Il futuro del pianeta passa dall’economia circolare

Il futuro del pianeta passa dall’economia circolare

Il passaggio all’economia circolare partendo dall’attuale sistema economico lineare rappresenta secondo molti esperti l’unica via per raggiungere l’obiettivo finale di una società e una produttività davvero sostenibili.

In Italia più di 1.400.000 tonnellate di pneumatici fuori uso sono stati recuperati dal 2011, equivalenti in peso a 10 navi da crociera e in grado, se messi in fila, di coprire due volte la circonferenza terrestre. Dopo essere stati recuperati vengono macinati meccanicamente, ottenendone un granulato di gomma e polverini con cui si producono pannelli e prodotti isolanti per l’edilizia; oppure tappetini e materassini in grado di assorbire le vibrazioni nei punti degli edifici più sollecitati. Non solo: grazie all’alta resistenza alle deformazioni e all’ottimo assorbimento degli urti, i granuli di gomma riciclata si possono usare per realizzare pavimentazioni per impianti sportivi, anche esterni, visto che resistono efficacemente a muffe e batteri, alle escursioni termiche e agli agenti atmosferici. L’ultima opzione è di utilizzare il granulato per realizzare l’asfalto delle strade, che risulta più resistente nel tempo e in grado di ridurre l’inquinamento acustico dovuto al passaggio dei veicoli.
In Europa 8,5 milioni di tonnellate di pannolini ogni anno finiscono in discarica o inceneriti, e fino a 30 milioni nel mondo. Rifiuti che invece contengono una gran quantità di materie prime recuperabili. Grazie a una tecnologia innovativa, ora disponibile su scala industriale, da una tonnellata di pannolini e prodotti assorbenti si ricavano 300 chilogrammi di materiale secco che, una volta trattato, viene trasformato in 150 kg di cellulosa, 75 kg di plastica e 75 kg di polimero super assorbente.
Invece di finire in discarica o essere utilizzati nei mangimi degli animali, gli scarti di lavorazione di agrumi, mais, olive, lavanda, ciliegie, caffè, kiwi, mandorle, fagioli possono essere utilizzati per produrre carta. L’idea è di una cartiera storica italiana che vari anni fa ha pensato di utilizzare le alghe in esubero provenienti dalla laguna di Venezia al posto della cellulosa ricavata dagli alberi. Il risultato: carta piacevole da toccare e con le stesse caratteristiche di stampabilità della carta normale; utilizzabile per libri, riviste o inviti, ma anche per il packaging di prodotti di lusso. Per esempio il packaging di un famoso champagne è stato realizzato con cartone ottenuto da residui di vinacce in una percentuale del 25%. Sempre dagli scarti agroalimentari, in particolare da quelli della lavorazione degli agrumi pari a 700.000 tonnellate annue, due ragazze siciliane sono riuscite a ottenere una fibra speciale con cui realizzare tessuti, profumati e in grado di resistere fino a 40 lavaggi.
Queste sono alcune prove di come sta evolvendo il paradigma economico globale. In effetti, il modello di crescita che ha caratterizzato gli ultimi 150 anni di storia può essere definito “lineare”: un’economia industriale, di mercato, basata sull’estrazione di materie prime sempre nuove, sul consumo di massa e sulla produzione di scarto una volta raggiunta la fine della vita del prodotto. Questo flusso di estrazione e dismissione di materia ha causato effetti ambientali dannosi come la contaminazione dei mari e della terra, il dramma dei rifiuti, le emissioni di gas serra responsabili del cambiamento climatico, guerre per il controllo delle materie prime, forte diseguaglianza sociale. Per elaborare un modello di sviluppo alternativo all’economia lineare, si sono studiate modalità alternative in grado di fermare lo spreco di materia e l’inquinamento da fonti fossili, promuovendo la produzione efficiente, il riciclo, l’eco-design, le energie e fonti rinnovabili. Il risultato di tutti questi anni di ricerche e sperimentazioni per un mondo più sostenibile è confluito nel concetto di economia circolare, ovvero un modello di economia che riduce ed elimina lo scarto, differenzia le fonti di approvvigionamento di materia e fa vivere più a lungo, massimizzando il valore d’uso, i prodotti di consumo. La definizione classica di economia circolare è una locuzione che definisce un sistema economico pensato per potersi rigenerare da solo, garantendo dunque anche la sua eco-sostenibilità. Le origini di tale concetto sono principalmente radicate nell'economia ecologica e ambientale e nell'ecologia industriale, e vengono fatte risalire alla fine degli anni Settanta. A oggi, il dibattito ha fatto passi da gigante, ponendosi all’interno delle istituzioni e del sistema economico con dati, statistiche e concretezza. A convalidare tale tesi vi sono diversi esempi: il pacchetto dell’economia circolare presentato dalla Commissione Juncker all’inizio del dicembre 2015 (misure concrete per promuovere il riutilizzo e stimolare la simbiosi industriale trasformando i prodotti di scarto di un'industria in materie prime destinate a un'altra; incentivi economici affinché i produttori facciano giungere prodotti più ecologici sul mercato e un sostegno ai sistemi di recupero e riciclaggio); l’enciclica “Laudato Si” di Papa Francesco del maggio 2015 (“stentiamo a riconoscere che il funzionamento degli ecosistemi naturali è esemplare […] il sistema industriale, alla fine del ciclo di produzione e di consumo, non ha sviluppato la capacità di assorbire e riutilizzare rifiuti e scorie”); le tante aziende private e organizzazioni non profit che si stanno mobilitando verso un modello circolare di management interno.
Per una più facile comprensione di come il modello economico circolare possa aderire alla realtà, risulta utile dividerlo in differenti fasi. Ovviamente, nonostante tale processo di segmentazione, deve rimanere chiara la continuità che lega ogni fase alla successiva, in un infinito divenire positivo. In generale si possono individuare sette fasi.
La prima, definibile come “ecodesign”, consiste nella progettazione di prodotti che possano durare a lungo, il cui smontaggio sia semplice, in modo da permettere facilmente la riparazione, il riutilizzo, il recupero.
La fase di “approvvigionamento materiali e risorse” riguarda l’approvvigionamento energetico e la scelta di fonti rinnovabili e sostenibili.
Il “consumo materiali e risorse” consiste nell’utilizzo efficiente delle risorse in tutte le fasi della produzione e sostituzione delle materie prime vergini con materie prime seconde derivanti da filiere del riciclo, attuando l’efficienza energetica ovvero l’ottimizzazione del consumo di energia attraverso politiche di riduzione mirate.
La quarta fase è quella della “gestione rifiuti, scarti ed emissioni”, in cui massima attenzione è rivolta alla gestione degli scarti di produzione, dei rifiuti e dei prodotti arrivati a fine vita.
Il passaggio successivo, quello del “trasporto e distribuzione” ha a che fare con l’impatto ambientale dei trasporti connessi alle varie fasi del processo produttivo, della distribuzione e della logistica.
La sesta fase ha come fondamento la “raccolta” dei prodotti che non vengono più utilizzati dai consumatori, altrimenti destinati a diventare rifiuti perdendo la possibilità di un loro riutilizzo.
Infine, il modello economico circolare si chiude con la “promozione di stili di vita sostenibili”, cioè la spinta ad adottare comportamenti virtuosi attraverso l’uso e la diffusione di strumenti a supporto della riduzione del consumo di energia e acqua, dei rifiuti e loro corretta gestione.
Le ultime analisi disponibili mostrano che l’approccio circolare può essere realmente profittevole per le imprese. In un tale sistema, infatti, i prodotti e le risorse vengono mantenuti in uso più a lungo attraverso il recupero, il riutilizzo, la riparazione, la rigenerazione e il riciclo. Vanno, inoltre, dedotti i costi corrispondenti alle esternalità ambientali negative, le quali vengono ridotte grazie alla circolarità. Altro aspetto da considerare è quello dell’innovazione: la progettazione per prodotti e per modelli di business circolari funge, infatti, da forte stimolo per l’innovazione da parte delle aziende.
A livello ambientale, il passaggio a un’economia circolare aumenterebbe la produttività e la qualità ambientale del suolo. La riattivazione dei cicli dei nutrienti biologici renderebbe maggiore la produttività del terreno, riducendo la dipendenza da sostanze artificiali tossiche. In aggiunta a ciò, si stanno studiando gli effetti di un modello industriale circolare sulla struttura e sulla vitalità del mercato del lavoro, che avrebbe, nel giusto contesto, la capacità di aumentare l'occupazione. I vantaggi non si limiterebbero quindi solamente alle aziende, ma potrebbero generare un impatto positivo sull’intero sistema economico, inclusi gli utenti finali.
Negli ultimi anni l’economia circolare sta ricevendo un’attenzione sempre maggiore in tutto il mondo, quale modo per superare l’attuale modello di produzione e consumo basato sulla crescita continua e sull’aumento dello sfruttamento delle risorse. L’obiettivo finale è il disaccoppiamento tra pressione ambientale e crescita economica. Tuttavia, l’implementazione globale del modello rigenerativo sembra ancora nelle fasi iniziali, concentrandosi principalmente sul riciclaggio piuttosto che sul riutilizzo. Sarebbe necessario un cambio di approccio che consideri i principi “ridurre, riutilizzare e riciclare” indispensabili nella gestione del processo produttivo. Se le imprese utilizzassero un modus operandi incentrato su concetti come il mantenimento del valore del prodotto, il prolungamento del suo ciclo di vita e la resilienza, si avvicinerebbero sempre più alla circolarità. In questo contesto, infatti, non sarebbe nemmeno necessario parlare di riduzione di rifiuti, in quanto dovrebbero essere pressoché inesistenti. Inoltre è evidente come la transizione verso l’economia del riciclo passi dal coinvolgimento di tutti gli attori della società e dalla loro capacità di collegare e creare opportuni modelli di collaborazione. Abbiamo in mano la chiave del futuro, bisogna cambiare punto di vista e prospettiva. A partire dalla dimensione economica, l’obiettivo non può più essere soltanto quello del profitto. La parola chiave è condivisione, che non può prescindere da un nuovo senso di responsabilità da parte di tutti. Oggi più che mai bisogna incidere e determinare il cambiamento.
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Ultima modifica 04/11/2019