Alla scoperta del selvaggio WEST

Gli Stati Uniti Occidentali offrono una infinita quantità di attrattive: tra queste, i Parchi Nazionali tra Utah e Arizona sono una meta imperdibile

Leggendario West: i panorami selvaggi dell’Ovest degli Stati Uniti non sono soltanto un luogo comune cinematografico, ma rappresentano, invece, una delle più straordinarie destinazioni turistiche di tutto il mondo. Uno di quei viaggi da fare “almeno una volta nella vita”; e una volta, probabilmente, non è sufficiente, data l’inesauribile quantità e varietà di spettacoli naturali che si offrono al visitatore.

Gli Stati Uniti sono - tra le altre cose - il Paese del grande mito “on the road”, in cui spostarsi fa parte integrante dell’esperienza e della vita della maggior parte delle persone: per questo motivo, viaggiare in questi luoghi anche in modo totalmente autonomo è estremamente facile e confortevole. Per un itinerario-tipo, ad esempio, è sufficiente prendere un volo per os Angeles (o magari per Las Vegas, approfittando per una visita a questa inverosimile città dagli immensi hotel-casino che riproducono piramidi egizie, antichi fori romani e addirittura una Venezia quasi a  grandezza naturale, con tanto di canali e di gondole), noleggiare un’auto e incamminarsi alla volta delle montagne, facendo rotta verso i grandi Parchi Nazionali che si trovano a cavallo tra Utah e Arizona. Le distanze non sono proibitive, le strade sono ampie e tranquille: una dozzina di giorni sono quindi sufficienti a visitare molte delle grandi attrazioni della zona… ma anche a farsi venire la voglia di ritornare, per scoprire il resto.

È in questa area che si trovano alcuni dei monumenti naturali più noti e visitati d’America, come lo Zion National Park, dalle grandi vallate scavate da ruscelli in cui non è inusuale incontrare maestosi cervi che scendono ad abbeverarsi, o come lo straordinario Bryce Canyon National Park, dove le montagne ricoperte di pinnacoli di roccia scavata nel corso dei millenni offrono panorami assolutamente indimenticabili. Il tutto con un livello di organizzazione che testimonia la lunghissima esperienza di questi luoghi in fatto di accoglienza turistica: ogni Parco Nazionale dispone di una grande area visitatori con mappe, spiegazioni e informazioni (oltre a una quantità di gadget e souvenir a cui è difficile resistere) e offre una quantità di itinerari ben segnalati, adatti ai più diversi tipi di visitatori: dai sedentari che si limitano a spostarsi in auto e a scendere solo per scattare qualche foto nei punti panoramici, a chi desidera “assaggiare” la natura con qualche semplice passeggiata su un sentiero facilmente percorribile, fino agli escursionisti più esperti, in grado di inoltrarsi nelle zone più impervie e meno frequentate del parco. In ogni caso lo spettacolo non manca, così come non mancano, nei dintorni, le possibilità di alloggio di qualunque tipologia: dallo spartano campeggio fino all’hotel di lusso, passando per i caratteristici e pratici motel tanto spesso immortalati in film e telefilm; un’offerta che - se si escludono i periodi di punta, tra luglio e agosto - fa sì che non sia neppure indispensabile prenotare in anticipo la sistemazione.

Ma accanto alle destinazioni più note, il grande pregio di questa zona consiste nella enorme quantità di attrazioni “minori”: un termine che va senza dubbio posto tra virgolette perché, in questo caso, significa semplicemente che sono meno celebri per il grande pubblico, ma non certo meno spettacolari e meno varie. Tra questi veri e propri gioielli c’è sicuramente il Canyon de Chelly National Monument: un’area - costituita da un canyon principale e da una serie di canyon minori - che è tuttora proprietà privata degli indiani Navajo e che ospita i resti di antichi villaggi rupestri, in un panorama di grandissima suggestione.

Sempre di proprietà Navajo, e visitabile solo al seguito di una guida locale, è l’incredibile Antelope Canyon, profonda incisione nella roccia di arenaria (in certi punti tanto stretta da consentire l’accesso solo a una persona alla volta, di traverso) caratterizzata da strisce multicolori nei toni dell’ocra, del rosso, dell’arancione, del giallo; uno spettacolo ancora più incredibile in determinate ore del giorno, quando il sole filtra dall’alto creando effetti e giochi di luce quasi surreali.

A pochi chilometri da lì, un’altro luogo-simbolo è l’Horseshoe Bend: una gigantesca formazione rocciosa che prende il nome dalla sua peculiare forma a ferro di cavallo, profonda circa 300 metri, scavata dal corso del fiume Colorado. La vista che si gode è assolutamente mozzafiato; di recente, nell’area, sono stati intrapresi imponenti lavori per dotare il bordo dello strapiombo di una barriera di sicurezza: un provvedimento che toglie probabilmente parte del fascino selvaggio del luogo, ma che si è reso indispensabile a seguito dei numerosi incidenti a turisti poco prudenti (e che, comunque, rende il panorama più facilmente accessibile anche a chi soffre di vertigini).

Altra località meno conosciuta, soprattutto perché un po’ più defilata rispetto ai percorsi consueti è l’Arches National Park, che vale sicuramente le poche (e peraltro panoramicissime) ore di viaggio in più necessarie: in quest’area desertica a farla da padrone - come suggerisce il nome - sono le moltissime formazioni di archi naturali di arenaria: oltre 2000, alcuni dei quali di dimensioni e forme davvero incredibili.

Un viaggio di questo tipo, però, non può definirsi completo senza i due grandi luoghi simbolo del selvaggio West, vere e proprie icone del nostro immaginario di viaggiatori: la Monument Valley e il Grand Canyon. Luoghi che, va detto subito, nonostante la loro notorietà e l’infinità di volte in cui sono stati rappresentati e visti, non deludono affatto, anzi: la vastità, i colori, le suggestioni di questi posti lasciano invariabilmente sbalorditi anche i viaggiatori più scettici e disincantati.

Nel caso della Monument Valley - che è un “Tribal Park” all’interno della riserva Navajo, ai confini tra lo Utah e l’Arizona - la sensazione di trovarsi catapultati all’interno di un classico western di John Ford è quasi straniante: le caratteristiche formazioni rocciose che emergono dall’immenso pianoro di terra rossiccia sono straordinariamente evocative, ma diventano ancora più affascinanti all’alba o al tramonto, quando i raggi radenti del sole creano incredibili effetti con le ombre. Una strada sterrata consente di visitare, a bassissima velocità, l’intero parco; ma già solo il grande rettilineo di avvicinamento (quasi sempre, incredibilimente, semideserto) regala emozioni davvero intense.

Altrettanto intense, anche se in uno scenario molto diverso, le emozioni che scatena il Grand Canyon: un monumento naturale dalle dimensioni uniche in tutta la terra. Il Grand Canyon National Park, infatti, comprende alcuni dei punti più spettacolari dell’immensa spaccatura nella crosta terrestre, ma per quanto enorme (quasi 5.000 km quadrati) si estende “solo” per poco più di metà della superficie complessiva del canyon, che è pari a 6.700 km quadrati: un po’ più dell’intero stato del Delaware; l’area attrezzata e visitabile del parco è lunga una cinquantina di chilometri, su una lunghezza complessiva di quasi 450 chilometri.

Pochi altri numeri possono aiutare a farsi un’idea della scala dimensionale di questa meraviglia: la profondità arriva fino a 1.857 metri, e la distanza tra le due sponde varia dai 500 metri ai 29 chilometri, con una larghezza media di 16 km. Questo fa sì che sia molto difficile, nel corso di un unico viaggio, visitare entrambe le coste (chiamate in inglese “rim”) del canyon, dal momento che spostarsi dall’una all’altra richiede varie centinaia di chilometri di viaggio. In genere si preferisce il “South Rim”, il bordo meridionale, molto più attrezzato e dotato di numerosi punti di osservazione, anche se inevitabilmente più affollato rispetto al selvaggio “North Rim”. In un caso o nell’altro, una cosa è certa: il ricordo di un tramonto davanti a questo scenario è destinato a rimanere indelebile negli anni.

Rubrica: 
Autore: 
Ultima modifica 14/02/2019