La Space Economy tra prospettive di sviluppo nazionali e internazionali

La Space Economy tra prospettive di sviluppo nazionali e internazionali

“Noi siamo brandelli di materia stellare che si è raffreddata per via di occasionali brandelli di una stella finita male.”

(Sir Arthur Eddington, astrofisico inglese)

1957: l’era spaziale ha inizio! L’Unione Sovietica lancia in orbita lo Sputnik e grazie a questo piccolo satellite compie il primo passo nello spazio. Da allora il settore ha avuto obiettivi sempre più importanti e ambiziosi, dalla messa in orbita del primo uomo fino allo sbarco sulla Luna. Le vicende spaziali si sono più volte intrecciate alla fitta rete di dinamiche geopolitiche e la competizione tecnologica e scientifica per il progresso dell’umanità ha virato spesso verso finalità collegate alla sicurezza nazionale, per le quali i servizi satellitari hanno avuto una doppia funzione: civile e militare. L’attività spaziale, dalle sue origini, è cresciuta e si è sviluppata principalmente grazie al supporto economico istituzionale delle agenzie governative (NASA, ESA, Roscosmos, ecc.) e quindi indirettamente attraverso i finanziamenti dei governi nazionali. La motivazione di questa tendenza è da ricercare nella natura intrinseca dell’attività e della ricerca; quello spaziale è un settore ad alto rischio a causa dell’elevato grado di fallibilità che le sue attività possono avere. Pertanto, gli enormi investimenti iniziali e la natura volatile degli stessi hanno portato questa industria a essere appannaggio esclusivo delle istituzioni pubbliche. Oggigiorno, i governi nazionali sono tuttora i principali investitori nelle attività spaziali, attraverso meccanismi di appalti e sovvenzioni a enti pubblici, istituti di ricerca, università e settore privato. Ma già a partire dalla fine del XX secolo si è registrata una nuova tendenza, traducibile in un processo di democratizzazione e privatizzazione. Un numero sempre maggiore di attori privati è stato coinvolto nella catena del valore della Space Economy. I fattori determinanti che possono spiegare questo fenomeno sono collegati in parte con quanto già detto in precedenza: l’innovazione tecnologica ha portato il settore spaziale ad ampliare i propri confini, coinvolgendo e inglobando numerosi altri attori economici. Inoltre, la ricerca in tecnologia miniaturizzata e riutilizzabile ha permesso di ridurre notevolmente gli investimenti iniziali, principale barriera all’entrata. Dai primi anni 2000, poi, l’avventura spaziale ha ricevuto un nuovo impulso con l’emergere di aziende private e startup (giusto per citarne due, la Blue Origin di Jeff Bezos specializzata nella costruzione di lanciatori riutilizzabili e capsule spaziali e l’ormai celeberrima SpaceX di Elon Musk) caratterizzate da profili orientati alle attività extra-atmosferiche indipendenti dagli enti spaziali degli Stati a cui appartengono. Questa nuova fase prende il nome di New Space Economy ed estende i campi d’interesse anche all’estrazione mineraria sugli asteroidi (la NASA stima a 700 quintilioni - miliardi di miliardi - di dollari il valore dei minerali presenti nella fascia tra Marte e Giove), al turismo spaziale, e all’inumazione spaziale (a cui verosimilmente assisteremo nel medio-lungo termine).

Ma è soprattutto nell’ultimo decennio che il settore spaziale ha vissuto un’evoluzione senza precedenti, evidenziando un cambio di paradigma rispetto al passato e oltrepassando il confine convenzionale del comparto spaziale stesso. Sempre più spesso, infatti, si sente parlare di Space Economy come quel complesso di attività economiche che hanno un legame diretto con tecnologie e/o risorse strettamente dedicate allo spazio. Lo sviluppo combinato di tecnologie spaziali e terrestri, motivato dal desiderio di rispondere alle esigenze della società contemporanea e alle sfide del nostro tempo, ha consentito una crescente diffusione di prodotti e servizi impiegabili in una molteplicità di applicazioni, coinvolgendo settori disparati tra cui l’agricoltura, l’energia, la logistica, il trasporto, l’industria e le assicurazioni. Le potenzialità di questo settore sono molteplici e, in larga parte, ancora inespresse.

Generalmente l’economia spaziale viene divisa in tre segmenti: upstream, midstream e downstream. Per upstream si intende il business “verso lo spazio”: satelliti, manifattura e costruzione di componenti per satelliti, lanciatori e altri velivoli spaziali. Il midstream, invece, è l’insieme di tutte le infrastrutture funzionali a raggiungerlo: piattaforme di lancio, centri di controllo e così via. Il settore downstream include tutte le applicazioni che vengono sviluppate a terra partendo dai dati raccolti dai dispositivi in orbita: elaborazione dei dati stessi, servizi space-based, di telecomunicazioni, di navigazione e di monitoraggio ambientale, di previsione meteo, a supporto dell’agricoltura di precisione, della prevenzione e gestione delle emergenze, del controllo del traffico aereo e automobilistico sino alla potenziale gestione di una pandemia. È dallo spazio che arrivano i dati per ottenere un posizionamento certo e accurato, tracciare le spedizioni, seguire un treno; sono costellazioni di satelliti come Copernicus che ci raccontano il livello di inquinamento in ogni zona del mondo, i flussi di merci, i movimenti dei ghiacciai, le variabili climatiche, e che svolgono un ruolo sempre più importante nella salvaguardia del pianeta. Ma è vero anche il contrario: è nello spazio che poi tornano tecnologie e innovazioni concepite a terra come stampanti 3D, robotica, innovazioni nei carburanti, microcircuiti e miniaturizzazione. Il comparto spaziale rappresenta un asset indispensabile e un’enorme opportunità di crescita e investimento. Secondo le valutazioni di Morgan Stanley e di Merrill Lynch, a livello mondiale il segmento downstream, costituito dalle applicazioni innovative e dai servizi avanzati porterà questo settore a raggiungere un valore fra i 1.000 e i 2.700 miliardi di dollari entro il 2040. Dal report di PwC Space Practice (il network multinazionale che offre servizi professionali di consulenza legale e fiscale e di revisione bilancio alle imprese nel settore dello spazio) “Main Trends & Challenges in the Space Sector”, emerge che la maggior parte del fatturato (in media più del 70%) riguarda i servizi nel settore downstream e il 30% in media l’upstream. A livello europeo, il settore vale circa 370 miliardi di euro l’anno, che diventeranno più di 500 entro il 2030. L’industria europea oggi dà lavoro a 230 mila persone con un giro d’affari annuo di 2 miliardi di euro.

Il nostro Paese vanta una lunga tradizione nelle attività spaziali. Terza nazione dopo URSS e USA ad avere mandato in orbita un satellite, è tra i membri fondatori dell’Agenzia Spaziale Europea, di cui è oggi terzo Paese contributore, con 589,9 milioni di euro nel 2021, dopo Francia con 1.065,8 milioni e Germania con 968,6. L’Italia è inoltre uno dei nove Paesi dotati di un’agenzia spaziale con un budget di oltre 1 miliardo di dollari all’anno e viaggia tra il 6° e il 7° posto nel mondo per spese spaziali in relazione al PIL, anche grazie al PNRR. Il budget italiano impiegato sullo Spazio, infatti, poteva già contare su circa 1.835 milioni di euro di finanziamenti del piano pluriennale dell’Agenzia Spaziale Italiana e 300 milioni di euro per la quota della partecipazione italiana al programma Artemis con la NASA, rifinanziato nell’ultima legge di bilancio. A questo budget nazionale si aggiungono poi i 2,3 miliardi del PNRR, di cui 1,5 miliardi dalla RRF europea e 800 milioni da fondo complementare. Anche questi ultimi sono stati già integralmente assegnati ai diversi soggetti attuatori. Parliamo quindi di un totale di 4,6 miliardi di investimento italiano nel settore, ricordando che il nostro Paese è fra i pochissimi ad avere l’intera filiera legata allo Spazio: dai razzi vettori alla costruzione di satelliti, dalla ricezione di dati dallo spazio alla loro elaborazione. Abbiamo ottime competenze e capacità tecniche e costruttive che ci piazzano nei primissimi posti in Europa e come partner importanti a livello internazionale, sia per la Stazione Spaziale che per il nuovo, complesso ed eccezionale programma Lunare. Sono ben noti i nomi dei grandi player del campo: Leonardo, Thales Alenia Space, Telespazio, ma sono oltre 200 le Pmi e tantissime le startup, che si formano di continuo e che sono la linfa vitale per lo sviluppo del settore in sincronia con le grandi imprese.

Volendo delineare, dunque, un quadro complessivo, l’economia legata allo spazio è soprattutto rilevante per le sue esternalità positive, sia materiali che immateriali. Nel primo ambito possiamo citare la sua rilevanza per la lotta al cambiamento climatico, la creazione di posti di lavoro di qualità e l’abilitazione di tecnologie ad alta performance che avranno un impatto anche in altri settori (si pensi a nuovi materiali o alle tecnologie mediche). In secondo luogo, da un punto di vista immateriale, il settore spaziale, per via del suo fascino intrinseco, crea un potente incentivo per incuriosire le giovani generazioni allo studio delle materie STEM (Science, Technology, Engineering e Mathematics) e, a valle di mesi difficili per via della pandemia, per costruire speranza e immaginario per il futuro: oggi astronauti come Paolo Nespoli o Samantha Cristoforetti continuano a ispirare e comunicare la loro esperienza. Lo spazio è diventato un abilitatore economico a tutti gli effetti. Siamo passati da una fase iniziale e pionieristica, legata alla spinta tecnologica e alla necessità di approntare soluzioni sempre più performanti, a un nuovo paradigma per rispondere ai bisogni della società e degli utilizzatori a tutti i livelli. Quando si va incontro ai requisiti degli utenti, inevitabilmente si attivano dei processi economici perché si generano nuove applicazioni e attività. I prossimi anni presentano molte opportunità e incognite. Alcuni sostengono che potrebbero svilupparsi intere nuove industrie, come ad esempio il turismo spaziale e la manifattura spaziale, e che il livello di ambizione dell’esplorazione potrebbe raggiungere nuove vette tramite un’ipotetica missione umana su Marte. Non è possibile sapere se queste speranze si avvereranno, ma è plausibile pensare che il processo di fusione tra infrastruttura spaziale, economia di Internet ed economia civile continuerà a proseguire, così come la riduzione dei costi e la democratizzazione delle applicazioni e dell’accesso allo spazio. Quello che è certo è che l’economia e l’esplorazione spaziale continueranno a catalizzare applicazioni determinanti per la vita sulla Terra, così come il pensiero di lungo termine e la speranza nel futuro.

Ultima modifica 24/10/2023