Civitanova Marche e l’infeudazione Cesarini

Civitanova Marche

Negli ultimi anni il collegamento con Foligno tramite il valico di Colfiorito (SS 77) ha avuto un effetto di stimolo sul comparto turistico e manifatturiero di Civitanova, nonostante il perdurare del ristagno economico dell’entroterra appenninico maceratese. Le prime industrie insediatesi alla fine del XIX secolo sul territorio di Civitanova, che comprende undici quartieri e due nuclei storici, Città Alta e Porto, distanti alcuni km, erano strettamente collegate alla linea ferroviaria Adriatica, cui competeva anche la gestione del tronco secondario verso Tolentino e Fabriano, a binario unico, la cui elettrificazione è stata finanziata solo dal 2016.

Il polo calzaturiero e della pelletteria, e in generale tutte le attività industriali e artigianali sorte a partire dal secondo dopoguerra, in particolare nella frazione Santa Maria Apparente, producono merci destinate a una distribuzione capillare, che viaggiano su gomma più che su rotaia. Da qui un problema comune a molti centri del nostro Paese: la riqualificazione delle aree dismesse, al fine di evitare lo “spreco” di suolo vocato all’agricoltura e, al contempo, la tutela dei corsi d’acqua dal dissesto idrogeologico favorito anche dai cambiamenti climatici in atto. Nel caso specifico il riferimento è al fiume Chienti e ai vari “fossi” a lui affluenti negli ultimi 10 km prima della foce; questi scorrono nel territorio di Montecosaro, il cui Borgo esercita gran fascino sui turisti che d’estate frequentano le spiagge di Civitanova.

Giuliano Cesarini a Roma e a Civitanova
Papa Clemente VII de Medici aveva ricevuto un duro colpo dal Sacco di Roma del 1527, ma aveva poi saputo trovare un accordo con Carlo V d’Asburgo, alle prese con le turbolenze originate dalla Riforma luterana. Nell’ottica della riconciliazione si inserisce la decisione del papa, nel maggio 1530, di concedere a una famiglia romana di tradizione ghibellina, i Cesarini, il titolo di “Gonfalonieri perpetui del popolo romano”. Gian Giorgio, sposo di Marzia Sforza di Santa Fiora, era grato al padre, Gabriele: grazie al matrimonio con Giulia Colonna aveva legato i Cesarini a una delle principali consorterie dell’Urbe.

Nel 1531 il figlio di Gian Giorgio, Giuliano, sposò Giulia Colonna e assunse da quel momento il ruolo di Gonfaloniere; Giulia, orfana già da otto anni, portò in dote non ricchezze ma prestigio: era figlia di Prospero Colonna, uno dei più famosi capitani al servizio della Spagna. Tra le numerose cerimonie nelle quali il Gonfaloniere svolse un ruolo da protagonista ricordiamo il corteo che nel maggio 1533 condusse l’undicenne Margherita d’Austria, figlia naturale di Carlo V, dal Monte Mario al soglio pontificio; la dama, nativa delle Fiandre, era in viaggio per la corte di Napoli, dove sarebbe stata educata in attesa di convolare a nozze con Alessandro de Medici, che Carlo V e il papa avevano nominato duca di Firenze. I contatti con l’entourage della figlia dell’imperatore gli sarebbero tornati utili nella primavera seguente: poiché il potente vice-Camerlengo e Governatore di Roma Gregorio Magalotti aveva mandato dei militi a palazzo Cesarini e sequestrato le armi che Giuliano (come altri nobili) si era rifiutato di consegnare alle autorità, il nostro nel marzo 1534 assalì il monsignore in una via stretta, dove gli alabardieri di scorta erano inefficaci, e lo ferì gravemente. Subito inseguito si rifugiò in un convento e poi a Napoli. Margherita e poi suo padre nei mesi seguenti riuscirono a placare la rabbia di Clemente VII e a fare in modo di restituire la carica e i terreni sequestrati al Cesarini. Il 25 settembre il papa morì avvelenato; il successore, Paolo III Farnese, pur non rinunciando a un funzionario di grande esperienza come Magalotti lo inviò nelle province, onde evitargli di dover incontrare nelle cerimonie pubbliche il Gonfaloniere. Questi nel 1536 guidò il corteo nuziale di Margherita durante la tappa romana, sfoggiando vesti e gioielli di enorme valore. Il successo del Cesarini era assicurato sia dalla benevolenza della nuova duchessa di Firenze, sia dall’alta considerazione di cui godeva presso i parenti dal lato materno, divenuti in breve molto influenti nei dicasteri della Santa Sede. Nel dicembre 1534 Paolo III nominò cardinali due nipoti giovanissimi: Guido Ascanio Sforza, primogenito della propria figlia Costanza (16 anni), e Alessandro Farnese, secondogenito del figlio Pier Luigi, di soli 14 anni, il quale nel 1536 divenne Vice Cancelliere della Chiesa.

Nel 1537, anno che si era aperto con l’assassinio del duca di Firenze, la cui vedova venne poi fatta risposare a Ottavio Farnese, primogenito di Pier Luigi, Guido Ascanio Sforza divenne Camerlengo, cioè capo dell’amministrazione finanziaria della Camera Apostolica.

Nel 1542 divenne anche Legato per la Marca d’Ancona: un ruolo molto delicato, perché in ambito locale in molti non avevano ancora “digerito”, dopo dieci anni, il modo in cui Clemente VII aveva incorporato la città nello Stato della Chiesa. L’anno seguente il letterato e cortigiano Annibal Caro, nativo di Civitanova, divenne segretario di Pier Luigi Farnese, duca di Parma e Piacenza e dopo che questi fu assassinato del figlio, il cardinale Alessandro.

Nel 1549 il Governatore, già padre di Lucrezia, ebbe finalmente un erede maschio, Giovan Giorgio.Nel novembre di quell’anno alla morte di Paolo III fece seguito un lungo conclave: i cardinali dell’entourage Farnese volevano da quelli spagnoli garanzie per i feudi in Emilia e nel Lazio; finalmente nel febbraio 1550 venne eletto, grazie ai loro voti, Giulio III del Monte. Il Gonfaloniere Cesarini fu nominato governatore di Orvieto: promosso ma allontanato dall’Urbe. Ottavio Farnese fu confermato Duca di Parma, tuttavia a Piacenza rimase un contingente di truppe imperiali. Fallito l’intervento della consorte Margherita presso Carlo V, Ottavio l’anno seguente ottenne l’appoggio militare del re di Francia; il papa per tutta risposta fece assediare dall’esercito pontificio la piazzaforte di Mirandola.

Per pagare le truppe c’era bisogno di soldi freschi: forse ne furono mallevadori gli ebrei, tuttavia il Camerlengo dichiarò che a versarli era stato Cesarini, il quale era disposto ad accettare, in contraccambio, la signoria su Civitanova. In effetti nel 1550 egli aveva versato ai Colonna 4 mila scudi per il feudo di Nemi, nei Castelli Romani, quindi appare “strana” la scelta di puntare contemporaneamente sull’Adriatico. Invece i Farnese conoscevano (tramite Annibal Caro) la difficile situazione in cui versava Civitanova, soggetta a scorrerie dei pirati saraceni e reduce da una pestilenza; tuttavia era importante tener d’occhio Fermo, la città più insofferente al governo pontificio nelle Marche. Cesarini l’anno seguente ottenne la signoria anche su Montecosaro, cioè un borgo già fortificato, a presidio dei traffici lungo il Chienti. Giulio III era tornato amico dei Farnese, tuttavia uscì presto di scena, nel 1555; il pontificato del successore, Marcello II, fu brevissimo. Dopo di lui venne il napoletano filo-francese Paolo IV Carafa, gran capo del Sant’Uffizio e avversario dei Farnese: il Camerlengo fu posto agli arresti, con l’accusa di aver cospirato in favore degli spagnoli. Giuliano Cesarini preferì rimanere lontano da Roma, e diede avvio alla ristrutturazione delle residenze nei nuovi feudi. Per sua fortuna il già anziano Carafa morì nel 1559, cosicché il Gonfalone poté riprendere il suo ruolo nell’Urbe. Era anziano, ma nel 1564, subito dopo la scomparsa del Camerlengo, trovò le energie e i fondi per acquistare altri feudi ex Colonneschi nei Castelli: Lanuvio, Ardea e Genzano. In seguito Giovan Giorgio gli subentrò come Gonfaloniere e alla sua morte (giugno 1566) come II° marchese di Civitanova.


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Ultima modifica 03/07/2019