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Mezzo miliardo di vacanzieri sbarca ogni anno  nel Belpaese. Una manna per il PIL. Ma non è tutto oro quel che luccica

 

Il turismo in Italia ha chiuso il 2023 con numeri record: 451 milioni di presenze, (+3,3%), 100 miliardi di spesa turistica, 74 miliardi di gettito all’erario, 3 milioni di occupati, una spesa pro capite di 350 euro, che rappresenta il 13% del PIL. I dati sono emersi agli Stati Generali del Turismo svolti lo scorso ottobre a Palazzo Regione Lombardia a Milano e la stima dei prossimi anni è in netta crescita. Se da una parte il turismo si è confermata un’industria tra le più remunerative, l’unica non delocalizzabile, dall’altra le città d’arte sono assaltate (nell’estate del 2024, Venezia in testa con 14mila turisti per chilometro quadrato) come pure le località più famose che riecheggiano da nord a sud dello Stivale. Cosa sta succedendo e perché? Quali i rischi e le opportunità dell’overtourism?

Per capirlo partiamo dal passato, facendoci aiutare sempre dai dati: dagli anni 70 ad oggi il numero dei turisti internazionali è aumentato vertiginosamente. Siamo passati dai 116 milioni del 1970 a 1,46 miliardi del 2019, un incremento del 700% in 50 anni. Entro il 2034 si supererà la soglia di 1 turista per abitante, cosa che darà impulso all’economia globale con l’incredibile cifra di 16 trilioni di dollari, che rappresenta l’11,4% dell’intero panorama economico (second Studi ENIT su dati WTTC). Numeri da capogiro se pensiamo che il turismo in senso moderno è un fenomeno nato appena 200 anni fa, ma talmente importante, da poter definire un’epoca, complice la tecnologia e i voli low cost.

L’Italia è sul podio

E l’Italia è tra i leader internazionali. Nei primi 10 mesi del 2024 ci siamo posizionati come seconda destinazione in Europa per presenze internazionali dopo la Spagna e prima di Francia, Grecia, Turchia, Croazia, Austria, Germania, Paesi Bassi e Portogallo (fonte Ufficio Studi ENIT su dati Eurostat).

«Questi dati dimostrano come il turismo sia per il nostro paese settore strategico, e in quanto tale debba essere governato, dalla politica e dall’impresa – dice Sabrina Talarico, presidente del GIST (Gruppo Italiano Stampa Turistica) –. Se è vero che crea ricchezza e lavoro, è anche vero che può potenzialmente creare problemi ambientali e squilibri sociali. Una simile crescita impatta sulla gestione del territorio, impatta sul consumo del suolo, sui trasporti, i servizi, il consumo di energia, sull’inquinamento. Come tutte le industrie, anche il turismo è inquinante».

«La nostra strategia da una parte è destagionalizzare e dall’altra decongestionare – afferma Alessandra Priante, presidente ENIT dal febbraio 2024, prima direttore Europa dello UNWTO, l’Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di turismo a livello globale –. In aiuto sempre i dati, non tanto quelli storici, che già ci mostrano che, ad esempio, gli italiani hanno iniziato, anche con la situazione creata dalla pandemia, ad andare in vacanza fuori dai periodi canonici e hanno pure cominciato a visitare mete diverse - tra gennaio e novembre del 2024 abbiamo avuto meno presenze nelle strutture ricettive rispetto al 2023 (-5,9% di turisti italiani contro il +1,2% di turisti internazionali) - quanto quelli previsionali. Avendo una commissione di big data, tra i dati delle cellule telefoniche, le carte di credito, si riesce a capire dove e quando andrà la gente e cosa farà. Dunque abbiamo il dovere di monitorare il flusso prima che arrivi offrendogli delle alternative».

L’Italia è imbattibile per risorse culturali, nel 2024 abbiamo preso il primato mondiale dei siti UNESCO (60), seguiti da Cina, Germania e Francia. Siamo anche al primo posto al mondo per numero di patrimoni culturali e per ‘sentiment’ nelle ricerche su Google, con un incremento stimato del 75% dell’interesse dei viaggi nel mondo (dati Destination Insight, strumento a supporto del turismo di Google). «Ma siamo diventati pure una gigantesca meta per le vacanze all’aria aperta, vacanze sportive, ecologiche, molto ben organizzata soprattutto nelle aree interne – prosegue Priante –. Abbiamo la fortuna di avere non solo le Alpi ma anche gli Appennini, non solo il mare ma anche le aree interne. Penso ad esempio al Cilento, rispetto alla costa principale della Campania, quella più conosciuta. Penso anche alle aree interne della Sardegna, alle Colline del Prosecco in Veneto. Dunque la parola overtourism, è una parola sbagliata. Si tratta di bad management. I flussi di turisti non è che arrivano dal cielo. L’alternativa non è quella di mettere un biglietto d’ingresso. L’alternativa è condire l’offerta con le zone limitrofe».

Le città d’arte e il turismo di massa

«Il 70% dei viaggiatori si concentra, infatti, sull’1% del territorio nazionale – sottolinea Ruben Santopietro, CEO fondatore di Visit Italy, la principale piattaforma indipendente che promuove l’Italia nel mondo, con una community di oltre 3,1 milioni di follower –. Cosa vuol dire? Vuol dire che città come Milano, Roma, Firenze, Venezia soffrono e soffocano sotto il peso del turismo di massa. Ma è anche vero che questo mostra un altro dato, ovvero che il 99% del paese ha margini di sviluppo immensi. Tra l’altro potrebbe generare 85 miliardi di euro e contribuire a una crescita del PIL italiano di circa il 4,5% (fonte Open Economics)».

La soluzione è sicuramente puntare sì sulla diversificazione ma anche sulla qualità, sia ricettiva che di servizi. «Questi sono fattori importanti, perché determinano lo sviluppo equilibrato di tutta la filiera – continua Talarico –. Non è un caso che nei borghi e nelle località turistiche fuori dai circuiti massivi lo sviluppo turistico sia più armonioso e compatibile con il tessuto sociale. È necessario utilizzare campagne di comunicazione che impattino nei diversi target di fruitori, in grado di apprezzare proposte mirate. Creare club di prodotto e comunicarli nel modo corretto serve per attrarre turismo di qualità e profilato. Penso ai cammini, al cicloturismo, al circuito dei borghi, alle strade del vino, alle città slow, alle vie d’acqua, all’open air, agli eventi, al turismo delle radici, al food valley, al wedding, al congressuale. È necessario promuovere un turismo diffuso, che intercetti tutti i gusti e le destinazioni. Poi bisogna puntare anche sulla formazione, che deve essere non solo quella di chi lavora, ma pure dei cittadini che accolgono il turista. Spesso infatti manca la consapevolezza della storia e delle caratteristiche dei luoghi che abitiamo».

Non dimentichiamo la competitività. Quest’anno è l’anno del Giubileo, un’altra grande occasione per l’Italia per 2 motivi. Uno per far vedere il Fuori Roma, un po’ come il Fuori Salone, quindi Tivoli, Viterbo, Fiuggi e le altre cittadine. Non solo, allungandosi di 150 chilometri si va in Abruzzo, in Umbria. «Ma è anche un’occasione perché dobbiamo evitare l’effetto contrario. La domanda che ricevo dai giornalisti stranieri è: “Overtourism, Giubileo/Olimpiadi Invernali: come fate con la troppa gente? – spiega Priante –. Noi rischiamo l’effetto negativo. Il mio task quest’anno è molto più importante perché la mia domanda invece è questa: come faccio a far venire il turista che normalmente verrebbe a Roma nonostante il Giubileo? La cosa fondamentale è che la città di Roma abbia un’agenda come ce l’hanno tutte le altre capitali europee. Famosa in questo è Madrid. Una città che non è neanche più da prendere ad esempio perché la considero inarrivabile. È diventata una capitale straordinaria, mondiale non solo europea. La considero una Milano con gli asteroidi. Non la paragonerei mai a Roma. Roma è unica, come Venezia per altro. È inutile girarci intorno. Io sarei dell’idea di smettere di lamentarci per la brutta esperienza con il tassista o che so altro, ciascuna città ha i suoi limiti, si sa, e di guardare loro solo per il modo in cui si amano. Perché Madrid si ama. A Madrid si vuole molto bene. Madrid è orgogliosa di se stessa e nel turismo ci crede, tantissimo, esattamente come tutta la Spagna». 

Il business olimpico

La Regione Lombardia intanto si prepara alle Olimpiadi Invernali 2026 Milano-Cortina, altra vetrina straordinaria per il nostro paese, dove si prevedono 500mila visitatori internazionali. È partita con un anno in anticipo e un incremento del 10% di pernottamenti registrato nel 2024, rispetto al 2023 (fonte Osservatorio regionale per il Turismo). Il lancio è avvenuto lo scorso febbraio alla Bit (Borsa Italiana del Turismo) con un’ideale ‘staffetta olimpica’ di viaggio da compiere attraverso le dodici province nell’arco del 2025, per raccontare il volto olimpico insieme a storia e tradizione dei territori.

Il comparto del turismo è in fibrillazione. Da tempo ormai. Tanti gli stati generali organizzati sul tema, i tavoli di lavoro, gli incontri, le fiere. «È necessario iniziare a pensare a questa industria come a una cosa non passiva e metterci in testa anche e soprattutto che non è qualcosa che da soldi subito – conclude Priante –. Per cui anche l’affitto breve va regolamentato in maniera molto seria. La politica del prezzo alto non serve a nulla, se non a fare cassa ora e piangere l’anno dopo. L’idea è quella di creare un sistema equilibrato e sostenibile con i residenti. Gli accessi e le gestioni devono essere fatte considerati come attori seduti al tavolo anche loro. Perché se da una parte non possiamo trasformare i territori in posti anonimi o svuotati dalla popolazione locale, dall’altra non possiamo neanche immaginare che ci sia un blocco al turismo. Ma se ci sono alcune destinazioni che, per definizione, dicono ad esempio: “Io più di tanti turisti non li voglio”. Bisogna rispettarle. Amare, d’altronde, significa avere cura, attenzione e rispetto».