Gallarate durante il Ventennio

Gallarate durante il Ventennio
Tutto ciò che avvenne sul piano politico ed economico a partire dal 1921 in una città 
che si era sentita offesa per essere stata aggregata alla provincia di Varese
Si è appena conclusa la stagione del Teatro del Popolo di Gallarate, l’impianto comunale restaurato nel 2006 dopo aver ospitato per decenni un’associazione pugilistica. 
La sala fu costruita durante il Biennio Rosso da una cooperativa tra operai che avevano raccolto le 650 mila lire occorrenti versando ogni mese due giorni di paga. Il teatro venne inaugurato a fine ottobre 1921; presto fu preso di mira dalle “squadre” fasciste, tra cui la Disperata del giovane Mario Brumana, che il 21 aprile s’era introdotto nel Broletto (l’ex convento degli Umiliati, all’epoca sede del Comune) e aveva redarguito il sindaco Leone Spaini per aver ignorato la ricorrenza del “Natale di Roma”, festa che in seguito il fascismo impose quale alternativa al 1° maggio. 
 
Il 4 agosto 1922 gli uomini della Disperata estromisero dal Broletto il nuovo sindaco, Pao­lo Campi; dato il clima politico, la città venne affidata ad un commissario prefettizio. In una sera d’ottobre Brumana, recatosi nella vicina Cardano per una zuffa tra “rossi” e “neri”, venne ucciso da un colpo di pistola. I suoi camerati, aizzati anche da Carlo Ravasio, invalido di guerra e teorico del “sindacalismo fascista”, attuarono una spedizione punitiva contro le case e le strutture legate alla sinistra in tutta la zona. Campi, il dirigente sindacale Fermo Corbetta e l’on. Francesco Buffoni, minacciati di morte, lasciarono la città. Poche settimane dopo, la Marcia su Roma e l’incarico a Mussolini.
La visita del Duce
Il nuovo sindaco, il fascista moderato Mario Colombo, s’era prefissato due obiettivi: l’aggregazione a Gallarate del comune di Crenna, di cui sino alla fuga in Svizzera era stato sindaco Buffoni, e il pareggio del bilancio. Ciò significava un aumento dei tributi locali, che suscitò qualche malumore anche tra i maggiorenti locali. Come l’anziano industriale tessile Alessandro Maino che dovette rendersi conto che al fisco non interessava se la F.lli Maino beneficava l’Ospedale San Pietro, la Società per gli Studi Patri e le famiglie dei “suoi” operai, ma solo l’imponibile, in particolare delle case e terreni in cui Maino aveva investito i guadagni degli anni più floridi, anziché darsi alla speculazione in borsa.
 
Nelle elezioni dell’aprile 1924 il “Listone” fascista ottenne, grazie ai premi introdotti dalla legge Acerbo, la maggioranza alla Camera; a Gallarate venne eletto Carlo Gnocchi, un ambizioso commercialista. Il 2 giugno, alla vigilia del voto di fiducia da parte del nuovo Parlamento, Gallarate conferì a Mussolini la cittadinanza onoraria. Pochi giorni dopo avvenne l’omicidio dell’on. Giacomo Matteotti, che aveva denunciato alla Camera le intimidazioni poste in atto dai fascisti ai seggi, e il primo ministro dovette porsi per alcuni mesi sulla difensiva. Solo per la prima domenica d’ottobre si sentì abbastanza sicuro da recarsi in visita ufficiale a Legnano e a Gallarate, dove giunse in auto percorrendo la nuova autovia dei Laghi. 
 
In Piazza Risorgimento il Duce visitò il nuovo monumento ai Caduti, dello scultore Enrico Butti; poi, mentre percorreva via Manzoni, venne bloccato da un nutrito gruppo di mutilati, di cui volle visitare la sede. Subito dopo, le cerimonie ufficiali: la pergamena della cittadinanza nel cortile del Broletto, l’inaugurazione della Casa del Soldato, destinata ai reduci, e la posa della prima pietra del nuovo reparto maternità dell’Ospedale. Infine il discorso pubblico in una piazza Garibaldi gremita di camicie nere, dai balilla ai militi della 26^ Legione della Milizia Volontaria, un po’ delusi dal fatto che al loro motto (“Amore armato”) il Capo avesse contrapposto quello della sezione di Asiago (“Muti e fedeli”): dopo la vittoria elettorale la rivoluzione fascista poteva essere archiviata. La F.lli Maino pagò la cena ufficiale, cui partecipò solo Antonio; Alessandro con la sua assenza volle ribadire di considerarsi in primo luogo sindaco di Somma, che non voleva facesse la fine di Crenna. Significativa anche l’assenza delle autorità religiose, eccezion fatta per il cappellano della 26^, che ne benedisse il nuovo labaro.
Gnocchi e la Banca di Gallarate
 
Anche a Gallarate i fascisti puntavano al “risanamento” del centro storico mediante lo sventramento dei “sedimi” più antichi, spesso dati in affitto alle famiglie povere, così da realizzare nuove strade porticate, con negozi ed uffici. Colombo, con le sue idee sul bilancio in pari, non era l’uomo adatto, perché si limitava ad assecondare l’iniziativa dei privati, che si traducevano in interventi isolati, come ad es. la nuova sede della Cassa di Risparmio dell’arch. Ulisse Stacchini in via Cavour. Nel 1926, quando il regime introdusse la figura del podestà, sostituto del sindaco ma senza obblighi di rendiconto al consiglio comunale, la carica venne affidata all’on. Gnocchi, il quale diede subito il via libera alla costruzione della Casa del Balilla e delle Piccole Italiane, affidata all’architetto Paolo Mezzanotte: è l’attuale sede della Biblioteca Civica. 
 
Gnocchi trasferì il mercato da P.zza Libertà a P.zza Garibaldi: scelta gradita al clero, perché dava più dignità alla Prepositurale di S. Maria Assunta, ma un po’ meno ad un altro esponente fascista, Franco Puricelli Guerra, perché in tal modo risultava meno giustificabile l’abbattimento dei vecchi portici e negozi rimasti sul lato nord dell’antica chiesa di S. Pietro e in prossimità dell’Albergo Tre Re. 
In dicembre il Duce annunciò la nascita di 17 nuove province, tra cui quella di Varese, cui fu aggregata Gallarate: era uno schiaffo per la città, che sino ad allora aveva sempre mantenuto funzioni amministrative sul circondario. Il Podestà protestò, ma non a lungo, avendo ottenuto ulteriori incarichi di prestigio nel Partito.
 
Pochi anni più tardi Gnocchi rimase pesantemente coinvolto nel crollo della Banca di Gallarate (BdG). L’istituto, sorto a fine ‘800, aveva accompagnato lo sviluppo industriale del territorio. Nel 1929 Alessandro Maino, pur senza sollecitarla, ottenne la nomina a senatore; quasi contestualmente iniziarono le manovre da parte del Credito Italiano per assicurarsi una significativa partecipazione azionaria nella BdG. Era disposta a pagare per ogni azione da 100 lire nominali ben 137 lire; non appena raggiunto il controllo, varò un aumento del capitale della Banca, da 20 a 25 mln, ponendo un’opzione riservata su metà delle azioni di nuova emissione. Nel frattempo, il 22 ottobre morì il sen. Maino, lasciando una situazione ereditaria molto complicata ed una forte esposizione verso la BdG, cui Antonio, erede principale, fece fronte con ipoteche su terreni quasi certamente sopravvalutati. A ciò si aggiunse la congiuntura economica mondiale sfavorevole. A fine anno la BdG dimezzò il capitale (12,5 mln) e lo reintegrò a 20 mln mediante una nuova emissione di azioni, anche in questo caso per metà riservate al Credito Italiano. Ormai la fiducia dei gallaratesi era intaccata, e iniziò la corsa al ritiro dei depositi. All’assemblea dell’11 aprile 1932 s’alzano le proteste degli azionisti di minoranza, che minacciano di adire alle vie legali, ma non ottengono nulla; pochi giorni dopo il prefetto di Varese Nicola Mattei, in accordo con Gnocchi, convoca gli amministratori ed i sindaci della BdG, ritira loro i passaporti e li obbliga a sottoscrivere in solido una fidejussione di 8 milioni, a garanzia dei depositi ancora rimasti. Poche settimane dopo la BdG viene posta in liquidazione. Gnocchi, tra le polemiche, lasciò la carica di Podestà per assumere quella di liquidatore.
Al suo posto venne insediato Puricelli Guerra, il quale nel 1933 indisse un a concorso per il nuovo piano regolatore, i cui fiori all’occhiello sarebbero stati il cinema Impero (1936), l’apertura del C.so Italia e la nuova Casa Littoria dell’arch. Minoletti sul lato sud di P.zza Garibaldi, costruzione molto discussa che entrò in funzione solamente nel 1942. 
 
L’anno seguente, il 25 luglio, fu in parte devasta dai gallaratesi che festeggiavano la caduta di Mussolini.
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Ultima modifica 05/02/2016