I primi successi dell’Aviazione italiana

Quando Luigi Cadorna si convinse dell’opportunità di porre a capo del CAM un ufficiale del Genio, la scelta cadde sul bergamasco Giovanni Battista Marieni, che in pochi mesi seppe dare importanti innovazioni al Corpo.

Nel numero 82 della Banconota abbiamo ricordato come il “Corpo aeronautico militare” (CAM), costituito nei primi mesi del 1915, stentò ad assumere un preciso indirizzo operativo. Si era cercato di rimediare alla mancanza di piloti provenienti dai ranghi del Genio trasferendo ufficiali di cavalleria o di fanteria; la loro formazione era però condizionata dal fatto che era stato previsto il conseguimento di un brevetto militare, senza tener conto delle ore di volo già svolte dagli aspiranti, quasi tutti soci degli aeroclub sorti anche in Italia nel quinquennio precedente. Le scuole erano solamente nove in tutto il Regno, e i “nuovi” piloti una cinquantina al mese.

Allo scopo di convincere gli alti gradi a potenziare la capacità offensiva del cam, i fratelli forlivesi Manlio e Tullo Morgagni decisero di dedicare il fortunato quindicennale Lo Sport Illustrato, edito dal 1913 a Milano dal gruppo Sonzogno, alla propaganda bellica: la rivista divenne Il Secolo Illustrato, ricco di fotografie, di carte delle zone d’operazioni e di brevi trafiletti con notizie dal fronte. I Morgagni erano consapevoli del fascino che esercitavano sul pubblico le missioni dei “cavalieri dell’aria”, rappresentati come sportsmen di nobile famiglia dotati di eccezionale resistenza agli sforzi fisici.

Gli alti gradi mostrarono di gradire la rivista, favorendone la diffusione anche tra le truppe; ciò nondimeno non mancarono casi di articoli o immagini censurati.

Per il CAM la strada era ben più impervia rispetto a quanto emergeva dalle pagine dello Sport Illustrato. Vediamone le ragioni: 

a) nel CAM erano confluite ben tredici Sezioni Aerostatiche, cui era destinata una parte non trascurabile del bilancio; 

b) Vittorio Zupelli, ministro della Guerra, aveva ottenuto un ulteriore stanziamento per il CAM, ma quei soldi furono destinati in primo luogo ai ricognitori, posti al servizio dell’artiglieria da campagna, senza dare peso al fatto che tutti i Paesi belligeranti si accingevano a produrre mezzi più potenti, utili alla caccia ed al bombardamento; 

c) Quasi tutti i modelli in dotazione alle squadriglie tricolori erano stati sviluppati all’estero. Le aziende italiane si dichiaravano in grado di fornire al CAM apparecchi a un costo inferiore. Tuttavia ciò era vero più che altro per le eliche (in legno sagomato) ed i motori (i medesimi delle auto di grossa cilindrata). Gli aerei venivano allestiti in grossi capannoni, dove si assemblavano le varie parti della fusoliera; pochi erano dotati di fonderie, presse e torni sufficienti a produrre a ciclo continuo. 

Per approfondire il primo punto, va ricordato che il predecessore di Luigi Cadorna al Comando supremo, Alberto Pollio, morto agli inizi del 1914, invidiava il successo dei dirigibili tedeschi. Quelli italiani, anche se più piccoli, potevano superare le Alpi meglio degli aeroplani e portavano un carico di bombe ben superiore. I tedeschi, all’epoca ancora nostri alleati, erano talmente convinti del fatto che il volo ad alta quota avrebbe consentito agli Zeppelin di evitare i caccia nemici da proseguirne la costruzione per l’intera durata del conflitto. Non si trattava di un’idea peregrina: l’11 marzo 1918 l’L-59, decollato dalla base di Jambol, in Bulgaria, bombardò Napoli; un’azione a sorpresa che provocò gravi perdite tra i civili. Nel maggio 1915 l’Italia disponeva di tre aeroscali per dirigibili: Campalto (VE) per l’Esercito; Ferrara e Jesi di competenza della Marina (come in Germania). Il 24 maggio, mentre l’aviazione austriaca bombardava Venezia, Rimini e Senigallia, i due dirigibili partirono alla volta di Cattaro e di Pola, ma problemi tecnici indussero i comandanti a fare dietrofront. 

La Marina tra il 1913 ed il 1914 aveva concentrato le basi degli idrovolanti nella Laguna di Venezia, tuttavia alla fine del 1914 aveva incaricato il tecnico Giovanni Pegna di approntare nuove sezioni idrovolanti a Pesaro e a Porto Corsini. Si è discusso sugli scopi, la portata e le conseguenze di tale scelta; in ogni caso, gli alti gradi erano consci della superiorità aerea nemica sull’Adriatico.

Per quanto riguarda il secondo punto, il sottosegretario alle Armi e Munizioni, Alfredo Dallolio, si trovò a dover mediare tra le intenzioni di Zupelli e l’insistenza degli Alleati perché anche l’Italia adottasse squadriglie di caccia; dal compromesso risultò una dotazione alquanto eterogenea che alimentava i rancori tra i piloti: non sempre i più alti in grado erano i migliori, ma erano loro a tenere gli apparecchi più nuovi e/o efficienti.  

Per quanto riguarda il terzo punto, nei primi mesi di guerra a fronte del lento ma confortante aumento della capacità produttiva di apparecchi da parte di aziende quali la SIAI (idrovolanti, in gran parte destinati alla Marina) e la Caproni (bombardieri), il CAM dovette togliere dal fronte gli Aviatik, sino ad allora prodotti su licenza tedesca dalla S.A. Meccanica Lombarda; nel 1916 vennero relegati alla difesa dell’aeroscalo di Taliedo.
 

L’ascesa di Marieni

I primi bombardamenti austriaci su Venezia indussero Cadorna ad ordinare al CAM missioni di pattugliamento a ciclo continuo. I ricognitori, lenti e dotati di mitragliere leggere, dovevano avvistare per tempo gli avversari e possibilmente tenerli impegnati in quota.  

Ben presto crebbe il numero degli incidenti dovuti all’usura dei mezzi e/o alla stanchezza dei piloti. Nel numero 82 abbiamo citato Gaspare Bolla, protagonista il 24 maggio della prima ricognizione su Monfalcone. Il 18 luglio 1915, convalescente di tre ferite, venne investito da una forte raffica di vento; il mezzo si capovolse e lui, che non aveva allacciato le cinture per attenuare il dolore, cadde sul campo volo di Bicinocco. Gabriele D’Annunzio, il poeta-vate che nei mesi e negli anni seguenti si sarebbe dimostrato una preziosa risorsa propagandistica per il CAM, commentò il conferimento della medaglia d’argento con questa epigrafe: “(...) Gaspare Bolla, cavaliere perdutissimo che parve, con l’impennata estrema del suo cavallo, raggiungere - negli astri della Patria – i più alti eroi dell’ala sanguinosa”.

Non è questa la sede per rievocare la serie di rovesci subiti dalla Marina in Adriatico nell’estate 1915; essi indussero il premier Antonio Salandra a dimissionare, a fine settembre, il ministro Leone Viale e ad assumerne ad interim la delega. 

Da quel momento il CAM acquisì maggiori competenze sugli idrovolanti; nel frattempo la Marina, capì che i ricognitori imbarcati sulle sue unità maggiori erano resi inutili dal progresso delle comunicazioni via radio, dato lo sviluppo della radiofonia, e decise di allestire una porta-idrovolanti, la nave Elba, in grado di trasportarne una quindicina: anche in questo caso, una scelta strategicamente discutibile. 

Nel tardo autunno a Roma si accentuò il contrasto tra Zupelli e Salandra, il quale non riteneva opportuno criticare alcune scelte operate al fronte. Dal canto suo Cadorna si era convinto dell’opportunità di porre a capo del CAM un ufficiale del Genio, al fine di accrescerne l’autonomia operativa facendo leva sullo spirito di corpo. La scelta cadde su Giovanni Battista Marieni, bergamasco in forza alla III Armata, il quale si era dimostrato un ottimo organizzatore e aveva rafforzato, efficacemente e con poca spesa, le opere di difesa in Valtellina, Valcamonica e nelle Giudicarie. Così scrisse Marieni in un memoriale del 1920: “Il 25 dicembre 1915 fui nominato Direttore Generale dell’Aeronautica Militare.  Forse, S.E. il Generale Cadorna mi aveva prescelto su tutti gli altri Generali dell’Esercito per il mio carattere tenace, per la mia volontà di riuscire nei compiti che assumevo, o per la stima e la fiducia che aveva riposto in me. Furono ventidue mesi di lavoro assiduo e faticoso; mi assunsi responsabilità gravissime, ma riuscii nell’intento di dare al Paese il primato in Aeronautica.”.

Il nuovo ottenne il definitivo via libera al suo progetto di rilancio dell’aviazione dal marzo 1916, quando il ministro della Guerra si dimise, in polemica con il rifiuto di Salandra di negare a Cadorna il ricorso al richiamo anticipato dei nati nel 1896, reso necessario dalle gravi perdite subite in pochi mesi dall’esercito; egli venne destinato al comando di una divisione sul fronte dell’Isonzo.

Tra i primi provvedimenti adottati per il CAM vi fu il sostanziale congelamento delle sezioni aerostatiche: nessun investimento per nuovi mezzi ed impiego limitato, per gli esistenti, alla ricognizione. Marieni diede subito nuovo impulso alla produzione nazionale, dato che alla fine del 1915 dai capannoni delle aziende italiane uscivano in media ogni mese solo 75 aerei nuovi, insufficienti a compensare le perdite ed il logorio dovuto all’utilizzo in condizioni estreme. Venne reso più semplice il riconoscimento dello status di “stabilimento ausiliario”, consentendo alle aziende di tenere in servizio, e non al fronte, gli operai più esperti. Vi fu un turn-over più rapido di promozioni e trasferimenti; le squadriglie vennero dotate ciascuna di un solo tipo di apparecchio, così da favorire la fornitura dei ricambi e limitare le diatribe tra i piloti. Questi poterono personalizzare il loro aereo; tra i primi Folco Ruffo di Calabria, il quale adottò il teschio nero.

Il 7 aprile 1916 per la prima volta i nuovi caccia Niuport “Bebè” ottennero delle vittorie nel corso di duelli aerei. Ne furono protagonisti piloti destinati a grande fama: Baracca, Tacchini e Olivieri. Dal giorno seguente il CAM adottò una nuova denominazione per le squadriglie, resa necessaria dal loro costante incremento.

Un caso esemplare dell’azione di Marieni riguarda gli ingegneri Ottorino Pomilio e Corradino D’Ascanio, entrambi abruzzesi. Il primo, nato nel 1887, si era laureato a Napoli nel 1911. Pilota esperto e buon conoscitore dell’ambiente aeronautico, nei primi mesi del 1916 ottenne un congedo temporaneo e l’incarico di occuparsi della produzione di nuovi modelli di caccia, “nazionali”. Grazie alle commesse ottenute da Marieni “sulla fiducia”, Pomilio raccolse i capitali che gli consentirono a fine maggio di aprire uno stabilimento a Torino, in Corso Francia; quale capo progettista ottenne il sottotenente Corradino D’Ascanio, anch’egli posto in congedo temporaneo. Nato nel 1891, dopo la laurea al Politecnico di Torino D’Ascanio si era arruolato nel Battaglione Aviatori (dicembre 1914).

In Francia il giovane imparò a volare su un MF 1914, tuttavia non conseguì il brevetto, così venne destinato alla “manutenzione e sorveglianza del materiale”: un compito più adatto ad un meccanico che ad un progettista che aveva dimostrato il proprio valore risolvendo il problema del congelamento cui era soggetto l’olio di ricino, il lubrificante dei motori montati sui biplani Caudron. Alla Pomilio D’Ascanio poté sviluppare un suo brevetto: il “clinometro”, che consentiva ai piloti di conoscere l’angolo di rollio e beccheggio degli apparecchi. Egli aveva pensato d’applicarlo agli elicotteri, la sua grande passione.

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Ultima modifica 05/02/2016