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filiale Padova

Padova e non solo. Il raggio d’azione della filiale del Banco di Desio di via Matteotti, come spiega il suo responsabile Fabio Bettella, si spinge infatti al di fuori della provincia, a est e a sud, cioè verso Venezia e Rovigo. «Anche per questo motivo – dice – lo sviluppo delle attività di private e corporate è in costante sviluppo, per quanto la nostra realtà sia fondamentalmente basata sull’attività di banca commerciale classica. Amministriamo masse per circa 170 milioni di euro, tra raccolta e impieghi». Cambiamenti di cui è consapevole anche la capoarea per il Nord-Est (26.800 clienti con 26 filiali) Elisabetta Sansone, per la quale questo istituto di credito è oggi in grado di combinare i caratteri peculiari di una banca di prossimità (in primis quella che lei definisce “filiera corta” ed il contatto diretto e costante con la clientela) con la fornitura di servizi ad alto contenuto professionale ma al contempo rapidi e puntuali. Ciò grazie anche ai recenti investimenti nel settore tecnologico, tra cui, dice, «il Digital Advance Invoice, una piattaforma digitale che consentirà alle imprese clienti di richiedere ed ottenere anticipi sulle fatture digitalmente, ottimizzando così la gestione della liquidità». Per Sansone in Veneto «c’è carenza di istituti di credito di riferimento del territorio sufficientemente dimensionati e in grado di servire al cento per cento gli imprenditori e le famiglie, e noi di Banco Desio puntiamo a colmare questa lacuna».

Via Matteotti, dove ha sede la filiale patavina, ha un aspetto moderno: passa sopra l’ultimo tratto dell’antico Naviglio Interno, un tempo canale a servizio dei quartieri orientali della città, considerato «malagevole per le sue tortuosità e per insufficienza di fondali», e per questo trasformato, nel secolo scorso, in condotto fognario. Nel XIII secolo, il famigerato Ezzelino da Romano, aveva derivato questo Naviglio dal Tronco Maestro, il principale naviglio derivato dal Bacchiglione, per rafforzare le difese della sua fortezza urbana. Nel ‘700 in cima alla torre sotto la quale si separano i due Navigli venne installata la Specola, osservatorio astronomico ad uso delle facoltà scientifiche dello Studio patavino, una delle università più antiche d’Europa. Con lo sviluppo urbano, le mura del castello erano state a poco a poco smantellate; la nuova rete viaria, frutto delle lottizzazioni nei vari quartieri di Padova, venne integrata da numerosi ponti che passavano al di sopra dei due canali, lungo i quali viaggiavano barche cariche di materiali da costruzione e, in particolare, di legname, che serviva anche per riscaldare e cucinare.

Per fortuna dei padovani il Bacchiglione era – allora – raramente soggetto a piene, portava pochi detriti e scorreva in un alveo posto sotto al “piano di campagna”. Quindi era sufficiente un leggero dislivello per far affluire la giusta quantità d’acqua nel Tronco Maestro. Occorreva poi far defluire l’acqua in eccesso: con l’aumento delle abitazioni cresceva la quantità d’acqua piovana che dai tetti finiva direttamente nel sistema dei canali; a tale scopo venne utilizzato l’alveo del Roncajette, un antico torrente. 

La Conca delle Porte Contarine

Dopo aver percorso il centro storico nell’alveo dei due Navigli in direzione nord, le acque del Bacchiglione si congiungevano nella Conca delle Porte Contarine, dove il dislivello era di circa tre metri. Azionando le chiuse le imbarcazioni potevano accedere al Piovego, un naviglio dall’andamento ovest–est che lambiva Noventa Padovana e confluiva nel Brenta presso Stra, dopo aver percorso una decina di km. Era il collegamento commerciale più vantaggioso tra Padova e la laguna di Venezia. Nel XVI secolo, dopo la triste esperienza dell’attacco asburgico a Padova del 1509, la Serenissima ne protesse l’accesso da nord con un bastione in cui venne integrato il doppio ponte dell’attuale via Giotto. Da qui passa il Piovego dopo aver superato la Conca, alimentata dal Naviglio Interno e dal Tronco Maestro. Per non ostacolare il carico e scarico dele merci, l’imbarco dei passeggeri fu spostato più ad est, al Portello, dove si poteva assistere alla messa prima della partenza, fissata per la mezzanotte. Si viaggiava al fresco e s’era a Venezia in tempo per gli affari. Il salto d’acqua della Conca nel ‘600 alimentava anche un mulino, con quattro ruote e cinque macine. Ciò ridusse ulteriormente lo spazio di manovra, dato che ai due canali interni potevano accedere solo dei barchini, mentre dal Piovego transitavano imbarcazioni di maggior stazza, quindi parte del carico veniva suddiviso. Nel 1723 sull’alzaia della Conca venne realizzata una chiesetta, tuttora esistente, ad uso dei barcaioli. I gestori del mulino, onde difendere meglio i diritti sulle acque della Conca, nel 1729 cedettero l’intero complesso alla famiglia Giustiniani, che seppe far valere il suo peso politico onde evitare che si ponesse ulteriormente mano a quell’opera. Ed in effetti il più importante intervento idraulico realizzato a Padova nella seconda metà del secolo, cioè la valorizzazione monumentale dell’ex area paludosa del Prato della Valle, ebbe quale teatro i quartieri a sud del centro abitato, senza alcun effetto sulla Conca.

Le cose cambiarono durante la breve dominazione napoleonica: nel 1807 le autorità installarono a ridosso dei ponti di via Giotto un’idrovora, cioè una pompa idraulica di nuova concezione, frutto dell’ingegno dal francese Jean de Mannoury, da cui si ricavava un flusso d’acqua destinato al Macello Pubblico, dove l’acqua corrente era il solo modo per limitare la proliferazione delle mosche. Il governo asburgico, subentrato a quello napoleonico, a metà del XIX secolo, ricavava ancora una cifra importante dai dazi sulla navigazione interna a Padova; quindi, stipendiava oltre ai gabellieri un ingegnere idraulico per tenere sotto controllo la Conca.

Il più noto fu Alberto Cavalletto (1813-97). Passato da Mazzini a Cavour, poi dalla Destra Storica a Depretis, ed infine a Crispi, fu deputato in molte legislature, ed anche dopo la nomina a senatore non rinunciò al seggio nel Consiglio Comunale. Nel 1842, quando il governo di Vienna accolse il progetto degli ingegneri Fossombroni e Paleocapa, convinti che per rimediare all’insufficiente capacità ricettiva del Roncajette bisognava deviare dal Bacchiglione, in località Bassanello, un canale Scaricatore, il Cavalletto s’era opposto blandamente: una soluzione più radicale non poteva non coinvolgere anche la “sua” Conca. Quarant’anni dopo Padova fu soggetta ad un’ondata di piena che coinvolse sia l’alveo del Brenta che quello del Bacchiglione: lo Scaricatore s’era rivelato tale più di nome che di fatto; secondo alcuni proprio perché s’era intervenuti solo sul Bacchiglione e non anche a nord, sul Piovego. Dopo il 1882, quindi, apparve chiaro che non era sufficiente l’inalveazione del Bacchiglione da Riviera a Correzzola, come proposto da Cavalletto, ma bisognava accrescere la portata del Tronco Maestro. Ciò, tuttavia, avrebbe comportato il rifacimento dei ponti più antichi. Nel 1893 il Cavalletto sostenne l’iniziativa di Ilario Ercego, un finanziere di Recoaro che aveva acquistato dai Giustiniani il diritto d’utilizzo del salto d’acqua alla Conca ed intendeva installare sull’antico mulino, ricostruito dalle fondamenta, due turbine a vapore.

Pochi anni dopo, perdurando le polemiche tra i barcaioli e quanti sostenevano la definitiva trasformazione del Naviglio Interno in collettore fognario, Ercego decise di passare dalla macinazione alla produzione d’energia elettrica. Nel 1902 la piccola centrale della Conca era in grado d’illuminare il Teatro Garibaldi e ad altri importanti edifici del centro di Padova.

L’impianto funzionò sino al 1947; fu abbattuto nel 1962 e trasformato in parcheggio. Nel frattempo era sorto un nuovo impianto idroelettrico presso il “salto”, ben più significativo (7 metri) della nuova conca di Voltabarozzo, parte del nuovo sistema di canali navigabili posto in atto negli anni ‘20-’30 su progetto dall’ing. Luigi Gasperini, approvato all’indomani del cedimento della Briglia dei Carmini (1919). Grazie al tratto rettilineo detto “di San Gregorio” venne attuato un nuovo collegamento navigabile tra il Bacchiglione e il Piovego; un investimento ingente ma necessario, perché ampliare il Tronco Maestro avrebbe comportato sventramenti lungo il corso del Tronco Maestro.