Vicini al cliente. Ieri, oggi e domani. L’agenda del Desio nelle parole dell’ A.D. Alessandro Decio
Dottor Decio, nell’ottica del Piano Industriale del Gruppo 2024-2026, lei aveva indicato tra i vari obiettivi quello di diventare la migliore tra le banche di prossimità. Vuole farci il punto della situazione ad oggi?
È passato quasi un anno dal lancio del Piano. Come siamo messi? Farei due considerazioni. Fino a un po’ di tempo fa l’idea della banca di prossimità era quasi un’eresia. Ora tutti, anche le grandi banche, fanno marcia indietro. Il trend di mercato va in questa direzione: è premiante essere accanto al cliente sotto tutti gli aspetti. Poi direi che per primeggiare in questo contesto ci vuole anche molta umiltà. Un conto è dirlo e un altro farlo. Comunque per quel che ci riguarda, le risposte che arrivano da dentro e da fuori sono incoraggianti.
Tema sportelli. La tendenza generale è tagliare, tagliare, tagliare. Voi per certi versi, negli ultimi tempi, siete andati controcorrente. Ma come coniugare la presenza sul territorio, indispensabile per una banca generalista che guarda alle pmi e allo small business, con l’inarrestabile trend di servizi sempre più virtuali?
Per poter essere una banca generalista a tutti gli effetti è indispensabile avere una rete fisica strutturata, da qui non si scappa. Rete all’interno della quale ci deve essere soprattutto molta competenza e motivazione. Più che un problema di quantità di sportelli, il fattore essenziale è la qualità di chi opera day by day ed è su questo che noi puntiamo a fare la differenza, sulle nostre persone in rete, colleghi eccezionali che hanno veramente a cuore il cliente. Detto ciò, digitalizzazione e presenza sul territorio possono e devono andare di pari passo. L’interazione banca-cliente corre lungo questi due binari, che sono entrambi importanti.
A parte l’espansione in Liguria e Sardegna per via dell’acquisizione di attività ex-Carige ed ex-Banca Popolare di Puglia e Basilicata, anche il Centro Italia è nel vostro mirino. Come andrà a finire secondo lei la vicenda della Cassa di Risparmio di Orvieto?
Sulla Cassa di Risparmio di Orvieto ribadisco il nostro interesse. Del resto l’Umbria è un territorio che conosciamo molto bene e nel quale, come brand, non siamo dei novizi. La storia degli ultimi anni ci rende quindi un candidato molto serio per intraprendere questa operazione, nella quale ci sono in ballo 41 sportelli e 80mila clienti con un modello di business totalmente assimilabile a quello del Desio. Stimo in due o tre mesi il tempo necessario affinché la situazione raggiunga la sua definizione.
Vi state muovendo in forze anche sul fronte della distribuzione assicurativa. Ci vuole illustrare, a tal proposito, le prossime mosse del Desio?
Qui il nostro obiettivo è individuare il futuro partner per quel che concerne il settore vita. Abbiamo un contratto di collaborazione stipulato con Helvetia fino al 2027, ma vogliamo muoverci in anticipo per individuare le migliori opportunità da offrire alla nostra clientela. Il che non vuol dire che non siamo contenti dell’attuale partnership che, oltretutto, non è escluso possa essere prolungata. Ma dopo un certo numero di anni riteniamo fosse giusto guardarsi attorno. Mi lasci dire che, al di là di tutto, quel che mi ha fatto piacere è vedere come tanti altri operatori di prim’ordine abbiano avanzato la loro candidatura. Nei primi mesi del 2025 dovremmo chiudere la pratica.
Avete da poco aderito ai Principles for Responsible Investment delle Nazioni Unite, una rete internazionale di investitori che intendono implementare i criteri Esg nella loro attività. Più in generale, quanto e come conta per voi il tema della sostenibilità?
Per una banca con la nostra storia e delle nostre dimensioni è una questione non nuova ma comunque fondamentale, perché la nostra è un’ottica non di mesi o anni ma di decenni. Prendiamo la transizione ambientale, che della sostenibilità è un po’ il fulcro. L’obiettivo è al cento per cento condivisibile. Lo provano anche le due giornate con gli stakeholder che abbiamo organizzato a Desio e a Spoleto per capire anche da loro quali siano le esigenze più sentite in tema di sostenibilità.
L’intelligenza artificiale e le nuove tecnologie sono sulla bocca di tutti [se ne parla altrove anche in questo numero de La Banconota]. Il Banco Desio come si inquadra?
L’intelligenza artificiale è un fenomeno molto rilevante cui guardiamo con grandissima attenzione. Il settore finanziario, come quelli della sanità e dell’industria, è quello maggiormente interessato a questo cambio di paradigma. Gli sviluppi della tecnologia, ritengo, sono di carattere evolutivo più che rivoluzionario, quindi non vanno a sconvolgere i modelli di business già esistenti. Lo considero uno strumento che di sicuro aiuterà le persone a fare meglio il loro lavoro e in nessun modo qualcosa che possa sostituire in toto l’uomo. E questo vale a maggior ragione per il Desio, la cui specificità e competitività si basa proprio sul rapporto interpersonale, dentro e fuori la banca. Uno dei motivi per cui abbiamo livelli di customer satisfaction elevatissimi è semplicemente perché nelle nostre filiali quando il cliente chiama trova sempre qualcuno che risponde al telefono e risolve il problema. Certo, l’AI offre grosse possibilità di semplificare step che fino ad ora richiedevano molto tempo: penso ad esempio alle attività di controllo e a quelle di preparazione all’incontro con i clienti. Sono dell’opinione che avrà un impatto molto rilevante sulla nostra operatività, che quantificherei nell’ordine del 20% in un orizzonte temporale di due-tre anni.
I sacrifici richiesti alle banche hanno suscitato - a destra, al centro e a sinistra dello spettro politico - fiumi di polemiche. Tanto rumore per nulla?
Personalmente mi limito a sottolineare che stavolta il sistema bancario è stato coinvolto nel processo decisionale relativo alla manovra finanziaria. Il supporto alle finanze pubbliche in un momento di particolare tensione rientra del resto nel ruolo istituzionale giocato dagli istituti di credito. Nulla da dire, anche se andrebbero altresì sottolineati i costi patrimoniali impliciti, che vanno ad aggiungersi a una tassazione più alta rispetto ad altri settori e a una onerosa rivoluzione permanente delle regolamentazioni. Oggi al sistema bancario viene chiesto molto perché si guarda agli ultimi tre anni. Andiamo a vedere i precedenti quindici e poi ne riparliamo.