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Nel gennaio 2022 la scomparsa dell’architetto catalano Ricardo Bofill, 82 anni, è stata l’occasione per fare il punto, in ambito locale, sullo stato d’avanzamento dei progetti urbanistici che nel corso del primo decennio di questo secolo hanno mutato la funzione e l’aspetto di una vasta porzione del centro storico ad est del Priamar, la fortezza genovese divenuta carcere sotto i Savoia, sede del comando nazifascista nell’ultima fase della II Guerra Mondiale, residenza di fortuna e cava per materiali per molti anni dopo la fine del conflitto e, dal 1990, sede del Museo Archeologico. Al nome di Bofill è legato il Programma di Riqualificazione Urbana e Sviluppo Sostenibile del territorio approvato nel 2000 per l’area della Vecchia Darsena, ed in particolare la Torre, inaugurata nel 2007, che ha preso il posto d’un vecchio autosilo, e le infrastrutture portuali e ricettive del complesso noto come Orsa 2000, sviluppate su aree dove nel secolo scorso sorgeva il vasto impianto Ilva (poi Italsider), che comprendeva anche i terrapieni ferroviari che poggiavano sui resti dell’antica arx romana, poi bizantina.

Qui confluiva la prima cinta muraria di Savona, che non comprendeva il promontorio del Priamar; qui si accedeva all’abitato dal nucleo portuale che il Molo di Sant’Erasmo doveva proteggere sia dalle mareggiate che dai detriti scaricati in mare dal Letimbro.

Questo punto strategico era difeso nel Medioevo dal Castel San Giorgio, a ridosso del quale andò formandosi l’operoso Borgo del Molo.

Sul fianco occidentale del Priamar, nella parte più alta, andarono insediandosi una serie d’edifici religiosi, tra cui il Duomo, il palazzo vescovile e il convento delle Recluse, posto quasi a picco sul mare. La separazione di quello che potremmo definire il centro direzionale di stampo ecclesiastico dai quartieri residenziali e commerciali nasceva dal fatto che il cristianesimo prima che a Savona s’era sviluppata nella vicina Vado, e solo nei secoli bui dell’Alto Medioevo i vescovi avevano optato per l’attuale capoluogo. Tuttavia nel frattempo i Del Carretto avevano assunto il controllo dell’antico collegamento stradale tra la città ed il Basso Piemonte, quindi la scelta del Priamar era un atto di sfida al potere di costoro. Nel XIII secolo il vecchio castello dei Del Carretto era in rovina; Savona realizzò nel 1227 sul colle Monticello il forte detto “della Briglia” o “Sperone” a presidio del vitale collegamento con l’entroterra.

La città andava prosperando, così si trovarono le risorse per una nuova cinta muraria includendo il “nucleo” vescovile del Priamar, dove il Duomo di S. Maria fu ampliato e dotato di alcune cappelle di famiglia. All’inizio del XV secolo Raffaele Riario, capo d’una consorteria la cui affermazione nell’ambito della nobiltà non solo savonese è testimoniata dalla successiva ascesa al trono pontificio di due suoi discendenti (Sisto IV e poi Giulio II) era abbastanza ricco da sostenere la spesa per la costruzione d’un nuovo complesso religioso, la Certosa di Loreto, sul sito dell’ex castello Del Carretto, nonché d’una fortezza concepita “alla moderna”, cioè con muraglie resistenti ai colpi d’artiglieria a protezione della zona del Duomo. In direzione della città venne costruito un grande edificio ad uso pubblico, la Loggia, dalle arcate ogivali, protetta da una cortina muraria che si sviluppava in basso verso Castel S. Giorgio.

Nei decenni seguenti Savona, pur se formalmente soggetta alla Repubblica di Genova, cercò di farsi coinvolgere il meno possibile nel conflitto tra questa e gli aragonesi e in quello con i i Del Carretto per il controllo di Finale, conclusosi nel 1452 col matrimonio tra il marchese Giovanni I e Viscontina Adorno. Nel 1455 una flotta genovese bombardò, quale monito alla città il colle del Priamar, provocando qualche danno, più alle cose che alle persone, dato che in quella zona erano sorti chiese e conventi (in particolare quello dei Domenicani) e l’importante Ospedale della Misericordia. L’episodio indusse i savonesi ad appoggiare la linea politica della Francia ed accolsero con soddisfazione, nel 1458, la notizia che il Doge Pietro Fregoso, cui l’anno precedente era venuto a mancare il principale alleato, il cognato Catalano Grimaldi, aveva deciso di cedere il potere alla Francia. L’anno seguente si dichiarò pentito e disposto ad accordarsi con la fazione filo-aragonese, ma morì combattendo contro gli occupanti. La vedova, Bartolomea, era sorella di Catalano; riuscì a raccogliere parte delle forze da lui raccolte nel Ponente e a Monaco e a far “sloggiare” i francesi dal Castelletto; profittando del fatto che i Grimaldi erano alleati ai duchi di Savoia, sostenne la nomina a doge del cognato, Paolo Fregoso. Ma l’opposizione era forte: riunitisi in Savona gli esponenti delle grandi famiglie (Adorno, Doria e Fieschi) grazie anche alla mediazione del Banco di San Giorgio decisero di lasciar da parte le vecchie contese per riprendere il controllo della Superba. Della complessa situazione a trarre maggior profitto fu il duca di Milano Francesco Sforza, cui s’erano rivolti sia i nobili che Bartolomea. Nel 1478, quando suo figlio Bartolomeo Fregoso divenne doge, le affidò Savona, dove la Grimaldi “amministrò giustizia” sino all’anno della morte, il 1481.

Nell’autunno 1488, quando il ducato milanese era destabilizzato dallo scontro tra il Moro ed il nipote Gian Galeazzo, Savona cercò di profittare delle discordie interne alla classe dirigente genovese, ma venne attaccata dal condottiero marchigiano Boccolino Guzzoni, anni prima fiero avversario di Sisto IV e noto in Italia per aver chiesto il sostegno dei turchi pur di mantenere il possesso di Osimo. Gli assalitori riuscirono ad occupare l’Arsenale e ad ottenere la resa del Castel San Giorgio. Resistette, invece, il Castel Nuovo: il lato cui settentrionale era difeso da un gran torrione e una muraglia a scarpa che si allacciava alla parte più alta del Priamar. Verso il mare la muraglia era rafforzata dal bastione dell’Angelo, semicircolare, da cui s’accedeva al sottostante Arsenale.

Sotto il dominio sforzesco Savona aveva visto tutelate le proprie libertà commerciali dalle pretese dei Genovesi, tuttavia dopo la sconfitta di Ludovico il Moro il ritorno della Francia ripristinò le vecchie convenzioni, favorevoli alla Superba. Agli inizi del ‘500, l’ampliamento delle difese della città venne affidato dai francesi al celebre Pedro Navarro, il quale si concentrò su Castel Sperone, dato il timore d’attacchi savoiardi. Dopo la definitiva vittoria di Carlo V, il nuovo “uomo forte” della Repubblica, Andrea Doria, decise, in accordo con la Compagnia di San Giorgio, di fare del Castel Nuovo di Savona la più grande tra le fortezze genovesi: sia per soggiogare la città, considerata infida ed ostile, sia per esaltare il prestigio militare e l’influenza politica sulla Riviera di Ponente. Invano i rappresentanti savonesi fecero presente che i pirati barbareschi alleati della Francia non erano pericolosi per Savona, dato che ormai le attività portuali erano minime. Invano sottolinearono il fatto che la distruzione del Duomo e degli altri splendidi edifici sorti sul Priamar avrebbero comportato enormi spese, evitabili se ci si fosse limitati a proseguire l’opera del Navarro rendendo “imprendibile” il Monticello, dato che la minaccia più concreta veniva dall’entroterra, non dal mare, difeso a sufficienza dai due castelli.

La trasformazione del Priamar in un’unica immensa fortezza, circondata da nuove mura, bastioni a scarpa, torrioni e contrafforti, che inglobavano sia il Castel Nuovo che quello di San Giorgio procedette per tutto il secolo successivo. Durante il quale da Genova giunsero ai vari governatori istruzioni contraddittorie: qualcuno avrebbe voluto, ampliare la fortezza, onde ridurre le spesa per la guarnigione: infatti si stimavano necessari sul Priamar oltre duemila uomini. Tuttavia la popolazione, dopo l’interramento della Darsena e di gran parte delle attività portuali, s’era ridotta a circa cinquemila unità. Altri leader genovesi, quindi, rilanciarono a più riprese l’idea che fosse meglio demolire gran parte della fortezza, onde evitare che cadesse in mano nemica. Tale posizione si fece più decisa dopo la realizzazione della fortezza di Vado (dal 1618) e dopo la costruzione delle nuove Mura di Genova (1632). Tuttavia ad essa s’oppose la Compagnia di San Giorgio, la quale s’era accollata l’onere finanziario della costruzione della fortezza del Priamar in cambio del controllo d’alcune gabelle, a partire da quella sul vino venduto in Savona.