Brusuglio e la famiglia Imbonati

La cittadina dell’hinterland milanese di Brusuglio, frazione del Comune di Cormano, da tempo si impegna a valorizzare la memoria storica del parco e della villa che ebbero quali proprietari Giulia Beccaria e il figlio Alessandro Manzoni, e che sono testimoni di una lunga storia.

La ripresa demografica del Milanese dopo la peste del 1630, resa celebre dal Manzoni, fu piuttosto rapida. Furono numerosi i cittadini comaschi che fecero fortuna inserendosi nei ranghi del patriziato e dell’amministrazione pubblica. Il capoluogo del Lario era sia punto d’approdo e d’interscambio per le merci che traversavano le valli alpine da e per i porti liguri, sia un polo produttivo del settore tessile, alla cui base c’erano mercanti-banchieri spesso legati da vincoli di parentela. A tale contesto sociale apparteneva il comasco Carl’Antonio Imbonati (1604-1682), che nel 1649 si unì in tardive nozze a Giulia Odescalchi, figlia di Plinio, dei marchesi di Fino Mornasco, e della nobile comasca Livia Turconi. Il matrimonio diede i frutti economici attesi: dal 1650 la città di Como vendette a Carl’Antonio la facoltà di controllare l’applicazione dei dazi sui vini introdotti nei confini della città. L’Imbonati in pochi anni divenne abbastanza ricco da costruire una villa a Cavallasca, minuscolo comune oggi inglobato in quello di S. Fermo (CO), e da ricostruire in breve tempo il suo palazzo milanese dopo un incendio nel 1658. L’acquisizione di circa mille pertiche milanesi a Brusuglio s’inseriva nella volontà, molto comune all’epoca, di ottenere un titolo nobiliare. 

L’incertezza politica provocata dalla lunga guerra di successione al trono di Spagna rese però più complesso l’iter per l’acquisizione del titolo. Nell’ambito della “consorteria” patrizia che nel ‘600 aveva fatto capo al presidente del Senato di Milano Bartolomeo Arese, cui s’erano legati anche gli Odescalchi (Giovanna, nata nel 1651 e morta di parto nel 1679, aveva sposato nel 1677 il conte Carlo Borromeo Arese), alcuni auspicavano per la successione a Carlo II di Spagna nella titolarità del Ducato di Milano il francese Filippo di Borbone, altri l’austriaco Carlo d’Asburgo. 

Il Borromeo era il leader del partito vincente, quello austriaco; ciò nondimeno nel 1707 dovette accettare che il primogenito, Giovanni Benedetto, sposasse la bella patrizia genovese Clelia del Grillo (1684-1777), notoriamente filo-borbonica. 

Carlo Borromeo nel 1710 andò a Napoli, come Vicerè; si allentò così il suo controllo sul Senato, dove riuscirono a entrare uomini “nuovi”, tra cui l’anziano giureconsulto comasco Giorgio Giulini, sodale degli Imbonati, da cui probabilmente aveva ottenuto parte delle risorse necessarie ad acquisire nelle piccole comunità di Vialba e Villapizzone i terreni sufficienti a giustificare la concessione, da parte della Camera Ducale, del titolo di “conte”, dietro l’esborso d’una somma concordata in rapporto all’entità media del gettito delle tasse raccolte in loco.

Nel 1717 analoga procedura venne posta in atto con successo da Giovanni Imbonati; onde evitare che la nuova contea ledesse i diritti acquisiti da altri nobili, la Camera dovette accorpare terreni che si trovavano nel territorio di ben quattro comunità: Cassina Amata, Cassina Nuova e Dergano con Derganino. Spesso i neo-feudatari, per ragioni di prestigio e di controllo del territorio, investivano nell’abbellimento di palazzi o ville situate nei paesi loro assegnati. Fu questo il caso di Cassina Amata, i cui terreni rimasero più a lungo agli Imbonati. Tuttavia Giuseppe era ormai anziano, e aveva visto la morte del nipote Carlo e di alcuni dei propri figli; i suoi interessi rimanevano saldamente legati a Milano e all’amata villa di Cavallasca.

A Brusuglio s’era limitato ad ampliare un edificio rettangolare, assegnato al fattore e ai famigli.

L’unico figlio maschio a raggiungere l’età adulta, Giuseppe Maria (1688-1768), aveva un carattere docile, ma facilmente condizionabile. Nel 1721, conclusi gli studi di legge, era stato ammesso al Patriziato di Milano e aveva ottenuto qualche incarico pubblico, ma sostanzialmente a titolo onorifico. Dal 1727, alla morte del padre, aveva ereditato il titolo e un patrimonio ancora ragguardevole, e i suoi interessi spaziavano dai viaggi ai divertimenti alla musica. La forte personalità di Clelia del Grillo, anima dei più vivaci salotti politico-culturali della città, lo indusse nel 1743 a rifondare, a proprie spese, l’Accademia dei Trasformati, libero sodalizio tra studiosi di scienza e di letteratura da cui passarono alcuni tra i più noti esponenti dell’Illuminismo lombardo. La vera musa ispiratrice dei Trasformati era una giovane trevigliese, Tullia Francesca Bicetti de Buttinoni, trasferitasi a Milano nel 1740. Il matrimonio tra Giuseppe Maria Imbonati e la poetessa Tullia fu celebrato nel 1745; la coppia ebbe quattro figlie femmine prima dell’agognato erede maschio, Carlo (1753-1805), per il quale il conte scelse come precettore, dal 1764, l’abate Giuseppe Parini, uno dei più noti e assidui tra i Trasformati. 

Nel luglio 1768 il conte Imbonati morì dopo una breve malattia. Con la morte del conte, si sciolse l’Accademia dei Trasformati; la vedova si chiuse nel suo dolore e la gestione del patrimonio immobiliare passò di fatto alla giovane figlia Marianna, nata nel 1749 e sposata al nobile milanese Francesco Carcano.

Di fatto ma non di diritto, dato che il testamento affidava il grosso del patrimonio al quindicenne Carlo, che tuttavia avrebbe potuto disporne pienamente solo al raggiungimento della maggiore età. 

Carlo ben presto adottò uno stile di vita brillante e una notevole propensione al gioco d’azzardo; secondo alcune fonti, poco dopo una visita alla corte imperiale (1776) contrasse la sifilide, malattia che seppe curare abbastanza efficacemente, ma che dovette avere un certo peso nel ritardare eventuali accordi matrimoniali. 

In età adulta sembrò interessarsi alla gestione dei fondi agricoli di Cassina Amata e Brusuglio, ma forse solo al fine d’aumentare la redditività dei fondi prima di venderli, onde finanziare il gioco e i viaggi.

Fu nel salotto di Marianna che nel 1789 Carlo conobbe Giulia Beccaria Manzoni, già madre del piccolo Alessandro (probabile frutto d’un rapporto con Giovanni Verri) e moglie separata del conte Piero Manzoni di Lecco. 

Tra i due si manifestò presto una forte attrazione.

Giulia, che dopo anni di contrasti legali con il padre Cesare, dopo la morte di lui era riuscita finalmente ad ottenere nel 1794 una rendita che la rendeva più indipendente rispetto ai Manzoni, convinse Carlo dell’opportunità di trasferirsi a Parigi, dove ormai s’era esaurito il Terrore giacobino. Poco prima della partenza, nell’ottobre 1795, Carlo depositò un testamento in cui nominava Giulia sua erede universale; i due si stabilirono nella capitale francese inserendosi in alcuni dei più noti circoli scientifico-intellettuali moderati dell’epoca.

Nel 1796 si costituì la Repubblica Cisalpina, e i nuovi padroni in molti casi fecero carta straccia di fidecommessi e rendite; per poter mantenere il proprio train de vie, Carlo si decise a porre in vendita la tenuta e la villa di Cavallasca. Non era un buon periodo: fu solo nel dicembre 1801 che il conte poté ricavare 152 mila lire: piuttosto poco, anche se è probabile che nell’atto fosse indicata una somma più bassa del reale, per ragioni fiscali. Il “pezzo forte”, cioè il palazzo milanese, venne venduto da Carlo alla famiglia d’imprenditori tessili ginevrini Blondel agli inizi del 1805, poche settimane prima della morte.

Giulia Beccaria ne fece imbalsamare il corpo e l’anno seguente, quando giunse a Brusuglio insieme ad Alessandro, lo fece riporre in un tempietto appositamente realizzato nel giardino. Poi, in seguito anche alla “conversione” del 1810, il corpo venne seppellito presso il vecchio cimitero di Brusuglio. 

Esso andò disperso probabilmente dopo la costruzione della nuova chiesa, su fondi donati dal Manzoni, ch’ebbe sempre cara la proprietà in riva al Seveso, dove dal 1811 fece realizzare il corpo di fabbrica centrale che, unendo i due precedenti, dà alla villa il definitivo schema “a U” molto utilizzato nelle ville di delizia briantee.

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Ultima modifica 06/03/2017