AURORA

Aurora

Un sogno lungo un secolo

Dalla suoneria del cellulare partono le note dell’inno nazionale: a rispondere è Cesare Verona, presidente e amministratore delegato di Aurora, la celebre fabbrica di penne stilografiche e strumenti di scrittura; lo stesso inno di Mameli che si ascolta come musica di attesa del centralino della sede aziendale, a Torino, e che accompagna degnamente la bandiera tricolore esposta all’ingresso e sulle eleganti divise di tutti gli addetti alla produzione. L’orgoglio per la propria italianità, per la capacità di essere interpreti di un “Made in Italy” di assoluta eccellenza, emerge da subito tra le numerose caratteristiche che fanno di questa azienda una realtà tanto peculiare quanto ricca di fascino: Aurora è infatti oggi il solo marchio autenticamente italiano nel suo settore, con un unico stabilimento in cui vengono interamente realizzate tutte le fasi del processo produttivo.

Una realtà che ruota attorno alla figura di Cesare Verona, esponente della quarta generazione di una famiglia legata saldamente alla scrittura ma, soprattutto, imprenditore che con la sola presenza trasmette dinamismo, energia, determinazione e passione. Mentre risponde alle nostre domande, bevendo un caffè nell’elegante locale annesso allo stabilimento e aperto al pubblico, snocciola dati, rievoca memorie, racconta aneddoti, illustra strategie. E al tempo stesso, senza perdere il filo del discorso riesce comunque a rispondere alle domande dei collaboratori, a monitorare con occhio critico i lavori di allestimento per un evento privato nel grande e scenografico cortile, a gestire telefonate, a segnalare piccole increspature di un ambiente lavorativo pressoché impeccabile: come una lampadina che non funziona, o un monitor da resettare. Un’autentica forza della natura dai molteplici interessi e ambiti di azione. “La nostra è un’azienda che accoglie - spiega - e che è da un secolo ‘nel cuore e nelle mani degli italiani’ raccontando una storia di eccellenza. Aurora è cambiata molto negli ultimi 5/7 anni; in questo periodo abbiamo lavorato per costruire una squadra, dei rapporti, dei ruoli: qui è necessario saper fare tanto con la testa quanto con le mani, e le artigiane (la presenza femminile è circa dell’80%) e gli artigiani che lavorano per noi sono sia giovani che persone con esperienza, tutti accomunati dal piacere e dall’orgoglio per il proprio lavoro. In questi ultimi tempi abbiamo investito molto sulla fabbrica, digitalizzando i processi, ma al tempo stesso anche sulle persone, unendo la tecnologia e il fattore umano. Proveniamo da una cultura olivettiana, che punta a mettere le persone in grado di lavorare in modo eccellente: come Brunello Cucinelli, anche noi cerchiamo di realizzare nella nostra attività un ‘nuovo umanesimo’”.

È una storia, quella di Aurora, che parte da lontano e che ha visto il succedersi di vicende di ogni tipo. L’azienda nasce infatti esattamente un secolo fa, nel 1919; anche se la passione per la scrittura della famiglia Verona risale ancora più addietro, quando a fine ‘800 Cesare Verona Sr. - bisnonno dell’attuale proprietario - importò nel nostro Paese le prime macchine per scrivere, a marchio Remington. Gli affari di Aurora si svilupparono rapidamente fino a quando, nel 1943, la storica sede nel centro di Torino venne distrutta a causa dei bombardamenti.

Un momento difficile; ma già solo un anno dopo, nel 1944, Aurora si trasferì nella sua nuova sede alle porte di Torino: l’attuale struttura ricavata all’interno di un’ex filanda settecentesca, a sua volta parte del complesso dell’Abbadia di Stura, risalente al 1146 e un tempo meta di pellegrini in cammino sulla Via Francigena.

Sono anni di crescita, di successi e di innovazioni, grazie a collaborazioni di eccellenza assoluta con grandi nomi del design italiano e scienziati di fama mondiale: nel 1947 Marcello Nizzoli crea il modello Aurora 88, un classico della scrittura che ha venduto oltre 8 milioni di pezzi ed è tutt’ora in produzione; nel 1954 nasce la Duo Cart, su disegno di Albe Steiner, la cui speciale doppia cartuccia di inchiostro viene ideata dal premio Nobel per la chimica Giulio Natta; lo stesso Albe Steiner poco tempo dopo realizza anche il modello 98, che riceve una menzione d’onore al Compasso d’Oro ed è esposta al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano. Si arriva così a un prodotto che segna un’innovazione anche nel marketing, e che è impresso nella memoria di tutti i “baby boomers” nati tra gli anni ’50 e ’60: la mitica Auretta, stilografica destinata al mondo della scuola, vera e propria icona per gli scolari dell’epoca. Nei periodi successivi il legame con il mondo del design prosegue e si rafforza: gli anni ’70 sono quelli di Hastil e Thesi, progettate con il designer Marco Zanuso e considerate tra le più importanti testimonianze della creatività e del design italiano nel mondo, tanto da essere state le prime penne a essere esposte al MOMA (Museo di Arte Moderna) di New York nel padiglione dedicato al Design Italiano.

Negli anni ’80 è la volta di Giorgetto Giugiaro, che nel 1986 disegna la Kona, ispirata alle colonne doriche, arrivando così alle più recenti collaborazioni con Giampiero Bodino che, tra il 1993 e il 2002, firma i modelli Ipsilon, Talentum e Leonardo Da Vinci.

Ma non è tutto rose e fiori: con il nuovo millennio le abitudini di scrittura si modificano, la crisi colpisce pesantemente e l’azienda si trova a far fronte a una situazione pesante. È qui che entra in gioco l’energia, la determinazione e la visione imprenditoriale di Cesare Verona: “C’era assolutamente bisogno di una ripartenza - racconta - e così sette anni fa, quando sono subentrato a mio padre nella conduzione dell’azienda, ho deciso di puntare a un rilancio; ho rilevato tutte le quote dal resto della mia famiglia, diventando socio unico, e sono intervenuto con una profonda, difficile ma necessaria ristrutturazione, che ci ha portato inizialmente a ridurre drasticamente il numero di addetti”.

La cura d’urto, però, ha funzionato egregiamente: “Negli ultimi 5 anni - continua Verona - Aurora ha raddoppiato il proprio fatturato, con crescite ‘a doppia cifra’ negli ultimi tre anni, riportando nel frattempo il numero di dipendenti intorno a quota 60. Il tutto con uno spostamento sempre più marcato verso l’internazionalizzazione: grazie allo straordinario lavoro di Edolinda Di Fonzo, nostro direttore commerciale, siamo partiti da una quota di export pari al 3% del fatturato e siamo arrivati oggi a esportare oltre il 70% in più di 50 Paesi del mondo, in particolare Stati Uniti, Europa, Medio ed Estremo Oriente. Il nostro obiettivo? Raggiungere l’88% di vendite all’estero: un po’ come il nome della penna che è tuttora il nostro maggiore successo, ma soprattutto perché questa cifra corrisponde alla presenza percentuale di export italiano nel mercato globale del lusso”.

Il rinnovamento dell’azienda si è infatti basato anche su un profondo riposizionamento del prodotto, puntando alla fascia media e alta del mercato: “Quello dei Paesi Arabi è un mercato a parte, per il quale produciamo penne con pietre preziose che arrivano a costare anche 300.000 euro; e tra i nostri clienti annoveriamo vari ‘high net worth individuals’, personaggi - come ad esempio, di recente, il Re del Ghana - che cercano un prodotto assolutamente personalizzato”. Gli obiettivi per i prossimi anni restano comunque ambiziosi: “Il futuro sarà più complesso. Per questo puntiamo a ri-raddoppiare il fatturato nei prossimi 5/6 anni, vogliamo aumentare la nostra presenza con boutique monomarca, proseguire l’espansione sui mercati esteri e incrementare le collaborazioni con altri brand del lusso”. Il tutto, magari, contando sull’apporto delle nuove generazioni della famiglia Verona? “Le mie due figlie sono ancora molto giovani - è la risposta - ma ovviamente mi farebbe piacere se volessero entrare in azienda; anche perché si suole dire che se un’azienda famigliare riesce ad arrivare alla quinta generazione, a quel punto diventa eterna, perché in periodo così lungo ha mostrato di saper superare tutte le possibili difficoltà. Per ora, comunque, è ancora presto: la maggiore ha 18 anni, è il momento di studiare, di viaggiare, di aprire la mente, di accumulare esperienze. Poi si vedrà”.

La convivenza armoniosa tra lavorazione artigiana e strumenti tecnologici è evidente quando si attraversano i vari settori produttivi della fabbrica (che, in determinati giorni della settimana, è aperta anche al pubblico con visite guidate): nei 200 e più passaggi di lavorazione la componente manuale è sempre presente, nelle vesti di un operatore attento, concentrato e dalla finissima manualità. Un aspetto che ha il suo apice nella lavorazione del pennino, vero cuore della stilografica: Aurora è l’unica azienda in Italia e tra le poche al mondo che realizza al proprio interno anche questo fondamentale componente, che richiede oltre 18 fasi ad altissimo tasso di specializzazione. Si scoprono così dettagli curiosi: il pennino in oro a 14 carati è il più funzionale ed è il favorito dai calligrafi, mentre i 18 carati sono giustificati solo dalla ricerca di un maggiore lusso (a questo proposito ogni pennino Aurora si fregia del punzone 5 TO, uno dei primissimi rilasciati a Torino e il più antico d’Italia in attività continuativa); per ogni persona esiste un pennino ideale, in funzione dell’inclinazione e dello spessore del tratto; sono oltre 20 i pennini diversi prodotti da Aurora, tra cui alcuni modelli per mancini, altri finissimi destinati al mercato orientale, altri ancora che riprendono la flessibilità dei pennelli calligrafici tipici della cultura asiatica.

Quello di cultura, del resto, è un concetto inevitabilmente legato a doppio filo a un’azienda che produce strumenti per lo scrivere. Ed è probabilmente questo l’elemento che ha portato, nel 2016, a un nuovo progetto del vulcanico Cesare Verona: la creazione di Officina della Scrittura, il primo museo al mondo interamente dedicato al Segno e alla Scrittura. Perché Verona, oltre che imprenditore innovativo, è anche un appassionato di storia del segno e uno tra i più noti collezionisti italiani di strumenti per la scrittura: Officina della Scrittura, quindi, non è affatto un museo aziendale, ma vive una intensa vita autonoma, all’interno degli oltre 2500 metri quadri frutto di un importante progetto di recupero e adattamento architettonico. Un luogo in cui viene raccontato, promosso e valorizzato tutto ciò che, in ogni ambito, è legato alla cultura della scrittura e più in generale al segno dell’uomo. Qui è possibile seguire un racconto che si dipana delle origini del segno alla prima macchina per scrivere Remington; dal viaggio all’interno della scrittura alla sezione dedicata alla storia delle penne stilografiche, con una selezione delle 13 penne iconiche del XX secolo, come la Waterman’s 22 del 1896 e la Hastil Aurora del 1970.

Con la presenza, inoltre, di importanti mostre temporanee come quelle attualmente in programma. La prima, “Un tasto italiano”, è dedicata alla storia delle macchine per scrivere Remington. La seconda, dal titolo “Aurora Eterna”, è invece dedicata al centenario della società: “È la prima volta che ci guardiamo allo specchio così da vicino - spiega Verona - ma il centenario era un’occasione troppo importante, e quello che ne è nato è un percorso bello, ricco, che non parla solo di noi, ma di un pezzo importante di storia del nostro Paese”.

Bilancio positivo, dunque, per i primi 100 anni di Aurora: “Un anno bellissimo - conferma Verona - ma anche, va detto, una fase in cui ci siamo presi un attimo di respiro dopo un quinquennio frenetico; ci siamo voluti premiare con una bellissima festa; abbiamo celebrato con la realizzazione della linea ‘Cento % Italia’ (10 penne iconiche della storia di Aurora, simbolo delle 10 decadi, rivisitate e realizzate ciascuna in soli 100 pezzi numerati sia per l’Italia che per l’estero, lanciate sul mercato a cadenza mensile); abbiamo inaugurato la nostra prima boutique monomarca in Italia, a Roma, al prestigioso indirizzo di via del Babuino 12. Insomma, siamo soddisfatti e possiamo guardare al futuro con ottimismo e un pizzico di sana pazzia; anche perché possiamo dire di aver visto già il peggio quanto a difficoltà: dalla crisi conseguente al crack Lehman Brothers al radicale mutamento dei mercati e dei canali distributivi. Siamo riusciti a emergere da tutto questo, e ce n’è a sufficienza per guardare al futuro con ragionato e ragionevole ottimismo”.

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Ultima modifica 04/11/2019