Tolentino, una storia italiana

Se si dovesse scegliere una cittadina rappresentativa per la geografia e la storia italiana, Tolentino sarebbe una candidata ideale.

Paesaggisticamente è incorniciata da quella fascia collinare marchigiana che incanta i turisti, sospesa com’è tra la riviera adriatica e il crinale appenninico.

Anche se il recentissimo collegamento della superstrada lascia oggi scorrere velocemente la distanza tra la Flaminia e l’autostrada Milano-Bari, l’abitato affacciato sul fiume Chienti appare compatto sulla sponda opposta rispetto alla direttrice viaria. Il poggio sembra creato per ospitare un insediamento e lo conferma il fatto che fin dalle remote epoche della preistoria fu luogo prescelto dalle popolazioni succedutesi nella vallata. Risale al Paleolitico la pietra con la figura di donna nuda dalla testa di lupo conservata al Museo di Ancona ma ritrovata in una cava a oriente di Tolentino nel 1884. È invece databile al Neolitico la necropoli, esempio della “civiltà picena” che proprio in Tolentino avrebbe avuto uno dei più floridi centri.

Per i romani fu colonia prima e municipio poi. Quasi ogni rudere dell’epoca è andato perduto per l’utilizzo del materiale lapideo in costruzioni successive. Al sovrapporsi di nuovi edifici è stata risparmiata la costruzione termale sotto il Palazzo Comunale. Dall’epoca ci arriva il raffinato sarcofago di Flavio Giulio Catervio, prefetto del pretorio, ritiratosi a Tolentino verso la fine del IV secolo. Secondo la tradizione, a lui si deve la conversione al cristianesimo dei tolentinati, che lo proclamarono loro protettore con il nome di San Catervo.

Per celebrarlo degnamente, sul suo sepolcro fu costruita una chiesa, già riportata negli atti del VI secolo. Con le invasioni barbariche, a Tolentino fu risparmiato l’abbandono che toccò invece gli altri insediamenti della vallata del Chienti. Sia pure con una popolazione più esigua e un assetto sociale diverso, il sepolcro di Catervo, nel frattempo divenuto luogo di

culto curato da monaci, trovò il dovuto rispetto anche da parte degli invasori.

In epoca comunale, i tolentinati si espansero sul territorio circostante annettendo borghi e castelli vicini.

Persuasero anche i nobili e i proprietari a stabilirsi nel centro abitato creando i presupposti per lo sviluppo urbanistico con costruzioni notevoli per dimensioni e stile. Negli edifici privati e pubblici, nelle chiese, nel ponte sul Chienti e nei primi tratti delle mura castellane, possiamo riconoscere gli albori della città che conosciamo oggi.

Tolentino porta il segno sul territorio di due ordini religiosi “mendicanti”, i Francescani e gli Agostiniani. Il nome della città è legato anche al passaggio di due santi a cavallo del 1300: il francescano Tommaso da Tolentino e l’agostiniano Nicola, nativo di Sant’Angelo in Pontano. Mentre Tommaso espresse la propria vocazione nelle missioni e morì martire in India, Nicola si trasferì a Tolentino e aprì un convento per rispondere ai bisogni del popolo.

Il Santuario di S. Nicola fu invito alla sosta per i personaggi illustri sulla via tra l’Adriatico e Roma. Papi e regnanti vi soggiornarono contribuendo a diffondere la fama del complesso e della città che tutt’ora lo ospita.

Camminando tra le viuzze del borgo, la facciata del tempio è una sorpresa che coglie impreparato chi non si aspetta una presenza così maestosa in una piazza tanto piccola. Impressiona perfino oggi che è momentaneamente protetta da un’impalcatura per i controlli seguiti al sisma dell’ottobre 2016.

Tolentino ospita anche una seconda abbazia. Seconda non perché meno importante, ma perché esterna all’insediamento urbano. Nella fascia pianeggiante del territorio municipale, Chiaravalle di Fiastra fu fondata nel 1142 quando Guarnerio II, duca di Spoleto e marchese di Ancona, donò un grande appezzamento di terra ai Monaci Cistercensi dell’Abbazia di Chiaravalle di Milano.

I religiosi arrivati dalla Lombardia si dedicarono alla bonifica dei terreni acquitrinosi e alla costruzione del monastero. Per le opere murarie attinsero anche al materiale delle rovine della vicina città romana di Urbs Salvia, distrutta da Alarico nel V secolo. La Chiesa ricalca le austere forme cistercensi, così come l’attiguo monastero. Se il complesso di San Nicola non smise mai di essere frequentato e mantenuto, grazie alla sua collocazione nelle mura urbane, Fiastra conobbe invece alterne vicende con periodi di abbandono.

Grazie ai cistercensi fu florida per tre secoli dalla sua nascita e favorì lo sviluppo religioso, economico e sociale in tutta l’area circostante. Con il saccheggio di Braccio da Montone nel 1422 iniziò il declino. Il definitivo passaggio di proprietà alla famiglia nobile Bandini nel 1773 e, per volontà dell’ultimo erede, all’attuale Fondazione Giustiniani Bandini, segnò il recupero del complesso. Su invito della Fondazione, nel marzo 1985 i Monaci Cistercensi sono ritornati a vivere nell’Abbazia di Chiaravalle di Fiastra. Oggi la loro presenza ha ridato vita all’antico monastero riportandolo a essere punto di riferimento spirituale.

Con l’attigua riserva naturale, costituisce anche una delle principale attrazioni turistiche della zona, degno richiamo della Tolentino che incanta.

Rubrica: 
Autore: 
Ultima modifica 06/03/2017