Francesco Baracca cavaliere del cielo

Francesco Baracca nasce nel 1888 a Lugo di Romagna da una famiglia di estrazione borghese (il padre era possidente agrario e la adorata madre Paolina Biancoli era contessa). Dopo gli studi liceali, nel 1907 si iscrive all’Accademia Militare a Modena. Nel dicembre di quell’anno la tragica scomparsa del cap. Federico Caprilli, campione d’equitazione e ideatore di un nuovo e più moderno approccio alla disciplina, adottato in tutta Europa, lo indusse verso l’arma della Cavalleria.

Nel 1909 fu ammesso alla dura Scuola d’equitazione di Pinerolo e l’anno seguente ottenne l’assegnazione al Reggimento Piemonte Reale, il medesimo in cui aveva iniziato Caprilli. Lo stemma del Reggimento era un cavallo rampante bianco in campo rosso, il motto: “Bello e Audace”; la sede per le esercitazioni l’impianto di Tor di Quinto, inaugurato nel 1891 dal re Umberto I per consentire alla Corte (e al generone romano) di assistere a emozionanti esercizi di salto e a percorsi acrobatici (il giovane Baracca vi vinse il Concorso Ippico nel 1911).

Agli inizi dell’anno successivo chiede d’essere incluso in un gruppo di giovani ufficiali autorizzati a frequentare un corso per piloti in Francia, e approfitta della prossimità di Reims a Parigi per godere appieno delle attrattive della Ville Lumière.

Il brevetto di volo

Il 9 luglio 1912 Baracca consegue a Reims il brevetto di pilota civile e poco dopo viene inquadrato nel Battaglione Aviatori, con destinazione Malpensa, dove il 15 ottobre consegue il brevetto italiano - internazionale. Il 9 novembre esegue voli dimostrativi per una delegazione giunta dagli USA e prende dimestichezza con il volo notturno: lo praticano i bombardieri, quindi è bene che lo conoscano i piloti da caccia, la specialità a lui più congeniale.

Data la necessità di formare il maggior numero possibile di aviatori e la scarsità dei fondi disponibili per tale scopo, nel Battaglione si consentiva una certa libertà d’azione: Francesco può tenere le mostrine rosse del Piemonte Reale e il suo cavallo, su cui s’allena ogni giorno. Per conseguire il brevetto militare occorre compiere un raid senza scalo. Il nostro chiede di raggiungere la natia Lugo, dicendosi disposto a integrare di tasca propria il costo del carburante. Tuttavia la domanda s’insabbia nei meandri della burocrazia militare, e così per la ratifica del brevetto è sufficiente (come per i compagni di corso) un raid a Taliedo, l’aeroporto di Milano.

Dal 1° gennaio 1913 risulta di stanza al campo di Torino Caselle, dove la squadriglia ha a disposizione i ricognitori biposto con motori da 50 CV, particolarmente lenti in fase ascensionale; tuttavia con ogni probabilità la Macchi di Varese, licenziataria per l’Italia dei Nieuport francesi, gli consente di sperimentare un nuovo modello. Lo si evince da un breve ritratto che gli dedica, sul Corriere della Sera del 20 febbraio, Guelfo Civinini: “Il tenente Baracca è un meraviglioso pilota, a detta degli stessi colleghi fa dei virage addirittura paurosi per la loro arditezza, compie dei voli plané da grandi altezze a motore completamente spento (...). Adopera un monoplano Nieuport con motori Gnome da 80 CV”. Dal 1° luglio Baracca ottiene l’assegnazione a Taliedo, e ai primi di settembre le squadriglie di osservatori del Battaglione prendono parte alle grandi manovre. Il 12 Baracca, che nonostante il maltempo è in volo ormai da ore per il gruppo degli “azzurri” (che sostengono il ruolo di difesa) segnala per tempo l’arrivo degli squadroni di cavalleria “rossi”, individuati nelle campagne tra Desio e Muggiò.

Il 26 settembre Baracca decide di effettuare il volo verso casa; non punta direttamente su Lugo (“Perché me lo vietano i regolamenti del Battaglione e perché se lo facessi si verrebbe a sapere dai giornali”) ma a Bologna.

In poco più di due ore raggiunge il capoluogo emiliano; la mattina seguente sorvola a lungo Lugo, seguito da una folla entusiasta, e atterra nel campo di Fusignano, da dove torna a Taliedo. I superiori, che sanno bene quanto sia amato anche tra gli ufficiali di stanza a Milano, a molti dei quali ha fatto provare l’ebbrezza del volo, non lo rimproverano, ma affrettano l’avvicendamento: prima a Busto Arsizio, poi a Pordenone, dove rimane per gran parte del 1914.

Solamente nella primavera del 1915 Baracca ottiene di poter seguire, in Francia, un corso di perfezionamento.

Quando rientra in servizio, a fine luglio, la struttura operativa delle squadriglie a ridosso del fronte è ormai ben definita. I comandi tendono a favorire la mescolanza tra gli aviatori, sia dal punto di vista della provenienza che degli anni d’esperienza. Baracca sta sulle sue, e compie le prime missioni portando con sé non un giovane pilota osservatore, ma il motorista Pietro Vittone: un napoletano non solo utile in caso di guasti meccanici, ma dal fisico abbastanza minuto da appesantire il meno possibile l’aereo. Baracca presto ottiene un monoposto da caccia, il Nieuport 11 (detto Bébé), tuttavia l’arma, una mitragliatrice montata sull’ala superiore, s’inceppa spesso. Per poter sparare Baracca è costretto ad azionare i comandi con le gambe, e ciò gl’impedisce di porre in atto i repentini cambi di rotta che sono la sua cifra distintiva nei duelli.

L’ autunno seguente è piovoso; scarso l’impiego dei caccia, in teoria destinati a proteggere dal cielo Udine, la città sede del Comando Supremo. Il 19 novembre scatta - tardi - l’allarme; i motori non ne vogliono sapere di riscaldarsi, e quando Baracca si leva in volo, con il gregario Domenico Bolognesi, gli austriaci hanno già iniziato a bombardare. I danni materiali sono scarsi, ma il morale dei cacciatori è a terra.

L’Asso

Baracca incrocia di nuovo un nemico solamente il 1° aprile 1916 e pochi giorni dopo, in volo insieme alla sua squadriglia, ottiene la prima vittoria riconosciuta in un duello aereo, costringendo l’avversario ad atterrare.

L’azione, cui la stampa dà grande risalto, gli frutta la prima medaglia d’argento. Il 16 maggio la squadriglia dei caccia è nuovamente impegnata nella difesa di Udine, e questa volta i risultati si vedono. Baracca mette fuori combattimento un Lohner inseguendolo fin sopra Gorizia, tuttavia in un primo momento non c’è la certezza della vittoria. Anche il terzo duello vinto (23 agosto) gli viene riconosciuto solo dopo alcuni mesi; nel frattempo ha conseguito la promozione a capitano, cui forse dà l’imput decisivo Vittorio Luigi Alfieri, sottosegretario alla Guerra del nuovo governo Boselli (in carica dal 16 giugno) e parente degli industriali tessili Gavazzi, fornitori della seta per i dirigibili.

Il 16 settembre insieme ad altri due giovani “cacciatori”, Luigi Olivari e Fulco Ruffo di Calabria, Baracca abbatte un Lohner con motore da 160 CV proveniente da Villach: il raggio d’azione delle squadriglie italiane si va estendendo. Dalla medesima città proviene il Brandemburg C1 che, mentre bombarda in formazione e ad alta quota Tolmezzo, soccombe il 27 novembre all’assalto del Capitano.

Il duello successivo si svolge il primo gennaio 1917 sopra Castagnevizza; Baracca ha a che fare con un avversario molto veloce nelle virate, che, pur colpito, riesce ad atterrare alle spalle delle proprie linee, quindi la vittoria n° 5, quella che per convenzione dà diritto alla qualifica di “Asso”, non può essere confermata. Domenica 11 febbraio sopra Udine un ricognitore veloce accetta il combattimento con i caccia italiani, che dopo molte evoluzioni lo colpiscono e lo costringono all’atterraggio.

Tra le migliaia di spettatori ci sono ufficiali alleati e il Re, in visita allo Stato Maggiore. L’episodio porta la fama di Baracca alle stelle; Gabriele D’Annunzio, in riferimento alla tecnica adottata in quel duello, dedicò al cavallino nero (insegna personale di Baracca) il motto “Vien dal fianco il mio fuoco”.

Sull’onda del successo, dal 1° maggio al Capitano è affidato il comando della neo-costituita 91ª Squadriglia (nell’ambito del 10° Gruppo, comandato da Pier Ruggero Piccio); a essa vengono assegnati i cacciatori con il miglior palmares. La scelta di concentrare gli Assi dà subito i suoi frutti: in maggio Baracca porta il totale delle sue vittorie a sette individuali e tre in collaborazione e nel settembre successivo è promosso maggiore; in quel mese consegue la diciannovesima vittoria.

In ottobre la 91ª Squadriglia miete diversi successi. Il 13 il maggiore è colpito dalla scomparsa del fido Olivari e sceglie quale nuovo gregario il giovane ingegnere Giuliano Parvis, esule triestino. Il 21 ottobre, doppia vittoria ai danni di due tedeschi giunti a dar man forte agli alleati austriaci. Il 26 consegue un’altra doppietta, ma è costretto ad atterrare e a tornare a piedi dal Natisone a Cividale; e di quella esperienza scrive: “Dovetti assistere alla disastrosa ritirata delle nostre truppe”. Essa si protrae per sette giorni, mentre gli aviatori vengono man mano trasferiti da un campo all’altro sempre più verso quelle ch’erano sino a pochi giorni prima le retrovie.

Sul Piave

La 91ª si stanzia a Padova, dopo aver combattuto dal campo della Comina (Pordenone) a supporto dei fanti italiani che sono riusciti a fermare sul Piave l’avanzata nemica. In quei giorni tra ottobre e novembre nasce il governo di unità nazionale presieduto da Vittorio Emanuele Orlando, che affida l’aviazione all’on. Enrico Chiesa che ben conosceva Baracca dai tempi di Taliedo.

Ma condivideva con Piccio gli ideali massonici, quindi lascia a lui il comando e gli fa pervenire i nuovi SPAD XIII, destinati a rimpiazzare gli SPAD VII. Il 7 dicembre, trentesima vittoria di Baracca, che gli frutta la medaglia d’oro conferitagli da Chiesa nel marzo 1918 in una grande cerimonia alla Scala di Milano.

Baracca ritorna alla squadriglia il 6 febbraio 1918, in concomitanza con una visita del Re e del sovrano belga, che concede al più noto pilota italiano un’onorificenza.

Nella notte del 20 febbraio Padova subisce un grave bombardamento notturno; la 91ª, duramente colpita (13 apparecchi perduti) viene trasferita a Quinto di Treviso.

Il 6 maggio, dopo vari mesi d’astinenza, Baracca coglie la trentunesima vittoria, sul Piave. Il 19 la 91ª, di scorta ai Caproni inviati a bombardare i dintorni di Feltre, ingaggia un combattimento con la caccia nemica; sette aerei contro sette, molti colpi ma nessun abbattimento.

Il 22, invece, lui ed il gregario Mario D’Urso ingaggiano un duello contro un ricognitore che perlustra il corso del Piave scortato da 6 caccia, uno dei quali abbattuto: vittoria numero 32, che suscita la reazione rabbiosa ma inutile della contraerea nemica.

Da metà giugno, l’ultima grande offensiva austriaca, avviata con la forza della disperazione. Coadiuvato da un altro gregario, Gaetano Aliperta, grazie a una serie di azioni mordi-e-fuggi il 15 giugno Baracca mette a segno un’altra doppietta, portando il totale a 34. Pochi giorni dopo il nuovo capo dell’aviazione Luigi Bongiovanni, preoccupato per le teste di ponte aperte dagli austriaci al di qua del Piave, rinfaccia a Piccio e Baracca di cercare i duelli in cielo mentre è indispensabile colpire con ogni mezzo le passerelle sul Piave. Punto sul vivo, il maggiore Baracca dedica la giornata del 19 a una serie missioni di mitragliamento a bassissima quota. Al termine della terza missione il gregario lo perde di vista; forse colpito, forse andato in stallo, il vecchio SPAD VII s’infila nel vallone detto Buso delle Rane, non riuscendo per pochi metri a portarsi sul versante del Montello in quel momento ripreso dagli italiani.

Data la notorietà dell’Asso e la sua fama d’invulnerabilità, sul caso si versarono fiumi d’inchiostro. La versione ufficiale parla di un colpo di fucile o di mitraglia quale causa della morte. In mancanza dell’autopsia, oggi si pensa che Baracca, dopo l’impatto, abbia slacciato la cintura e a forza di braccia si sia portato a qualche metro dallo SPAD, ma per la gravità delle ferite e la mancanza di soccorsi immediati sia morto la notte stessa.

Oggi a ricordarlo c’è un memoriale costruito a qualche centinaio di metri, in un punto meglio visibile dalla vallata del Piave.

Ultima modifica 03/07/2017