Nuove strade nella ROMA del Cinquecento

Nel 1502 il re Luigi XII volle far omaggio all’abate Francesco da Paola, il quale dal 1483 era “ospite” (per ordine del papa Sisto IV) della corte francese a Plessis les Tours, sulla Loira, di un convento in Roma per l’ordine dei frati Minimi, da lui fondato a Cosenza nel 1470. Il terreno sul  Pincio, colle panoramico a ridosso dell’abitato, fu ceduto a buon prezzo dalla famiglia Barbaro (Venezia era alleata della Francia). I lavori iniziarono dalla chiesa, che Luigi volle in stile gotico, con rivestimento in pietra, fatto giungere da Narbonne via mare e poi risalendo il Tevere. Negli  anni seguenti le armate francesi subirono in Italia una serie di rovesci; il cantiere per la chiesa dei Minimi, dedicata alla Trinità, riprese sotto Leone X de Medici, cui l’abate calabrese (morto nel 1507) aveva predetto che sarebbe divenuto papa; egli nel 1519 dichiarò Francesco da Paola santo.

L’edificio venne danneggiato dai lanzichenecchi durante il Sacco di Roma del 1526; i lavori ripresero dopo il 1530, ma si protrassero per vari decenni, anche perché s’era dato mano anche alla costruzione del chiostro.

L’area ai piedi del Pincio andava rapidamente popolandosi, sia per l’incremento delle attività portuali lungo il Tevere, sia grazie al ripristino dell’Acqua Vergine, l’acquedotto aperto da Agrippa nel 19 d.C.

Nel 1544 papa Paolo III ordinò di rendere diretto e carreggiabile il collegamento viario tra il fiume e la base del Pincio: via del Clementino, via della Fontanella Borghese e via Condotti (nome delle opere idriche ipogee). Lungo tale asse sorsero (o furono ampliati) alcuni palazzi nobiliari,  tra cui il Caetani-Ruspoli, d’angolo con via del Corso, la principale della città.

Per completare il complesso di Trinità dei Monti bisognò attendere la cosiddetta “Riforma Cattolica” di fine secolo: i papi non avevano dimenticato che nel 1562 gli Ugonotti francesi avevano bruciato il sepolcro del santo taumaturgo, onde eliminarne le reliquie. Ai noti architetti Giacomo  della Porta e Carlo Maderno vennero affidati l’ampliamento della navata (non più gotica) e la facciata, con i caratteristici due campanili.

Nel 1570 il governo pontificio decise di soprassedere al progetto di una fontana al termine di via Condotti: lì l’Acqua Vergine non aveva pressione, per lo scarso dislivello rispetto alle fonti; venne invece realizzato un grande serbatoio (il Bottino, nell’omonimo vicolo) così da favorire  l’insediamento di nuove attività artigianali nella zona di piazza di Spagna.

La scelta fu sostenuta da mons. Bartolomeo Ferratini, proprietario di alcuni caseggiati nella zona, specie in via Frattina (contrazione di Ferratina). La famiglia, potente ad Amelia, aveva dato alla Chiesa prelati e funzionari; Bartolomeo, dottore in legge, era stata favorito dallo zio Baldo, nominato da Pio V nel 1567 governatore di Roma.

Sant’Andrea passa ai Minimi

L’incremento della popolazione nel rione di Campo Marzio aveva indotto Gregorio XIII a elevare nel 1584 al rango di parrocchia una vecchia chiesa che, in quanto concessa nel medioevo agli scozzesi, aveva assunto il nome del protettore di quella nazione, sant’Andrea. Per distinguerla da altre dedicate al santo pescatore, era detta “alle Fratte” (si noti l’analogia con la vicina via Frattina). In occasione del giubileo del 1575 il papa aveva aperto la via Gregoriana, un collegamento viario diretto tra Trinità dei Monti e via Capo le Case, eliminando la scomoda scalinata costruita solo pochi anni prima dall’architetto Domenico Fontana.

Con Sisto V, pontefice dal 1585, venne dato un impulso decisivo alla conclusione dei lavori alla chiesa della Trinità. Il convento e il chiostro sul Pincio, in funzione già dal 1570, andavano caratterizzandosi quale importante polo culturale e scientifico, grazie soprattutto alla costante  attenzione della Francia; ciò peraltro andava a discapito di altre attività in campo devozionale e pastorale più tipiche del ministero dei Minimi.

Il papa volle realizzare una nuova strada di collegamento tra il Pincio e gli altri quartieri della città. Operando in aree ancora in gran parte libere da edifici, il Fontana realizzò le attuali vie Sistina (con minor pendenza rispetto alla Gregoriana) e Quattro Fontane (cui faceva capo dal  1587 un nuovo acquedotto, l’Acqua Felice. Inoltre rettificò il percorso sino a S. Maria Maggiore, sull’Esquilino. Furono necessarie notevoli opere di sbancamento, per le quali furono utilizzati anche i forzati, tuttavia quasi tutti i nobili proprietari dei terreni aderirono con entusiasmo al progetto.

Sisto V decise di affidare la chiesa alle Fratte ai Minimi di S. Francesco, nella speranza che essi fossero in grado di ottenere da qualche benefattore le risorse per il restauro dell’edificio. Ormai i due conventi erano ben collegati, e i frati realizzarono nella cripta di Sant’Andrea, destinata anche a chiesa sepolcrale, un putridarium, cioè un locale adibito alla scarnificazione delle ossa dei defunti, prima della loro inumazione definitiva.

Negli anni di Sisto V il Ferratini ottenne ruoli di prestigio: fu lui a benedire la croce posta sull’obelisco di piazza San Pietro, eretto non senza difficoltà dal Fontana nel 1586. Il prelato fece pavimentare via Frattina, cui faceva capo il palazzo di famiglia, collocato all’incrocio tra le attuali  vie Due Macelli e di Propaganda.

I danni dell’esondazione del Tevere del 1598 aggravarono l’esposizione debitoria dei Ferratini: Bartolomeo da tempo si era assunto l’onere di mantenere i quattro figli del fratello Giovanni, degli autentici scialacquatori. Il vecchio funzionario morì nel 1606, pochi giorni dopo l’agognata  nomina a cardinale. Il palazzo, su cui gravavano molte ipoteche, finì col diventare - quasi due decenni più tardi - la sede di una nuova istituzione ecclesiastica sostenuta prima da Gregorio XV e poi da Urbano VIII, il Collegio di Propaganda Fide, destinato alla preparazione teologica  dei missionari.

Urbano VIII Barberini riprese il progetto di una fontana in fondo a via Condotti: Piero Bernini, il quale aveva ampliato l’acquedotto, e il figlio Gian Lorenzo, realizzarono la Barcaccia, punto focale della piazza di Spagna. I lavori di ampliamento dell’ex palazzo Ferratini vennero affidati nel 1639 a un discepolo del Maderno, Gaspare De Vecchi, il quale aprì anche diverse botteghe sul lato Due Macelli, i cui affitti consentirono al Collegio di compensare le spese di costruzione della cappella dei Magi, affidata al giovane Bernini. Fu molto attivo nel quartiere anche l’architetto di fiducia di Innocenzo X, Francesco Borromini. In Sant’Andrea alle Fratte Borromini, abituato a lavorare in spazi ristretti e con un budget limitato, non si occupò del grande chiostro rettangolare (32 arcate rette da 28 colonne e 4 pilastri angolari di travertino) ma realizzò, magistralmente, l’abside ellittico, la cupola (le cui lesene esterne riprendono lo schema della croce di S. Andrea) e il piccolo campanile barocco. Quei lavori gli furono pagati dal marchese Ottavio del Bufalo, il cui palazzo sorgeva nelle vicinanze. S. Andrea ospita, dal 1729, due dei grandi angeli realizzati da Bernini per il ponte d’accesso al Castel S. Angelo.

Borromini inoltre lavorò a lungo e senza compenso, sino alla morte (1667) alla sistemazione del Collegio sul lato di via di Propaganda.

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Ultima modifica 14/02/2019