FANO e i suoi palazzi

Fano e i suoi palazzi

La storia della città di Fano affonda le sue radici in secoli lontani: già insediamento di popolazioni locali (i Piceni), divenne in seguito un importante centro romano, conosciuto come Fanum Fortunae: nome che rimanda al "Tempio della Fortuna", probabilmente eretto a testimonianza della battaglia del Metauro svoltasi nell’anno 207 a.C..
Nonostante le lunghe e complesse vicende storiche che hanno coinvolto la città nel corso dei millenni, il centro storico di Fano ricalca ancora oggi l’antico impianto urbanistico romano di Fanum Fortunae, con le vie principali del cardo e del decumano e gli assi ortogonali che man mano si sviluppavano tutt’intorno. Affacciati sulle vie, molti palazzi storici - tuttora vivaci centri di attività - testimoniano il susseguirsi di epoche diverse della vita della città, raccontando storie e vicende di un passato ricco di eventi.
Un primo esempio è quello costituito dalle Case-Torri di origine medievale disseminate per il centro storico di Fano: strutture uniche nel loro genere e dall’architettura sorprendente. Si tratta di un tipo di costruzione fortificata all'interno della cinta muraria sviluppatosi durante il periodo del basso medioevo, quando la città, tornata a ripopolarsi dopo le distruzioni barbariche, restava comunque pericolosa e piena di insidie. Questi edifici venivano normalmente usati come abitazioni ma potevano anche, all’occorrenza, diventare strutture difensive e militari: erano infatti costruite in modo che, durante un attacco, il piano terra si isolasse creando così una parte, quella in alto, più sicura; la sommità poteva inoltre trasformarsi in un osservatorio verso il mare e l’entroterra. Solitamente le Case-Torri erano realizzate con grossi conci di pietra arenaria a forma di parallelepipedo, disposti in modo che i tagli orizzontali formassero una linea continua, mentre i tagli verticali delle linee sfalsate. Molti di queste particolarissime costruzioni sono andate perdute nel corso dei secoli, perché distrutte o perché inglobate in altre costruzioni; ne restano, però, cinque esempi ancora ben riconoscibili nella loro struttura originaria, distribuiti all’interno del centro storico della città. Due di esse si trovano lungo via Arco d’Augusto (l’antico decumano massimo della Fano Romana), una in un palazzo affacciato su Piazza Clemente VIII e l’altra nella parte posteriore del cinquecentesco Palazzo Martinozzi. Altri tre esempi, invece, sono osservabili lungo via Nolfi: particolarmente interessante è la casa-torre di Sant’Elena, l’unica che si presenta libera su tutti e quattro i lati. A pianta quadrata, è costruita con blocchetti di arenaria a cui si sono aggiunti elementi in cotto nelle ristrutturazioni successive; l’ultimo livello è dotato di aperture ad archivolto su ogni lato e tetto a padiglione. Venne poi trasformata in torre campanaria della medioevale chiesa di S. Croce; la chiesa venne distrutta dai bombardamenti del 1944, mentre la torre venne in seguito sottoposta a un interventodi recupero. Meno riconoscibile è invece la casa-torre che sorge a fianco del portale della scomparsa chiesa di S. Maria Maddalena (detta anche Chiesa delle Orfanelle), di cui si conserva solo la base, mentre poco più avanti, all’incrocio con Via de’ Cuppis, la casa-torre dei Bartolelli dell’XI secolo è caratterizzata dalla copertura piana, ribassata per il crollo delle murature soprastanti avvenuta nel 1800; anch’essa a pianta quadrangolare, è costruita con blocchetti di arenaria. Continuando la rassegna di palazzi-simbolo della città, con un salto di epoche e di stili si passa a Palazzo Montevecchio, affacciato sull’omonima via nel cuore del centro storico; una residenza del 1700 sontuosa e imponente, che racconta il fermento culturale e civile di quel periodo a Fano e la storia di un’importante famiglia della città.
Già nel 1319, infatti, Maffio di Cante di Montevecchio fu Podestà di Fano, condottiero di truppe al tempo di Galeotto Malatesti e luogotenente del giovane Sigismondo Malatesti; fu tra le vittime della sollevazione antimalatestiana  capeggiata nel 1431 da Don Matteo Baruttelli, priore della Chiesa di Sant’Antonio. La famiglia annovera poi importanti condottieri e uomini d’arme tra il suo casato: come Giulio Senior, conte di Montevecchio, Mirabello e Monteporzio, la cui fulgida carriera lo portò a essere venturiere nell’esercito di Giulio II, signore della Torre di Camerino, luogotenente generale del Duca di Urbino, chiamato poi a combattere contro i turchi a Venezia e ancora luogotenente generale di Cosimo I Granduca di Toscana. Un suo ritratto, attribuito a Tiziano, è stato a lungo conservato a Fano all’interno del Palazzo.
Un secondo Giulio di Montevecchio fu poi protagonista delle vicende del casato, occupandosi nel XVIII secolo dell’edificazione dell’attuale palazzo. Fano nel Settecento viveva una fase di grande fermento edilizio e civile, favorita da un miglioramento generale delle condizioni economiche della città, come attesta una una testimonianza del 1763 sottoscritta dai conti Sigismondo Uffreducci e dallo stesso Giulio da Montevecchio: “nella città di Fano da 10, 20, 30 anni si vede ocularmente moltissimo accresciuta e tuttavia cresce la popolazione, il lusso e per conseguenza il commercio, con un numero di botteghe ed ogni genere in oggi assai maggiore di quello era nei tempi addietro…”. L’idea, dunque, di realizzare in questo ambito “più bel palazzo della nostra città”, portò alla costruzione di quello che per dimensioni e importanza è il maggiore dei palazzi patrizi fanesi, appartenuto alla famiglia fino alla prima metà del XX secolo.
I lavori iniziarono intorno alla metà del 1700; il disegno originario è stato attribuito a Vanvitelli, anche se non risultano esserci prove in merito. Sicuramente durante la fase progettuale e di realizzazione intervennero il bolognese Alfonso Toreggiani e il marchigiano Arcangelo Vici e, infine, Biagio Biaschelli al quale si deve la parte centrale della facciata esterna, caratterizzata dal grande portale barocco in pietra d’Istria fiancheggiato da colonne tuscanine che reggono il raffinato balconcino del piano superiore.
Altrettanto affascinante è il grande atrio a colonne, che si apre sullo sfondo monumentale della fontana con la statua del dio Nettuno. Ma la parte sicuramente più spettacolare è il grande scalone d’onore, elemento architettonico tipico delle dimore patrizie settecentesche: una struttura estremamente scenografica che nel suo movimento ascendente è un continuo susseguirsi di scorci, prospettive, nicchie, colonne, statue e pilastri. Il palazzo, oggi, è stato frazionato in diversi appartamenti e non esiste più il grande salone adibito a funzioni di rappresentanza. Resta, comunque, la testimonianza di un luminoso passato che ancora oggi si respira tra le vie e le piazze della città.

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Ultima modifica 18/05/2020