Dormire da PELLEGRINI

Esempi di ospitalità inconsueta e affascinante lungo il corso della Via Francigena

Attraversare una buona parte dell’Italia dal confine con la Svizzera fino a Roma, seguendo il millenario tracciato della Via Francigena, significa innanzitutto scoprire una molteplicità di ambienti, paesaggi e suggestioni che compongono la storia del nostro Paese. Se poi il viaggio viene svolto rispettando l’originaria identità di questo percorso - che nasce come cammino di pellegrinaggio - seguendo quindi le tradizionali modalità dei pellegrini, l’esperienza si arricchisce in misura inaspettata di valori e di incontri.

Un cammino di pellegrinaggio (che non necessariamente implica una motivazione religiosa, ma che anzi viene effettuato sempre più spesso in una forma laica) prevede infatti che il percorso - lungo o breve che sia - venga svolto a piedi oppure in bicicletta: forme di viaggio “lento” e “leggero” così profondamente differenti dalle normali modalità della nostra vita quotidiana da risultare in qualche modo sorprendenti. Anche per quanto riguarda i pernottamenti, lo stile del pellegrino prevede l’utilizzo degli “ostelli” presenti lungo il percorso: una regola che, ovviamente, non è affatto obbligatoria, ma che in qualche modo è coerente con l’intera esperienza; e che, soprattutto in certi casi, può regalare la scoperta di veri e propri gioielli straordinari.

Il primo di questi esempi si trova ancora in territorio svizzero, seppure per pochi metri: lo storico “Ospitale” che sorge sul Passo del Gran San Bernardo, a 2473 metri di quota, è infatti posto al di là della frontiera, nel punto in cui la Via Francigena, proveniente da Canterbury, dopo aver attraversato Inghilterra, Francia e Svizzera fa il suo ingresso in Italia. Già il passo alpino, di per sé, merita sicuramente una visita: sia per le bellezze naturali delle cime circostanti e del laghetto glaciale posto proprio sul valico, sia per la straordinaria storia che caratterizza questo luogo (con insediamenti preistorici e una strada di epoca romana), nonostante il clima estremo che lo caratterizza. A causa della sua posizione, il valico è infatti esposto a venti quasi incessanti e a una temperatura che oscilla tra un minimo di -30°C e un massimo di +19°C. La caduta di neve annuale raggiunge, e a volte supera, i venti metri. Proprio per assistere i viandanti che affrontavano la traversata di questi luoghi impervi, circa mille anni fa l’arcidiacono d’Aosta Bernard de Menthon ordinò la costruzione di un rifugio per i viaggiatori e i pellegrini esposti ai banditi e al freddo. Nacque così una piccola comunità religiosa fondata sul principio dell’ospitalità, che ancora oggi prosegue la sua missione. Nonostante il passo sia chiuso da metà ottobre a metà giugno, il grande edificio dell’Ospitale è aperto tutto l’anno per accogliere anche chi si avventura con sci o racchette da neve (non a caso è considerato il luogo abitato in permanenza più alto d’Europa). Passare la notte tra queste mura antichissime è sicuramente un’esperienza memorabile, che permette di vivere in prima persona un’atmosfera emozionante e carica di memorie e suggestioni, in cui i ritmi sono ancora scanditi dai tempi delle preghiere e dove ci si sente quasi assediati dalle forze della natura. Con il vantaggio del fatto che, oggigiorno, è possibile scegliere il grado di semplicità della sistemazione a seconda dei propri gusti e abitudini: dal semplice dormitorio comune fino all’adiacente albergo, collegato all’Ospitale da un passaggio coperto, che offre accoglienti camere con bagno privato, in un hotel di buon livello.

Altro ostello, altre atmosfere: sul secondo punto più elevato del percorso della Via Francigena, il Passo della Cisa, tra Emilia e Toscana a 1041 metri di quota, i moderni pellegrini sono accolti nei grandi saloni di una delle molte ex Case Cantoniere presenti lungo la strada, ristrutturata e allestita per soddisfare le esigenze di questa particolare forma di turismo. Una sistemazione senza dubbio inconsueta a abbastanza spartana (si dorme in camere a più letti, con il bagno condiviso), ma estremamente pulita e accogliente, che offre un’esperienza per la quale vale la pena di affrontare qualche piccolo disagio. Il fascino della vecchia costruzione, la posizione panoramica e isolata immersa nel verde dei boschi dell’Appennino, la cordialità del gestore, l’atmosfera conviviale da rifugio di montagna in cui si cena tutti insieme, su grandi tavoloni di legno, facendo conoscenza con persone di ogni tipo provenienti un po’ da tutto il mondo: arrivare qui dopo una lunga camminata o una pedalata in salita significa trovarsi d’improvviso in un luogo “diverso” e molto lontano da quelli a cui si è abituati, anche se a separare dalla normalità sono solo qualche decina di chilometri.

Continuando la discesa verso sud, in direzione Roma, si arriva a Gambassi Terme, sede di uno dei più spettacolari ostelli dell’intero percorso. L’Ostello Sigerico (che prende il nome dall’Arcivescovo di Canterbury considerato il “padre” della Via Francigena, che per primo elencò e descrisse in un diario tutte le tappe del percorso) si trova infatti all’interno della magnifica pieve romanica di Santa Maria Assunta a Chianni, in cui lo stesso Sigerico soggiornò nella ventesima tappa del suo viaggio. L’edificio storico adiacente alla chiesa è stato completamente ristrutturato, nel rispetto delle strutture originarie, e mette ora a disposizione una serie di camere di diverso tipo: da stanze comuni a sei letti fino a camere doppie con bagno privato, affacciate sui panorami “da cartolina” della campagna toscana, che non hanno nulla da invidiare a quelle di un buon hotel. Con la differenza, anche in questo caso, di trovarsi all’interno di mura millenarie e calati in un’atmosfera fuori dal tempo: si cammina su pavimenti di cotto consumati dai secoli; ci si rilassa nel piccolo cortile accanto alla vecchia pompa dell’acqua; si cena e si fa colazione nei locali dell’antico refettorio. E, se la chiesa è aperta o se i gestori dell’ostello hanno il tempo di accompagnare a una visita, si ha anche la possibilità di ammirare l’austero interno della grande struttura, in cui le navate sono suddivise da due ordini di colonne tutte diverse tra loro, per dimensioni, materiali e, soprattutto, per una serie di fantastici capitelli scolpiti con motivi vegetali o antropomorfi: un vero gioiello di arte romanica, perfettamente conservato e fuori dai più consueti circuiti turistici.

Infine, un suggerimento molto particolare per chi si trova a percorrere il tratto di Via Francigena lungo la Val d’Orcia, che testimonia il crescente interesse che si va diffondendo nei confronti di questo cammino e di coloro che lo percorrono: in questo caso non si tratta, infatti, di un ostello “ufficiale”, bensì di una formula ideata da un hotel di altissimo livello. La Dimora Buonriposo, nei pressi di Pienza, è una splendida Country House immersa nella campagna: una tenuta dai grandi spazi, con una scenografica piscina e ampie camere arredate con grande gusto. Questa struttura, rivolta a un turismo “di fascia elevata”, ha però voluto recuperare la secolare tradizione di accoglienza ai viandanti, allestendo al proprio interno anche una camera con 6 posti letto il cui accesso è riservato ai pellegrini muniti di “credenziale” (una sorta di passaporto che attesta lo status di pellegrino, e che deve essere richiesta prima dell’inizio del viaggio); e come negli ostelli più antichi, in questo caso il pagamento è “a donativo”, cioè a offerta libera. I motivi di questa inconsueta proposta sono spiegati chiaramente dagli stessi proprietari: “Nel medioevo il pellegrino veniva spesso ospitato nelle case private perché, secondo il Vangelo, aprendogli le porte si accoglieva il Cristo. Inoltre il viaggiatore che arrivava da lontano portava con sé le notizie, i racconti, la conoscenza, la cultura del suo paese e dei luoghi attraversati. Il forestiero era visto come una risorsa, non solo economica ma anche culturale, un ruolo che oggi purtroppo è in gran parte andato perduto e che al Buonriposo possiamo recuperare”.

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Ultima modifica 14/02/2019