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Dignità e autonomia. Questa la ricetta di PizzAut, la pizzeria dove persone con problemi di autismo hanno trovato l’opportunità di una seconda vita. Un progetto che vanta tra i suoi fan il Papa e il Presidente Sergio Mattarella

Patire e compatire. Soffrire e veder soffrire. Non sono la stessa cosa. Sono come il giorno e la notte. Se il dolore non è quello della porta accanto, quello che genericamente vediamo riflesso negli altri, se ci tocca da vicino e in prima persona, se non è un’astrazione insomma, allora le cose e la vita cambiano. Si dice, cioè lo ha detto Tolstoj, che le famiglie felici sono tutte uguali, con quel che segue. Uno allora si chiede: perché a me, con tanta gente che c’è in giro? Se l’è chiesto anche Nico Acampora, quando ancora tutto quello che ha fatto (tanto, tantissimo) era nulla, niente.

È un lunedì pomeriggio, siamo a Monza nell’area ex Philips, a due passi dalla superstrada Milano-Lecco. La pizzeria è chiusa. C’è solo qualche ragazzo che fa le pulizie e apparecchia i tavoli. Acampora si liscia il barbone profetico alla Carlo Marx e comincia a raccontare. È nato a Napoli 54 anni fa ma ormai è lombardo in tutto e per tutto (di Cernusco sul Naviglio). Per lungo tempo ha fatto l’educatore nell’ambito del sociale in Brianza. Una moglie infermiera, Stefania, e una figlia, Giulia. La fotografia della normalità, si direbbe. La mazzata che gli cambia l’esistenza arriva quando al secondogenito, Leo, a due anni, viene diagnosticata una forma grave di autismo. Sconforto, angoscia, frustrazione. Lui e Stefania non sanno che pesci prendere, anche se intuiscono il calvario che li attende.

«Ci siamo sentiti perduti. Una sensazione che capisci solo quando ti attraversa e che non si può spiegare a parole: ma che cambia la tua vita segnandoti nel profondo, perché dopo la diagnosi nulla potrà più essere come prima. Non conto le notti che ho passato senza prender sonno col pensiero fisso di questo figlio così amato e così bisognoso di protezione». La notte però porta consiglio. Leo, Leo, Leo. Bisogna inventarsi qualcosa per Leo. Una delle poche cose che gli piace e che lo fa uscire dal suo guscio è la “serata pizza” che la famiglia Acampora fa ogni venerdì, coinvolgendo i propri amici. Leo traffica in cucina con farina, mozzarella e salsa di pomodoro. Si diverte un mondo.

Ed ecco l’illuminazione, inattesa ma chiarissima. Nico («ricordo l’ora, era l’una e mezza») tira giù dal letto la moglie e, trafelato, butta lì: apriamo una pizzeria, non una normale ma una pizzeria gestita da ragazzi autistici. Lei all’inizio pensa: questo s’è bevuto il cervello. Poi, piano piano, capisce che la macchina ormai s’è messa in moto e nulla e nessuno la fermerà. Tanto vale lasciarlo fare. Gli ostacoli che si frappongono alla realizzazione del sogno sono giganteschi. Per uno che fino a quel momento s’è occupato di tutt’altro si tratta di partire da zero. Le questioni tecnico-burocratiche sono quasi il meno. Il grande punto interrogativo è la compatibilità di un soggetto autistico con le sollecitazioni derivanti dall’ambiente di lavoro e dal contatto col pubblico. Qualche psicoterapeuta cerca di metterlo sul chi va là: Acampora guardi, lei è il solito padre frustrato che non si arrende alla disabilità del figlio e si inventa progetti irrealizzabili che danno finte speranze ad altre famiglie. Mi creda, se lei pensa di riuscirci è più handicappato dei suoi ragazzi.

Lui invece non fa una plissé e va avanti come un caterpillar. Con un’idea ben precisa in testa: il business della ristorazione deve essere un mezzo. Il fine sono i ragazzi, ossia l’inclusione di chi sulla carta dovrebbe essere escluso, confinato tra le mura domestiche o tuttalpiù nei centri diurni. In Italia i soggetti affetti da autismo sono 600mila. L’inserimento scolastico e lavorativo (che staziona a meno del due per cento) sono particolarmente difficili. Il 70% degli insegnanti di sostegno, al riguardo, sa poco o nulla. Le aziende poi preferiscono assumere altre tipologie di disabili o, meglio ancora, pagare delle multe per ignorare del tutto la questione. Conscio dell’Everest da scalare e dovendo oltretutto a un certo punto fare i conti con lo tsunami Covid, Acampora gioca tutto sulla sensibilizzazione. Il punto di svolta è stata la partecipazione al programma di Maria De Filippi Tú sí que vales, in onda su Canale 5. Da lì in poi è esploso il fenomeno PizzAut. Prima ha aperto a Cassina de’ Pecchi poi a Monza (1.200 metri quadrati di superficie), dove sono impiegati 41 ragazzi autistici, tutti assunti con contratto a tempo indeterminato, e 5 “normali” (che i primi, scherzosamente, chiamano “la minoranza etnica”). Ogni settimana vengono servite suppergiù 3.500 pizze. I tavoli, le cucine, i forni, le friggitrici e il bancone del bar sono studiati ad hoc per permettere a camerieri e cuochi di svolgere il proprio lavoro senza incertezze. Particolare attenzione è stata fatta alla scelta dei colori e alla insonorizzazione, perché il soggetto autistico ha una percezione dello spazio e dei rumori del tutto particolare, e basta un niente per metterlo in crisi. Ma è chiaro che la soddisfazione più grossa è arrivata dalla risposta del pubblico, gente comune e non.

A far da cassa di risonanza all’esperimento PizzAut ecco una lunga lista di aficionados: gli ex premier Gentiloni e Conte, l’ex Presidente del Senato Casellati, Elio delle Storie Tese, Piero Pelù, Billy Costacurta e Martina Colombari, Kekko dei Modà, Gerry Scotti,. Belén, il patròn della Formula 1 Stefano Domenicali, che li ha chiamati a Monza a far le pizze durante il Gran Premio, Damiano dei Måneskin e tutta una serie di imprenditori locali che sarebbe troppo lungo star qui a citare. Qualcosa in più sul Papa e su Matterella però bisogna pur dirla: «A Bergoglio ci siamo arrivati attraverso una suora che un bel giorno era venuta qui a pranzo. Morale: a un certo punto veniamo convocati in Vaticano. Il Santo Padre ha indossato il nostro grembiule rosso d’ordinanza, quello con lo slogan “Vietato calpestare i sogni” e ha mangiato una pizza preparata apposta per lui, la “Cantico delle Creature” con la patata che rappresenta la terra, il pomodoro rosso come il fuoco, i pomodorini gialli e rossi che erano le stelle, infine una spruzzata di pepe e curcuma. Dopo l’udienza, i miei ragazzi hanno cucinato 200 pizze per i senza dimora che dormono sotto il colonnato di piazza San Pietro. Una giornata di emozioni forti. Come con Mattarella. Il Presidente è venuto apposta per l’inaugurazione del ristorante di Monza. Alla fine mi ha detto: non mangiavo una pizza intera da non so quanti anni, ma la vostra l’ho finita perché è davvero leggerissima e gustosa».

A furia di frequentare vip, è diventato anche lui un personaggio. Ha ricevuto l’Ambrogino d’Oro nel 2021, nel dicembre del 2022 è stato nominato Cavaliere della Repubblica, nel novembre del ‘23 è stato insignito del titolo “Cittadino europeo dell’anno” dal Parlamento europeo. All’inizio del 2025 un sondaggio del Corriere della Sera per eleggere il “milanese dell’anno” lo ha preferito a nomi più celebri e celebrati del suo, quali Liliana Segre, don Mazzi, il presidente dell’Inter Beppe Marotta, Ornella Vanoni e l’immunologo Alberto Mantovani. La fama tuttavia non gli interessa più di tanto: «Ora penso al da farsi. Punto molto sui food truck, i PizzAutoBus. In una decina d’anni prevedo di poter arrivare ad assumere 500 ragazzi e di mandare in giro per l’Italia 100 food truck. Chi sono? Sono soltanto un papà di un ragazzo autistico che ha creato un luogo dove offrire lavoro, dignità e futuro ad altre persone autistiche».