel 2015, dobbiamo per una volta guardare a quello che è stato fatto, in positivo e in negativo - ma comunque fatto - e dunque ha prodotto lavoro.
 
Qualche esempio. Palazzo Italia, criticatissimo da molti, Vittorio Sgarbi in primis, è una struttura con pochi uguali al mondo. Da fuori sembra rivestito da radici - una speciale malta fibrosa della Italcementi - mentre dentro ha una corte e dei contenuti che comunque stimolano la riflessione, a partire dalle storie dei 20 italiani che aprono la visita al padiglione con le loro storie. Il vicino albero della vita riprende le linee di piazza del Campidoglio, ma va ammirato la sera con i giochi di luce perché, va riconosciuto, di giorno è un po’ trash.
 
Meraviglia pura, invece, il padiglione Zero. Destinato ad accogliere i visitatori, è una grande installazione teatrale che traccia un percorso tra la necessità di ricordare il nostro legame col cibo e il prezzo che paghiamo con l’eccesso degli sprechi.
Appena si comincia a camminare sul Decumano – il viale principale lungo 1500 metri – cominciano a sfilare le bandiere e si trova di tutto. Alcuni allestimenti calzano col tema di Expo 2015, altri sembra che abbiano clamorosamente mancato l’oggetto del briefing: cibo ed energia per la vita.
 
La Svizzera con le sue torri-magazzini e l’Austria con la foresta urbana sono i padiglioni che meglio centrano il tema di esistenza sostenibile. La Germania incanta per i contenuti multimediali. Il podio più alto per l’ingombro spetta a Stati Unti e Russia, che da veri mastodonti fanno a gara tra loro. Gli USA con un grande scheletro in ferro e legno ingentilito dalla cascata iniziale e dall’orto verticale. I russi, invece, puntano tutto sull’impressione ormeggiando sul Decumano una costruzione che ricorda molto una portaerei.
 
Gli arabi dimostrano ancora una volta di non dare un tetto alle risorse impiegate schierandosi con padiglioni intriganti. Bellissime le linee degli Emirati disegnate da Norman Foster, delicati i toni bianchi e oro del Regno del Bahrein, gradevole la veranda vegetale dell’Iran, quasi esagerati i profili castellani di Oman e Qatar.  I nove cluster – caffè, cacao, cereali e tuberi, isole, riso, biomediterraneo, spezie, frutta e legumi, zone aride – rappresentano una delle sfide maggiori. Accorpare paesi che hanno poco da raccontare è stata un’impresa, ma proprio chi ha poco merita il riconoscimento per la valorizzazione delle risorse. Coerentemente con il principio di sostenibilità, nella passeggiata architettonica il legno la fa da padrone. Irlanda, Nepal, Polonia, Vietnam, Spagna, Belgio, Francia, Romania, Slovenia, Ungheria e Cina declinano il tema con tante forme curiose.
 
Non altrettanto sviluppata la parte dei contenuti legati al tema del cibo. Promossi il Belgio con le culture idroponiche e la Francia con il racconto delle sue culture tutto visibile sul soffitto. Poco chiari gli altri, che hanno preferito puntare tutto sulla struttura: imponente il richiamo alle pagode dei cinesi, gradevole la doppia navata spagnola, evocative le sagome del Nepal e del Vietnam, originale la Polonia interamente rivestita da cassette della frutta. Perdibilissimi Slovenia e Romania, ed è un peccato per due territori che potevano davvero raccontare cosa significa essere i polmoni verdi d’Europa.
 
Agli opposti capi del mondo, attraggono la Corea del Sud con il monito del cibo contemporaneo e l’Argentina, che si presenta con silos multimediali densi di memorie legate agli emigranti. Il Brasile è protagonista con una struttura tubolare che sostiene la rete elastica a cui tutti ambiscono. I bambini impazziscono ma gli adulti non disdegnano. Il percorso – aereo – è tra i più gettonati dell’Esposizione Universale.
Ci sono anche due pezzi d’arte importanti in Expo. Il padiglione della Santa Sede, gradevole per il suo minimalismo e il monito “non di solo pane”, ospita un’Ultima Cena del Tintoretto. Nel percorso del Messico, invece, la scultura precolombiana del Dio dei Fiori affascina per il gioco di luci che la circonda.
 
Non vanno dimenticati anche gli altri padiglioni, quelli non dedicati agli stati ma alle aziende o alle organizzazioni. L’Unione degli Agronomi si presenta con una struttura in metallo e corteccia che si appoggia al suolo senza intaccarlo. Il grande tavolo con l’albero nel centro fa molto Re Artù ma comunica bene il senso di Expo.
 
Non distante Coca Cola. La contestatissima presenza della multinazionale delle bollicine scure originerà se non altro una palestra con campo di basket che sarà donata a una città italiana al termine della manifestazione.
Il padiglione dell’immobiliare cinese Vanke è un curioso drago disegnato dall’archistar Libeskind e rivestito dalle squame italiane della Casalgrande. Con il volume di New Holland, la marca di trattori del gruppo Fiat crea un prato inclinato che protegge lo spazio per raccontare l’aiuto delle macchine all’agricoltura. 
 
Sul Decumano, The Waterstone di Banca Intesa emana il fascino di una forma primordiale che con le sue scaglie racchiude uno spazio eventi e una galleria di immagini attorno alla Milano dipinta da Boccioni. Lo stesso minimalismo potente è espresso dal canneto bianco di Enel. Il messaggio del principale fornitore di energia italiano è rivolto alla ottimizzazione dei consumi con i pannelli lungo la passerella. 
Chi vuole immaginare la spesa del domani, visiti il Distretto del cibo futuro. Nell’avveniristico supermercato, gli scaffali informano sull’origine e i valori di cosa si sta acquistando. Prossima all’ingresso di Expo, l’organizzazione umanitaria Save the Children mostra nella sua essenzialità il significato del cibo per chi non ne ha o è costretto a sacrifici per sciagure naturali o umane.
 
Un occhio al cielo aiuta sempre, così questo racconto non può che finire con la riproduzione della Madonnina del Duomo di Milano. Chi entra dall’accesso di Cascina Triulza la nota brillare. Curiosa per come la si può ammirare da vicino, colpisce la collocazione sulla poco ecologica piattaforma di cemento grezzo che fa rimpiangere la meraviglia del Duomo vero. Per fortuna Milano e l’originale non sono poi distanti.  
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Ultima modifica 05/02/2016