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Il “la” lo ha dato il principe Vitaliano Borromeo in una lunga intervista ad Alain Elkann pubblicata lo scorso febbraio sul quotidiano La Stampa. Classe 1960, tra gli esponenti più noti dell’aristocrazia milanese, Vitaliano Borromeo vanta tra i suoi tanti titoli quelli di principe d’Angera, conte di Arona, conte di San Martino, signore di Omegna, Vigezzo e Cannobio. È proprietario di cinque siti museali che comprendono il palazzo e i giardini di Isola Bella e Isola Madre, il Parco Pallavicino, il castello della Rocca di Angera e i Castelli di Cannero. Insomma le perle più preziose del lago Maggiore. Inevitabile, quindi, il suo giudizio un po’ di parte sul lago di Como. Che secondo lui “vince” soprattutto per l’alto livello dell’industria dell’ospitalità. Ma che a causa dell’affollamento indotto dal volano delle celebrities, rischia oggi di collassare. Di qui a parlare di “guerra dei laghi”, il passo è stato breve. Ma lo stesso principe Borromeo oggi smorza i toni e riconosce che l’esperienza del lago di Como insegna. «Credo sia necessario lavorare insieme. Sia per evitare gli eccessi dell’overtourism, sia perché i turisti a cinque stelle amano spostarsi da una location all’altra. Offrendo strutture ricettive adeguate e proposte esperienziali in linea con le loro esigenze, possiamo riuscire a prolungare i soggiorni sui laghi, a vantaggio di tutti».

Una rivalità storica

Certo lavorare insieme non è facilissimo. Tra il Maggiore e il Lario la rivalità è storica. Anche se solo in tempi recenti si sono davvero scoperte le carte. Perché, ammettiamolo, da quando George Clooney è approdato a Laglio nel 2002, acquistando dal “re del ketchup” John Heinz per 7,6 milioni di dollari Villa Oleandra, una storica residenza del XVIII secolo, per il lago di Como è iniziata l’inarrestabile ascesa ai vertici delle mete top del turismo mondiale. Al seguito di Clooney sono arrivati personaggi del calibro di Barack Obama e Brad Pitt. E poi Paris Hilton, Miley Cyrus, Jennifer Aniston. Ultima ad essere avvistata, quest’estate, Taylor Swift. Che ha approfittato del suo recente concerto in Italia per dare un’occhiata a qualche villa in vista di un possibile acquisto.

La stampa internazionale poi ci ha messo del suo. Secondo la tradizionale classifica stilata da Forbes a inizio anno, sono sette i luoghi italiani da visitare assolutamente: il primo è Cernobbio. E nella lista dei World’s 50 Hotels, il numero due al mondo (subito dopo il Capella di Bangkok) è un albergo affacciato sulle rive del lago di Como: il Passalacqua di Moltrasio, che si è guadagnato anche il premio Best Hotel in Europe e Best Boutique Hotel. Il Lario è diventato a tal punto “il” lago italiano per antonomasia, che qualche mese fa quando i cantanti Annalisa e Tananai hanno pubblicato il video del loro tormentone estivo Storie Brevi con immagini lacustri, a nessuno è saltato in mente che potesse trattarsi di un posto diverso. Persino in Rai non hanno riconosciuto Villa Rusconi Clerici e tanti scorci caratteristici del lago Maggiore, con l’Isola Madre sullo sfondo. Apriti cielo! A Verbania si sono parecchio risentiti e hanno parlato di “errore inaccettabile”.

Così vicini, così diversi

Un destino curioso, quello del lago Maggiore. Costretto a “cedere il passo” al vicino Lario nonostante la struggente bellezza delle sue rive. «Nel passato, a dire il vero, era il Maggiore a fare la parte del leone – sottolinea Patrick Droulers, francese innamorato del lago di Como e proprietario della spettacolare Villa Usuelli a Blevio -. Ed è comprensibile: la bellezza delle Isole Borromee è incomparabile. I tre grandi laghi italiani in realtà sono difficilmente paragonabili. Quello di Como è una sorta di fiume; il Garda è un mare; e solo il Maggiore è un lago a tutti gli effetti. La diversa personalità di ognuno ha giocato un ruolo anche sul tipo di turismo che li caratterizza. Il lago Maggiore è sempre stato frequentato soprattutto da inglesi, il Garda da tedeschi e il Lario da americani». Con tutte le conseguenze del caso. Perché soprattutto gli americani sono sempre stati disposti a spendere cifre importanti per acquistare e ristrutturare ville, o soggiornare in alberghi di lusso.

«Il risultato è che ora il Lario è sull’orlo del collasso – considera Droulers -. Per questo motivo io non voglio parlare di guerra tra i laghi, sarebbe una politica suicida. Bisogna al contrario unire le forze per sviluppare il turismo lacustre nel suo insieme. E contemporaneamente pensare a implementare le infrastrutture, che oggi non sono affatto all’altezza. Ci sono stati investimenti importantissimi e grandi sforzi creativi per ridare vita a ville, case e hotel abbandonati da anni. Ma bisogna anche sviluppare la rete dei trasporti pubblici e l’intermodalità gomma/ferro/acqua. Parliamoci chiaro: ad oggi non esistono nemmeno le biglietterie elettroniche!».

Qualcosa in questo senso ha però iniziato a muoversi. Lo testimonia la Borsa Internazionale dei Laghi del Nord Italia, un evento (organizzato tra gli altri da Camera di Commercio di Como-Lecco, Camera di Commercio Monte Rosa Laghi Alto Piemonte e Camera di Commercio di Varese) che ha l’obiettivo di favorire l’incontro tra i principali operatori del turismo lacustre e promuovere nuove opportunità di business. Ma anche di “spalmare” il turismo su diverse destinazioni, in modo da alleggerire le mete che rischiano di essere snaturate e perdere la loro identità.

L’allarme del Fai

«Il lago di Como è in pericolo, sta facendo la fine di Re Mida. Per trasformare tutto in oro, svende la propria anima», avverte con non celata preoccupazione Marco Magnifico, Presidente del FAI – Fondo per l’ Ambiente Italiano ETS. Una similitudine, quella con Re Mida, che Magnifico propone così: «Bisogna ospitare i turisti nella nostra casa o adattare la nostra casa ai turisti? Re Mida ha già comprato casa a Venezia, a Firenze, a Roma, nelle Cinque terre calpestate da milioni di ciabatte; ma Re Mida è morto di fame, poveretto», ha scritto anche in un recente editoriale sul Il Notiziario FAI. Proprio per dare il buon esempio, il Fondo Ambiente Italiano ha deciso di ridurre del 30% gli accessi a uno dei suoi gioielli: la Villa del Balbianello, affacciata sulla punta della piccola penisola di Lavedo, che si allunga nelle acque del Lario tra Lenno e Ossuccio. «Questo significa per noi circa 250 mila euro all’anno in meno di introiti. Ma ormai è diventato indispensabile mettere paletti. Regolare gli accessi tramite prenotazione o numero chiuso. I tempi sono maturi, e anche i turisti sono disposti ad accettare la programmazione».

Programmazione che riguarderà anche l’ultimo Bene aperto al pubblico, donato al FAI nel 2011 da Aldo e Maria Luisa Norsa, un’altra perla che dallo scorso settembre è andata ad arricchire la già splendente collana dei Beni gestiti dalla fondazione sul lago di Como: la Velarca. Di che cosa si tratta? Di una casa-barca progettata e costruita tra il 1959 e il 1961 dallo studio BBPR, incaricato dai coniugi Emilio e Fiammetta Norsa di realizzare un’abitazione galleggiante in cui ospitare familiari e amici. Gli architetti all’epoca avevano appena portato a termine la realizzazione dell’iconica Torre Velasca a Milano. Di qui il nome con cui è stata battezzata questa originalissima imbarcazione: che consiste in un volume abitativo poggiato sullo scafo di un’antica gondola lariana di 19 metri, la Corriera Tremezzina, che dal 1911 attraversava il lago di Como trasportando merci e persone.

L’inaugurazione della Velarca, oggi ormeggiata a Ossuccio dopo un restauro durato anni, rispecchia perfettamente quelle che sono gli obiettivi del FAI: spingere verso un turismo diversificato e più sostenibile. «Il lago di Como è diventato un brand, come le Cinque Terre – continua Marco Magnifico -. Un fatto che non era stato programmato a tavolino, è successo. E la politica locale fa fatica a governare la situazione. Come nel caso del progetto del nuovo resort di Torno: una struttura enorme, con tre darsene e parcheggi, che snaturerebbe il territorio. Una follia. L’apertura della Velarca va invece nella direzione opposta: un’offerta di eccellenza che vuole spingere il turismo di nicchia culturale. Oggi Bellagio è paralizzata dai pullman che arrivano e ripartono in giornata. Per contro nessuno conosce il Sacro Monte di Ossuccio, che pure è un autentico gioiello».

Certo che, come ammette lo stesso Magnifico, è difficile crocifiggere le amministrazioni pubbliche che dal turismo traggono le risorse per far funzionare i piccoli Comuni. E i grandi gruppi privati sono d’altro canto sempre più ingolositi dai lauti proventi dell’accoglienza deluxe. Tra hotellerie, matrimoni ed eventi, le ville storiche sono diventate una vera macchina da soldi. Villa Erba, tanto per fare un esempio, lo scorso anno ha chiuso l’esercizio con un fatturato di oltre 17 milioni di euro. Questo grazie al fatto che numerosi brand di fama internazionale l’hanno scelta come location per i loro eventi (tra questi Banca Ifis, Dior, l’Orèal, Guess...). E grazie anche al business dei matrimoni. Sempre Villa Erba nello scorso anno ne ha ospitati ben 70.

Un lago a 5 stelle

Sul Lario per sposarsi viene tutto il mondo, con americani e inglesi in testa. Nel 2022 il miliardario inglese Alan Howard e la moglie Caroline Byron hanno registrato il primato per la cerimonia più costosa: hanno affittato Villa Olmo per un mese sborsando un milione e 300 mila euro. Risultato: fiumi di articoli sui giornali e non pochi disagi per la città di Como, bloccata dal traffico e illuminata a giorno ogni sera dai fuochi d’artificio. Ma tant’è, la corsa non si arresta. Ogni anno la Provincia registra il 10-15% in più di presenze: dai quattro milioni nel 2022, toccheranno alla fine del 2024 i cinque milioni. Gli hotel 5 stelle lusso, che nel 2002 erano solo due (il Villa d’Este e il Grand Hotel Serbelloni), oggi sono otto. E altri quattro sono in procinto di aprire. Sempre sul lago di Como il Gruppo Belmond, controllato dalla holding francese del lusso LVMH, ha completato l’acquisizione del Castello di Urio, a Carate Urio. Una proprietà del XVI secolo con 180 metri di battigia, estesa su quasi due ettari di terreno. Obiettivo: trasformare la storica residenza in un albergo di lusso.

Il lago Maggiore, dal canto suo, ha iniziato a ribattere colpo su colpo. A Stresa è stata da poco aperta una nuova filiale di Berkshire Hathaway HomeServices Palazzo Estate, società di Warren Buffett che vuole offrire opportunità di investimento in una località che promette di diventare una delle nuove mete del lusso mondiale. Lo scorso settembre, poi, sempre a Stresa ha riaperto i battenti l’ex Villa Ostini (conosciuta come Casa d’Oro). Con il nome di Boutique Hotel Stresa, è un sontuoso albergo di design cinque stelle affiliato a Preferred Hotels & Resort, che si inserisce nel contesto delle Isole Borromee. Con tanto di ristorante gourmet e un esclusivo rooftop accessibile anche ai visitatori esterni.

«Nel 2026 si inaugurerà la nuova versione cinque stelle lusso dell’Hotel Lido Palace di Baveno. La proprietà sta pensando anche di attivare una flotta di motoscafi Riva d’epoca da mettere a disposizione degli ospiti. E si parla dell’arrivo della catena Mandarin a Verbania, nell’attuale location di Villa Poss», racconta il principe Vitaliano Borromeo. Che considera: «Certo il rischio di seguire le orme del lago di Como esiste. Ma il nostro obiettivo è quello di diversificare l’offerta turistica, puntando anche sulle attività in natura e sulle esperienze sportive outdoor. Nel comprensorio del Mottarone, per esempio, ci stiamo muovendo da tempo in questa direzione».

Le famiglie e gli sportivi restano però un’utenza secondaria per Terre Borromeo (brand che identifica i siti culturali e naturali anticamente legati alla famiglia). Sul sito è riportato a chiare lettere qual è il target di riferimento: «italiano e straniero, individuale e di gruppo, con una propensione alla spesa medio-alta». Sag srl, la società a cui fanno capo le attività amministrative, gestionali, di marketing e comunicazione di Terre Borromeo, nel 2023 ha realizzato ricavi per oltre 22 milioni di euro. Le visite ai beni del gruppo sono state lo scorso anno oltre un milione. La parte del leone l’ha fatta Isola Bella con quasi 500 mila ingressi, seguita da Isola Madre con 250 mila.

Equilibrio tra sostenibilità e profitto

Il Dio Denaro insomma non guarda in faccia nessuno, e i due laghi non riescono a svincolarsi dal suo abbraccio nonostante i rischi che questo comporta. Trovare la formula di una felice convivenza tra sostenibilità e profitto non è facile. A meno di non varcare la soglia del “giardino incantato” di Judith Wade. Nata a Sidney da genitori scozzesi, nel ’97 ha creato il network Grandi Giardini Italiani, sotto il cui ombrello sono oggi raccolte 156 proprietà in Italia. «Dal mio punto di vista – dice – non posso parlare di “guerra dei laghi”. È un concetto che mi è estraneo, perché in realtà nel nostro settore c’è molta collaborazione. Il verde unisce. Negli ultimi 30 anni siamo riusciti a dare grandissimo impulso al cosiddetto Hortical Tourism proprio grazie al fatto di lavorare insieme. Impresa facilitata anche dai rapporti personali tra i proprietari delle ville. Molti di loro sono amici, hanno frequentato le stesse scuole. Sono imprenditori illuminati, che hanno saputo mettere a frutto i doni di una natura generosa. Oggi i più bei giardini affacciati sui laghi sono italiani. E in alcuni – come quelli di Villa Carlotta e di Villa Melzi d’Eril – lavorano da più generazioni le stesse famiglie di giardinieri. È a tutte queste persone, più che alle celebrities di cui tanto si parla, che si deve il successo di questo distretto». E a noi piacerebbe crederle.