Le frontiere della ricerca sul sistema nervoso

Sistema Nervoso

La Fondazione scaligera, presieduta da Giuseppe Manni, sostiene gli studi sulle neuroscienze, coinvolgendo privati e istituzioni. A Verona un polo di eccellenza riconosciuto a livello internazionale

“Lei si chiederà: ma cosa c’entra un metalmeccanico come me con le neuroscienze? È una domanda che mi sono fatto anch’io, poco più di una decina di anni fa, quando il Professor Massimo Gerosa mi chiese di aiutarlo”.
Sono le parole di Giuseppe Manni, imprenditore di successo, anima di Manni Group SpA, azienda siderurgica leader nella lavorazione e nell’utilizzo dell’acciaio nelle sue più ampie declinazioni, con oltre 1.100 dipendenti. Manni è anche Presidente di Brain Research Foundation Verona Onlus, la Fondazione di Ricerca per le Malattie del Cervello, una realtà impegnata nella raccolta dei fondi necessari alla ricerca biomedica sul sistema nervoso condotta presso le strutture d’emergenza scaligere, in particolare l’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona.
A lui, già conosciuto e apprezzato per l’impegno dimostrato nei confronti delle realtà sociali, artistiche e culturali del panorama veronese, nazionale e internazionale, è capitata una di quelle folgorazioni sulla via di Damasco che segnano la vita, rendendola ancora più stimolante. A colpirlo è un luminare della medicina, il Professor Gerosa, oggi Presidente d’onore della Fondazione: “Un giorno mi incontra e mi prende sotto braccio – racconta Manni –. Mi sussurra: ‘Dottore, ho bisogno di lei. Servono fondi, tanto denaro per aiutare la ricerca e per sviluppare il mio reparto. Ci sono tante malattie che colpiscono il cervello e, più in generale, il sistema nervoso. È un problema di tutte le età, non solo per gli anziani. Possiamo vincere solo con la ricerca’. Il sussurro era intanto diventato l’appello accorato e sincero di un professionista deciso a migliorare la qualità della vita di tante persone. Mi ci è voluto un attimo per mettermi a sua disposizione”.
Non ci sono limiti, solo nuovi traguardi: questo deve aver pensato Giuseppe Manni, che non ha perso un minuto di tempo e si è immerso in un’impresa che non si presentava affatto semplice. Si trattava di ripensare la modalità stessa di reperimento dei fondi, facendo i conti con sempre minori investimenti in ricerca e sviluppo da parte dell’amministrazione pubblica: “La scelta è stata quella di dare vita a una Fondazione – continua Manni -. Prima della nascita della sua creazione il Professor Gerosa otteneva più facilmente dalla comunità finanziaria gli aiuti necessari per mantenere il reparto nella massima efficienza, dotandolo delle tecnologie più innovative. La crisi finanziaria dopo il 2008 ha cambiato il panorama. L’ultimo grande investimento si incrociava con le difficoltà a garantire la copertura finanziaria, nonostante il grande valore dell’operazione. Si trattava di un impianto di risonanza magnetica HIFU, capace di curare patologie diverse senza radiazioni, grazie agli ultrasuoni.
Questa esperienza ha dimostrato la necessità di abbandonare questa strada e occuparsi di ricerca delle varie patologie neurologiche e di finanziare borse di studio allo scopo di trattenere gli specializzati più bravi al richiamo delle proposte straniere. Abbiamo proseguito sostenendo alcuni studi scientifici, attraverso borse di studio concesse a giovani ricercatori impegnati nell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona. Questa realtà ha rappresentato e rappresenta un polo di eccellenza nelle neuroscienze, con competenze medico-scientifiche e piattaforme tecnologiche di livello internazionale. Nella Fondazione sono stati da subito coinvolti filantropi, ma soprattutto gli stessi medici e ricercatori. Brain Research Foundation oggi è una delle realtà più autorevoli nella ricerca scientifica e tecnologica di frontiera nelle neuroscienze”.
Nei documenti ufficiali dell’Ente scaligero viene citata una frase di San Francesco: “Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all’improvviso vi ritroverete ad aver fatto l’impossibile”.
È quanto accaduto al Professor Massimo Gerosa e a Giuseppe Manni: “Devo dire che è andata proprio così – aggiunge ancora -. Abbiamo fatto ciò che all’inizio era necessario, poi quello che era possibile. E ora guardiamo al futuro, a progetti che sembrano pressoché impossibili. La parola ‘fare’ deve essere sempre accompagnata da una forte volontà e da grande spirito di intraprendenza. Non saremmo altrimenti riusciti a coinvolgere tante persone, a sostenere ricerche, a fornire attrezzature, a creare reti di prevenzione e di assistenza. E soprattutto non avremmo creato le condizioni per trattenere i migliori specializzati che altrimenti sarebbero fuggiti all’estero”.
Ciò che sembra impossibile è dare risposte alle molte malattie, diverse fra loro, che colpiscono il cervello e, più in generale, il sistema nervoso. Lo fanno in tutte le età. Addirittura prima della nascita, come nel caso delle malformazioni congenite e delle infezioni in gravidanza. Ne sono interessati i bambini (si pensi ad esempio alla spasticità infantile, all’idrocefalia, all’autismo), ma anche giovani e adulti: tante persone vengono colpite da sclerosi multipla o dalla dipendenza dalle droghe. E poi ci sono gli anziani, più esposti a ictus o alle malattie neurodegenerative come l'Alzheimer, il morbo di Parkinson e la SLA, la sclerosi laterale amiotrofica. Ci sono infine malattie cosiddette “trasversali”, come l’epilessia, i tumori cerebrali, i traumi cranici o spinali.
Tutte queste malattie, così diverse fra loro ma accomunate dalla caratteristica di colpire lo stesso sistema, si possono combattere solo con progressi della ricerca nelle neuroscienze. “Più vengo coinvolto in questi progetti e più mi rendo conto che bisogna assolutamente accelerare nella ricerca - confessa il nostro interlocutore -. Possono essere raggiunti risultati straordinari. Lo sto toccando con mano. Mi appassionano tantissimo ad esempio gli studi dedicati all’età infantile. Un tempo le famiglie avevano ben poche prospettive di curare i propri figli, destinati spesso a essere rinchiusi in istituti. Oggi non è più così. Si possono fare tante cose, si può migliorare la qualità della vita di ragazzi e famiglie”.
Navigando nel sito della Fondazione si possono consultare tutti i progetti conclusi e quelli in corso, spiegati in schede che ne presentano la rilevanza in un linguaggio comprensibile anche al grande pubblico. C’è lo studio sulla paralisi cerebrale infantile e quello sui disturbi della percezione della verticalità visiva dopo l’ictus; c’è la ricerca sui biomarcatori molecolari circolanti per la diagnosi differenziale di neoplasie cerebrali e quella sulla memoria appetitiva come bersaglio per curare i disturbi alimentari nei giovani. E ancora: ci sono lavori per lo sviluppo di modelli per la stima congiunta della connettività strutturale e funzionale del cervello, piuttosto che analisi sulla fatica nella malattia di Parkinson. Ciascuno di questi progetti – e sono davvero numerosi – ha un proprio responsabile scientifico, un nome e cognome ben identificato. E richiede un finanziamento, che la Fondazione si sforza di reperire, generalmente sotto forma di borse di studio e dottorati di ricerca, che consentono lo sviluppo anche pluriennale dei piani di lavoro.
Ci sono per questo soci sostenitori, che si impegnano a sostenere singole ricerche, affiancati da aziende che prendono a cuore specifici progetti. Ma ci sono anche tanti soci ordinari, un esercito di cittadini e di famiglie - molte delle quali colpite da vicino da qualche esperienza di malattia – che contribuiscono anche con piccole cifre. Nel 2019 il 97% delle uscite della Fondazione (oltre 330 mila euro) è stato destinato al finanziamento alla ricerca. Sono stati avviati venti nuovi progetti: “Abbiamo strutturato un’organizzazione che ci consente di portare avanti con efficacia la nostra mission. Ci sono un Consiglio di Amministrazione composto da sette membri e un Comitato Scientifico, diretto dal Professor Andrea Sbarbati, costituito da sette docenti o responsabili di reparto. Sono impegnate persone qualificate nel fundraising, nella comunicazione e nel marketing. Tutto viene fatto con la massima professionalità, come merita una simile impresa. Ci tengo a sottolineare che nessuno, nella nostra Fondazione, riceve un compenso. Tutto viene svolto in forma gratuita. Le spese generali e quelle di segreteria vengono sostenute dal Gruppo Manni”.
Efficienza che è sinonimo di successo e di futuro. Brain Research Foundation Verona non si ferma e punta su un innovativo progetto, legato alla telemedicina. Con questa tecnologia sarà possibile migliorare monitoraggio, consulenze e trasmissione di informazioni di circa 3 mila pazienti veronesi affetti da Alzheimer, SLA, Parkinson e altre patologie neurologiche.
Lo spiega meglio Manni: “Mi aspetto grandi risultati, specie in questo momento storico, nel quale molti reparti ospedalieri sono stati costretti a sospendere o rallentare le attività anche programmate, a causa della pandemia. Con questo progetto ci sarà assistenza a distanza mediante dispositivi elettronici e l’utilizzo di tecnologie di comunicazione. Pensiamo ad esempio alla riabilitazione. La telemedicina, dove già utilizzata, si è dimostrata assai efficace, soprattutto nei disturbi del movimento. Pazienti, reparti ospedalieri e studi di città e provincia che si occupano di riabilitazione neurologica motoria saranno in costante collegamento”.
Non è il primo e non sarà l’ultimo dei progetti che la Fondazione promuoverà. Per questo servono, sempre, risorse: “C’è un senso di responsabilità che ti fa sentire tributario nei confronti della società, in particolare di quella in cui sei nato, cresciuto e dove hai ricevuto un’educazione – conclude Manni con un appello -. Per questo mi auguro che altri imprenditori condividano questa attenzione verso la società nella quale viviamo, che ci presenta tante opportunità ma anche tanti bisogni da soddisfare per una degna qualità della vita per tutti”.

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Ultima modifica 15/03/2021