La ricetta verde di LUBIANA

Immaginando di guidare attraverso un territorio vasto quanto quello della Lombardia, dopo aver percorso chilometri e chilometri di strade a pennellare colline e montagne rivestite di boschi, si arriva in un capoluogo, una città di circa 300.000 abitanti. Ecco, questa è la Slovenia e la città è Lubiana.

È un capoluogo piccolo se in effetti lo si considera una capitale, ma l’entità della popolazione è degna di rilievo. Il fatto che poi si sia guadagnata il titolo di Capitale Verde Europea – correva il 2016 – la pone in un’ottica d’esempio per molte realtà. La sua fortuna è la combinazione di una serie di elementi.

Come città mitteleuropea che sorge tra le Alpi e l’Adriatico, la posizione nella conca in cui confluiscono i fiumi Sava e Ljubljanica ne ha fatto una base sicura per gli Asburgo e Vienna, di cui è una piccola copia.

Conserva l’atmosfera cordiale e rilassata dei quartieri più intimi della capitale dell’impero e per questo riesce a sorprendere. Il terremoto del 1895 ebbe sì effetti devastanti sugli edifici, ma la ricostruzione incise sullo stile lasciandoci le architetture elaborate che ancora oggi ammiriamo in un misto tra barocco e Art Nouveau. Sulle rive della Ljubljanica e nelle immediate vicinanze si godono i vantaggi dell’area pedonale che, con i parchi, è alla base dell’anima verde cittadina.

Se fu la storia a motivarne collocazione e stile, il modello virtuoso parte da meno lontano, con un sindaco che suscitò parecchio scalpore per le scelte che inizialmente furono travisate. Di provenienza manageriale, da una delle catene commerciali più importanti del paese, Zoran Jankovic decise di dare una sferzata ecologica con chiusure al traffico e vincoli di riciclo; una volontà che fu inizialmente interpretata come uno sgarbo ai commercianti del centro storico. La chiusura totale - e per totale si intende davvero totale, senza concessioni - del cuore cittadino si accompagnò a importanti opere infrastrutturali, come l’installazione di stazioni di riciclaggio automatiche e il risanamento delle sponde fluviali riaperte al pubblico. Oggi non ci sono cassonetti malsani in giro e gli argini del centro storico sono un susseguirsi di angoli dove appoggiare la bici per fermarsi a leggere, prendere un caffè, ascoltare musica. In realtà tutto era stato palesato in un piano denominato Vision 2025 che, trovando un ottimo tessuto ricettivo nei cittadini, ha perfino anticipato i tempi di realizzazione dei progetti.

Facendo un passo indietro nel tempo, per diventare città verde europea serviva ottemperare parametri precisi: azioni contro il cambiamento climatico, potenziamento dei trasporti locali, intensificazione delle aree urbane verdi, incentivazione dell’uso sostenibile del territorio, agevolazione di biodiversità. E poi via così verso qualità dell’aria, protezione dell’ambiente acustico, produzione razionale e gestione dei rifiuti, gestione delle acque, trattamento delle acque reflue, ecoinnovazione e occupazione sostenibile, rendimento energetico e gestione ambientale integrata.

Con pazienza agreste ma determinazione asburgica, Lubiana ha barrato ogni casella ed eccoci qui a studiare il caso di questa “bomba” innescata a clorofilla dove a molti piacerebbe vivere e che gli amministratori di molte altre capitali potrebbero prendere ad esempio. Per chi frequenta la città è diventata tenere in tasca una smart card che offre libero accesso ai parcheggi costruiti nelle periferie e permette di spostarsi a bordo dei bus ibridi verso il centro. Arrivati ai piedi del castello, micro taxi elettrici curano a loro volta i collegamenti punto a punto.

Le stazioni per la raccolta dei rifiuti differenziati sono state interrate e automatizzate. I punti di noleggio del bike sharing sono frequenti.

La ricostruzione novecentesca è ispirata alle forme severe del Quattrocento. Più recentemente il maniero è stato ingentilito con ristrutturazioni che ne hanno fatto un polo museale di ottima qualità, con una raccolta dedicata alla storia slovena e l’esposizione di marionette, tradizione della città.

Si raggiunge con una funicolare, un trenino elettrico o a piedi attraverso i sentieri nel bosco a ridosso delle mura. E qui veniamo al nocciolo di Lubiana. È verde, verdissima. Il parco di Tivoli è un corridoio di alberi e prati tra la periferia e il centro, ma non è solo un dettaglio geografico. La città è verde già nell’anima dei suoi abitanti.

Se un terzo della superficie urbana oggi è destinata alla vegetazione o comunque vincolata dall’impossibilità di costruire, i residenti hanno ben recepito mettendoci del loro a fianco dell’amministrazione. Così nei parchi sono nate le biblioteche all’aperto dove i volontari arrivano con casse piene di libri e qualche sdraio creando dei punti di aggregazione dove lo sfogliare delle pagine si accompagna ai cinguettii.

Le associazioni culturali si sono fatte avanti con il recupero delle aree dismesse, verdi e non. Ne è un esempio il parco Tabor. Centralissimo ma abbandonato a se stesso fino a qualche tempo fa, oggi è diventato un luogo per conversare e giocare a basket.

In un confinante capannone sventrato, un centinaio di pollici verdi hanno realizzato un orto urbano. Non distante, un bar fatiscente è stato chiamato Knijznica Reci, che tradotto suona come “biblioteca delle cose”: dall’utensile al pezzo di arredo puoi prendere in prestito quello che ti serve per restituirlo quando hai finito di usarlo.

La differenza tra queste azioni e i piani milionari di riqualificazione che spesso toccano le città nel resto dell’Europa sta appunto nei milioni. A Lubiana la ricetta è a base di buona volontà amministrativa e cittadini che ci credono, a dimostrazione che un mondo migliore è possibile senza cascate di denaro. Per questo la visita della capitale slovena è consigliata a chi apprezza la qualità della vita. La cornice austroungarica di cui si diceva è gradevole per le atmosfere e probabilmente è quella che si legge su tutte le guide turistiche, ma Lubiana è soprattutto uno spunto per chi vuol prendere esempi. Se il parametro della popolazione è comunque una variabile applicabile alla situazione italiana – 300.000 abitanti la pongono come riferimento per Firenze o Bologna – molti sindaci potrebbero tranquillamente andarci e trarre ispirazione per offrire ai loro cittadini quello che potremmo definire come una sorta di “effetto Lubiana”.

Venendo alla parte squisitamente turistica, il borgo è ricco di suo e non fatica a farsi apprezzare come occasione di weekend dalla vicina Italia. I draghi verdi del ponte sloveno più famoso sono il simbolo della città, così come è originale il triplo ponte in direzione del parco. Nel mezzo, a ridosso della cattedrale di San Nicola, c’è una piazza dedicata al cibo. Prešernov trg è un caleidoscopio di bancarelle e di profumi, con un gran numero di stand che deliziano i passanti di cibo e birra, mentre intorno musicisti di strada offrono una discreta colonna sonora ai gusti che combinano specialità balcaniche a quelle del resto del mondo.

Se il castello sulla collina che domina la città è difficile da imitare, il collegamento diretto col trenino - gratuito - a propulsione elettrica rientra nella lezione del fattibile. Credendoci gli obiettivi si raggiungono a prescindere dal momento di crisi e non sottovalutando, mai, il potere di aggregazione delle persone e la forza di realizzare progetti che questo potere manifesta.

Un’ultima chicca, solo per gli appassionati. Le ferrovie slovene si sono adeguate agli standard europei, ma tutto il vecchio materiale rotabile non è stato buttato. Lo si trova in un magazzino alla periferia nord. Comunque non distante dal centro, è diventato un museo ferroviario strepitoso, con le locomotive più grosse affiancate alle piccole vaporiere di montagna sui binari disposti a stella in quello che era il deposito storico. Non sorprendiamoci, una città verde non poteva che rendere omaggio al treno, principe del trasporto pubblico.

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Ultima modifica 03/07/2017