I tanti volti di TERNI

I tanti volti di TERNI

In equilibrio tra industria e natura, storia e modernità, innovazione e tradizione: quello di Terni è il profilo di una città dalle tante caratteristiche e identità. Centro urbano a elevato tasso di sviluppo industriale sin dal medioevo (quando era un ricco e combattivo libero Comune con centinaia di mulini ad acqua), Terni ha conosciuto uno straordinario sviluppo nel corso della seconda rivoluzione industriale, con la creazione delle celebri Acciaierie (1884), della Fabbrica d’Armi (1875), di impianti idroelettrici e opifici specializzati nei settori tessile e chimico, tanto da essere soprannominata "La Città d'Acciaio" e la "Manchester italiana”. Fu proprio questa sua rilevanza industriale a renderla bersaglio “privilegiato”, nel corso della seconda guerra mondiale, di pesantissimi bombardamenti da parte degli Alleati: oltre cento incursioni, tra cui quella, devastante, dell'11 agosto 1943 che provocò un numero elevatissimo di vittime (quasi tutte civili) e la distruzione di numerosi edifici della città vecchia; tanto che alla città di Terni fu in seguito attribuita – in riconoscimento delle vittime civili e delle distruzioni subite a causa dei bombardamenti – la Medaglia d'Argento al Valore Civile, oltre alla Croce di Guerra al Valor Militare per la sua attività partigiana.
Tra le memorie della lunghissima storia della città una in particolare la qualifica e la caratterizza, proponendosi al tempo stesso come straordinaria opera umana e meraviglia paesaggistico-naturalistica: la Cascata delle Marmore, a poca distanza dal centro di Terni, lungo la Valnerina. La cascata è formata dal fiume Velino che, in prossimità della frazione di Marmore, defluisce dal lago di Piediluco e si tuffa nella sottostante gola del Nera; uno splendido spettacolo naturale che ha però la sua origine in un ingegnoso intervento idraulico risalente all’epoca romana. Fu infatti il console Curio Dentato che, nel 271 a.C., decise la realizzazione della cascata, con il duplice scopo di raccogliere le acque del Velino che ristagnavano nella Sabina (bonificando così la pianura reatina) e di mettere in comunicazione i due bacini idrografici del Nera e del Velino, facendo diventare i due fiumi l’uno affluente dell’altro.
L’intervento non ebbe comunque, fin da subito, una storia facile: il così detto “Cavo Curiano” se da un lato facilitò le condizioni di vita dei Sabini, dall’altro creò considerevoli disagi agli abitanti della bassa Valnerina e della pianura di Interamna (Terni) in quanto, nei periodi di piena dei due fiumi, il territorio sottostante era soggetto a frequenti allagamenti. Tanto da portare, nel 54 a.C., a una celebre disputa legale tra Marco Tullio Cicerone, difensore dei Sabini (sostenitori dell’ampliamento del canale) e Aulo Pompeo, difensore degli Interamnati (contrari a interventi migliorativi); la storia non ci tramanda l’esito finale della contesa, ma, a conferma del rischio allagamenti, lo storico Caio Cornelio Tacito riferisce di una grandiosa inondazione della Valnerina e di Interamna fino a Roma avvenuta intorno al 15 d.C., sotto l’imperatore Tiberio.
La storia della cascata è proseguita poi, nel tempo, con alti e bassi: nei secoli successivi alla caduta dell’Impero Romano, infatti, i territori pianeggianti in aperta campagna vennero gradualmente abbandonati, sospendendo le indispensabili opere di mauntenzione del Cavo Curiano e provocandone l’innalzamento del fondo, riportando di conseguenza la pianura reatina al precedente stato di palude. Si arriva così al 1418, quando Braccio Fortebraccio da Montone (allora signore di gran parte del territorio della Chiesa tra cui Terni e Narni) decise di realizzare una nuova opera di bonifica, affidando i lavori all’ingegnere Aristotile Fioravanti: venne così aperto, nel 1422, un nuovo canale detto “reatino”.
Un secolo dopo, nel 1547, su commissione di papa Paolo III venne portato a compimento un ulteriore canale, progettato dall’architetto fiorentino Antonio da Sangallo. L’intervento però, a soli quarant'anni dalla sua realizzazione, risultò inefficiente e già nel 1596 papa Clemente III decise di incaricare una commissione di architetti e idraulici per effettuare una ricognizione generale del territorio. Si arriva così all’ultimo e definitivo “canale clementino”, inaugurato nel 1601 dall’architatto Giovanni Fontana e scavato sulla traccia dell’antico Cavo Curiano, caratterizzato da una forte pendenza negli ultimi 400 metri e dalla presenza di un ponte regolatore che doveva controllare le acque del Velino nei periodi di piena. Nel 1787, infine, l’ultimo intervento, che diede alla Cascata delle Marmore l’aspetto attuale: l’architetto Andrea Vici realizzò un taglio diagonale sul secondo salto, deviando parte delle acque e formando una cateratta laterale al fine di aumentare la superficie di caduta dell’acqua e diminuirne la forza d’impatto sul fondovalle del Nera.

Nasce così uno straordinario spettacolo, cantato e celebrato da moltissimi artisti nel corso dei secoli: a partire da Virgilio (nel VII libro dell’Eneide racconta di “una valle d’oscure selve e tra le selve un fiume che per gran sassi rumoreggia e cade”), passando – o almeno così si ritiene – da Dante (“Udir mi parve un mormorar di fiume – che scende chiaro giù di pietra in pietra – mostrando l’uberta del suo cacume”, Paradiso, canto XX), per arrivare a epoche più recenti, fino a diventare – tra i Sette e l’Ottocento – una tappa privilegiata dei celebri “Grand Tour” che nobili e intellettuali compivano attraverso l’Europa per completare la propria formazione. La sua consacrazione definitiva nella cultura europea avvenne grazie ai versi di George Byron, che nel IV canto de "Il pellegrinaggio del giovane Aroldo" ne descrive il fascino conturbante:

“Volgiti ancora e guarda! Ella s’avanza
come un’eternità, per ingoiare
tutto che incontra, di spavento l’occhio
beando, impareggiabil cateratta
orribilmente bella!”.

Da allora, impossibile contare i visitatori – normali turisti e personaggi illustri – che si sono recati ad ammirare e immortalare (a parole, su dipinti o in fotografia) la potenza della cascata, immersa in un grande Parco naturale, che con il suo dislivello complessivo di 165 metri è considerata tra le più alte d’Europa.

Rubrica: 
Autore: 
Ultima modifica 21/03/2018