Sir Safety System

la passione come arma vincente

La crescita di un’azienda che racconta anche lo sviluppo della cultura della sicurezza sul lavoro nel nostro Paese

La costruzione, nella piana di Santa Maria degli Angeli, ai piedi di Assisi, è di quelle che non passano inosservate: un modernissimo complesso industriale dalle grandi dimensioni e dalle avveniristiche vetrate di design, che mostra su un lato del complesso un gigantesco “testimonial”  affiancato dalla sintesi della mission aziendale: “SIR - Protegge chi lavora”.

E i lavori di espansione, racconta il vulcanico Gino Sirci (fondatore e amministratore delegato della Sir Safety System spa, azienda umbra che rappresenta un punto di riferimento nel settore dei sistemi di sicurezza per lavoratori) sono destinati a continuare ulteriormente. “I due corpi  principali della struttura sono uniti da uno ‘sky bridge’: un ponte coperto panoramico dalle pareti in vetro, che ho ideato io stesso dopo un viaggio in Cina, rifacendomi a quanto avevo visto e adattandolo al mio gusto. Tra breve, con la costruzione di un nuovo edificio, realizzeremo anche un secondo sky bridge di collegamento che permetta di circolare con facilità (e piacevolmente) tra le diverse parti della struttura”.

Ma come è iniziata questa storia imprenditoriale di successo? “Dobbiamo tornare indietro fino al 1977- ricorda Sirci - quando il concetto di sicurezza sul lavoro, nel nostro Paese, era ancora un’idea nuova. Io, in realtà, non ho inventato nulla: mi sono semplicemente trovato, al mio  esordio nel mondo del lavoro, a occuparmi di vendite in un’azienda milanese che già operava in questo settore. Due anni dopo, nel 1979, ho deciso di mettermi in proprio, in una prima sede aziendale che era una vera e propria ‘bottega’. Certo, ci voleva molta fiducia e molta convinzione per iniziare un’attività simile in un settore pieno di incognite e di difficoltà: trent’anni fa chi parlava di sicurezza sul lavoro era visto quasi come un marziano!”

Una partenza davvero pionieristica, quindi; ma quando è avvenuta “la svolta” che ha permesso a Sir di decollare verso una crescita esponenziale? “Abbiamo iniziato a svilupparci fin da subito - continua Sirci - tanto che nel 1984 (anno in cui è entrato in azienda anche mio fratello Francesco, che è oggi socio al 20% e si occupa delle vendite per i grandi clienti) abbiamo avuto bisogno di maggiori spazi e abbiamo trasferito la sede dell’azienda nella zona industriale di Assisi, dove ci troviamo tuttora. Ma resta il fatto che ci trovavamo ancora in una situazione molto diversa da quella che conosciamo 19 oggi, una sorta di limbo in cui i sistemi di sicurezza non erano considerati: basti pensare che, all’epoca, erano in pratica solo ENEL e FFSS a utilizzare guanti e scarpe protettive. Una situazione che è cambiata radicalmente nel 1994, quando  il mondo industriale e politico si è reso conto che era indispensabile un’armonizzazione con il resto dell’Unione Europea, riconoscendo la necessità di questi strumenti: si è arrivati così al famoso decreto legge 626, che ha costituito un’autentica svolta e che è stato il primo passo verso il contesto  attuale. Oggi, infatti, la sicurezza rappresenta una funzione importante in ogni azienda, a conferma che ci muoviamo in uno scenario più civile in cui la protezione dai rischi e la dignità sul lavoro sono elementi imprescindibili”.

Incomincia così una nuova fase per Sir, che aveva fino ad allora operato solo attraverso un’attività di tipo commerciale: “Tra il 1996 e il 1996 abbiamo intrapreso le prime produzioni dirette di indumenti da lavoro, così da soddisfare le richieste sempre più varie e complesse che ci  pervenivano dalla clientela e, al tempo stesso, consentendoci di sviluppare creativamente nuovi prodotti sperimentali nel mondo dell’antinfortunistica. Una produzione che in seguito, nel 2002, abbiamo deciso di delocalizzare in Romania. Qui, a Lugoj, abbiamo acquistato una ex ‘fabbrica-lager’ in cui venivano prodotti pneumatici, l’abbiamo ristrutturata integralmente e con il primo gennaio 2003 abbiamo dato inizio alla produzione; oggi questa struttura (Sirtech) è altamente meccanizzata, occupa un centinaio di persone ed è gestita interamente da uno dei  miei due figli. Per quanto riguarda le scarpe, invece, la delocalizzazione è messa in atto acquistando il prodotto presso produttori esteri, principalmente in Cina e in India. Bisogna tenere conto, infatti, che quello da lavoro è un tipo di indumento molto ‘sportivo’ che deve costare poco; del resto, in generale in questo periodo il fattore prezzo è fondamentale: lo è anche nelle scelte personali della maggior parte di noi, basta considerare quanti oggetti nelle nostre case sono a marchi ‘low cost’ come Ikea, H&M, Zara… E lo è tanto più per le aziende, a cui vengono  richiesti investimenti sempre più importanti da questo punto di vista: non solo perché i dispositivi di sicurezza interessano un numero sempre crescente di settori, ma anche per la maggiore dotazione che si rende necessaria, sia per motivi funzionali che per ragioni igieniche. Una  normale attrezzatura individuale, infatti, richiede almeno due paia di scarpe (per la stagione invernale e per quella estiva), due paia di pantaloni, cinque t-shirt, e così via. Al tempo stesso, la qualità dei tessuti e del prodotto finito è molto migliorata con l’andare del tempo; ma proprio  per questo, mantenere un corretto rapporto qualità/prezzo rende indispensabile delocalizzare la produzione in Paesi a costi più bassi. Non a caso questo schema è seguito anche da molte delle grandi griffe della moda. Una tendenza che, a mio avviso, proseguirà anche nel futuro,  almeno per una ventina di anni ancora; solo verso il 2050, probabilmente, inizieremo a veder tornare la produzione nelle nostre zone”.

Il racconto di Gino Sirci è un fiume in piena, che rispecchia l’energia travolgente di questo imprenditore “fuori dagli schemi” e che passa per altri momenti- chiave della vita dell’azienda: l’ottenimento della certificazione di qualità ISO 9002 nel 1998; l’inaugurazione del primo edificio  dell’attuale stabilimento aziendale (“per assicurare ai dipendenti un posto di lavoro bello da vivere e per fare del lavoro quotidiano un’esperienza felice”) nel 1999; l’apertura di una seconda sede commerciale a Cusago, in provincia di Milano, nel 2002. Ma soprattutto, un anno prima, nel 2001, l’inizio di una fase di espansione anche sui mercati esteri. “Per un’azienda come la nostra, intenzionata a crescere, l’Italia stava diventando troppo stretta: abbiamo quindi fatto il nostro ingresso sul mercato globale, concentrandoci sia sull’Europa, sia sul resto del mondo: Nord Africa, Estremo Oriente, ma soprattutto Paesi caucasici come l’Azerbaigian, il Kazakistan, l’Armenia: zone con un’intensa attività di estrazione petrolifera, che richiede indumenti e dotazioni antinfortunistiche ad altissimo livello di specializzazione. È un mercato stimolante, che ci  sta dando grandi soddisfazioni: è più facile espandersi, in un mondo più largo. Tanto è vero che, su una crescita annua totale del fatturato intorno al 7%, tra il 22 e il 25% è costituito dallo sviluppo dell’export. Ultimamente abbiamo anche aperto una nostra azienda in Cina, seguendo il business model di Nike: una struttura di tipo commerciale rivolta unicamente al mercato interno cinese, che ha già registrato un fatturato di circa 2 milioni di euro e da cui ci aspettiamo un’ulteriore crescita”.

Parlando di dimensioni, pochi numeri bastano per dare un’idea delle attuali dimensioni dell’azienda, che attualmente vende in oltre 30 Paesi del mondo, con una capacità produttiva annua di oltre 5.500.000 paia di guanti, 400.000 paia di calzature, 5.000.000 di indumenti complessivi, oltre 1.000.000 di Dispositivi di Protezione Individuale e un fatturato 2018 previsto intorno ai 55 milioni di euro. Una realtà imponente di cui Gino Sirci è senza dubbio l’anima e il leader carismatico, ma che vede nel suo management anche la seconda generazione della famiglia: i suoi due figli (responsabili rispettivamente della fabbrica in Romania e delle vendite per il Centro Italia) e il nipote (impegnato sulle vendite nel settore costruzioni e grandi opere).

E proprio guardando al futuro, i nuovi progetti non mancano: “Oltre all’ulteriore ampliamento della sede, con la costruzione del nuovo sky bridge - spiega Sirci - siamo probabilmente orientati verso una quotazione in Borsa: una scelta che ci fornirà un assetto migliore e contribuirà a  una gestione più virtuosa, tanto a livello operativo quanto a livello di ordine mentale. Infine, puntiamo a sviluppare una rete di vendita sempre più capillare in ambito mondiale. L’obiettivo, da qui a dieci anni, è quello di realizzare con l’estero il 50% del nostro fatturato: le potenzialità sono alte poiché, rispetto all’Italia, molti Paesi sono più propensi alla crescita, meno affollati di concorrenti, più orientati a un concetto di protezione basato maggiormente sulla qualità e meno sul prezzo”.

Rubrica: 
Autore: 
Ultima modifica 14/02/2019