Il futuro è nella vigna

Dalle costruzioni alla produzione vitivinicola, fino all’hotellerie di alto livello: quella di Gruppo Moretti è una storia imprenditoriale che basa la sua crescita sul binomio formato da competenza e passione

L’ identità del Gruppo Terra Moretti è già sintetizzata in buona parte nel suo nome: da un lato, il solido legame con il territorio e con un’agricoltura di eccellenza, che trova la sua massima espressione nel settore vitivinicolo; dall’altro, un’azienda famigliare con una forte connotazione personale, che si rifà a una lunga tradizione e che ha in Vittorio Moretti - Presidente del Gruppo - la sua anima e il suo motore propulsivo. È lo stesso Moretti ad accoglierci negli accoglienti spazi della sede della Holding a Erbusco (BS).

Come è iniziata la storia di questa importante realtà, che ha saputo evolversi dal settore edilizio a quello enologico e alberghiero? E quali le principali tappe del suo sviluppo?

Sono nato come imprenditore edile, per tradizione di famiglia: alcuni documenti attestano che i Moretti avevano stipulato contratti d’opera con i conti Bettoni già nel 1400. Da parte di madre discendo invece da una famiglia di agricoltori: i Corioni sono stati tra i fondatori di Erbusco intorno al 1200. Ma venendo ad anni più recenti, la vera drammatica svolta per i Moretti risale al 1918, quando in un solo giorno, a causa dell’epidemia di spagnola, morirono il nonno, la nonna e uno zio: la famiglia fu distrutta di colpo, e mio padre si ritrovò solo, a 13 anni, spogliato di ogni bene. Gli rimase solo la casettina in cui viveva e fu costretto a ripartire da zero, andando a lavorare come manovale a Milano dove poi riuscì a fare fortuna mettendo in pratica anche la sua capacità di “fine intagliatore”. Ho insomma ereditato da mio padre la cultura del costruire. Certo, ora sono anche vignaiolo: ma mi rendo conto che nel mio dna c’è innanzitutto la costruzione. E anche quando visito una cantina, istintivamente la prima cosa che osservo sono le strutture, le loro caratteristiche e le modalità in cui sono realizzate.

Tornando alla mia storia personale, sono nato a Firenze, dove mio padre lavorava, nel 1941; ma già tre anni dopo i miei genitori rientrarono a Erbusco, per poi spostarsi a Milano nel 49/50. Lì sono rimasto fino al 1967, quando mi sono sposato e sono ritornato nuovamente a Erbusco; ed è in quel momento che posso dire che sia iniziata la mia vera storia di imprenditore, lavorando per mio conto nel settore edile. Per quattro o cinque anni è stata guerra vera, a suon di cambiali. E dopo un altro paio di anni ho voluto costruire la mia casa, investendo tutto il circolante che avevo; ero “tirato”, con la liquidità all’osso, ma il lavoro era tanto e l’attività girava bene: tanto che nel 1974 mi sono trovato con un’impresa di 150 dipendenti, con i conti in ordine, una bella casa... ero, come si suol dire, “arrivato”.

E invece è solo un altro inizio: quello legato all’attività vitivinicola. Come è partita questa nuova iniziativa imprenditoriale?

Un po’ per caso, ma soprattutto per passione. Nel 1975 ho iniziato ad acquistare dei terreni e a progettare una nuova casa percorrendo l’idea della tenuta di campagna nella quale la funzione abitativa è affiancata da quella del lavoro nei campi. Un’idea di “casa laboriosa” che mi ha sempre affascinato. Nel frattempo, in Franciacorta avevamo già contribuito alla costruzione delle cantine Ca’ del Bosco, dove mio fratello lavorava come geometra. Proprio lui, considerato lo spazio a disposizione nella nuova casa, mi diede l’idea di realizzare una cantina; e poi, già che c’ero, di produrre un po’ di bollicine... insomma, in breve ho iniziato a fare vino e mi sono appassionato moltissimo. Ho fatto alcuni viaggi per documentarmi e capire come realizzare la cantina che avevo in mente, sono andato nello Champagne e lì sono rimasto folgorato dall’organizzazione, dalla capacità, dal marketing territoriale e di prodotto. All’epoca la Franciacorta stava appena iniziando a delinearsi come zona vinicola: mi resi conto che era necessario creare anche da noi un territorio fortemente centrato sulla produzione enologica, che offrisse ai visitatori attrattive di alto livello e consentisse di “respirare” il vero fascino del vino vivendone l’atmosfera, la storia, la cultura, le suggestioni. Un progetto che è tuttora in corso anche attraverso il Consorzio Franciacorta (di cui Moretti è Presidente, n.d.r.), e che ha avuto come prima iniziativa la realizzazione del campo da golf e, successivamente, la creazione de L’Albereta, struttura alberghiera e di ristorazione all’insegna dell’eccellenza.

Resta comunque il fatto che non è facile partire da zero e confrontarsi alla pari con i grandi vini francesi. Oggi Bellavista è considerato uno dei marchi più importanti e prestigiosi della Franciacorta, tanto in ambito italiano quanto internazionale; quali sono stati gli elementi chiave che hanno contribuito a quella che può sicuramente essere definita come una storia di successo?

Credo che la mia fortuna - la mia principale capacità - sia quella di riuscire a capire il valore delle persone; che è poi, a mio avviso, l’essenza dell’imprenditore. In questo caso ho potuto fare conto su persone davvero straordinarie, primo tra tutti l’enologo Mattia Vezzola: un professionista di grande competenza e idee innovative.

È dal suo lavoro che è nato il Bellavista, mentre io ero impegnato a sviluppare l’azienda di costruzioni.

Due anni dopo, si costituiva la SAMA, per la promozione e distribuzione del vino, attività oggi sviluppate da Terra Moretti Distribuzione. Le vendite di Bellavista hanno iniziato a crescere sempre di più, e di pari passo sono state acquistate nuove vigne in Franciacorta. Per diversificare la produzione, nel 1977, decisi di creare una nuova azienda che proponesse un prodotto a un target nuovo, più attratto dalla ricerca dell’innovazione nel gusto che dalla tradizione: dal restauro conservativo e dall’ampliamento di un’antica fornace ad Adro è nata così la Contadi Castaldi. La Toscana è arrivata qualche anno dopo, perché volevamo avviare anche una produzione di vino rosso. Nel 2000 abbiamo quindi acquistato Tenuta La Badiola, in Maremma. Poi è stata la volta di Petra, la cantina di Suvereto, che ho costruito nel 2003 su disegno dell’architetto Mario Botta. Abbiamo anche voluto ripetere l’esperienza dell’Albereta aprendo un resort di lusso a Castiglione della Pescaia: L’Andana, in quella che era la tenuta agricola del Granduca Leopoldo, ma, rispetto alla Franciacorta, l’esperienza nel Grossetano si è rivelata da subito più impegnativa: l’hotel è solo stagionale, con 500 ettari di terra di cui 30 di vigna, e diventa difficile mantenere un equilibrio tra costi e ricavi.

Al di là degli elementi numerici legati a produzione e ricavi, il ruolo di Terra Moretti in campo vinicolo si estende a un più ampio elemento di mercato e di cultura: un’azienda che, nell’arco di poche decine di anni, ha contribuito fortemente allo sviluppo di un intero settore di attività...

In Italia, la cultura del vino di qualità è storia molto recente, di 30/40 anni, al contrario della Francia dove da molti secoli questa concezione è ampiamente consolidata, e con essa anche strutture produttive e di supporto adeguate. I francesi sono veri maestri di marketing e i prezzi sono proporzionati: anche senza essere enologi appassionati, si è disposti a spendere per il vino cifre che possono superare il costo dell’intera cena. Credo anche che i territori si sviluppino soprattutto per emulazione: un motore importante è il desiderio di copiare i successi di qualcun altro. Io ho voluto da subito, 40 anni fa, prendere con me un enologo dalla Francia, dell’Istituto Enologico di Epernay. In questo modo – insieme ad alcuni altri produttori – investendo costantemente nella vigna e in cantina, possiamo dire di aver contribuito alla nascita e allo sviluppo della cultura vitivinicola della Franciacorta e alla creazione di un suo brand, oggi riconosciuto a livello internazionale grazie anche all’attività del Consorzio.

Veniamo così a tempi più recenti: le importanti acquisizioni del dicembre scorso, che hanno portato il Gruppo Terra Moretti a un significativo salto dimensionale con l’acquisto delle aziende Sella & Mosca e Teruzzi & Puthod dal Gruppo Campari. Quali logiche hanno portato a questa operazione?

Un gruppo vinicolo oggi, per competere in uno scenario dai confini sempre più globali, oltre alla qualità del prodotto deve disporre di una struttura adeguatamente dimensionata: un livello che non avremmo mai potuto raggiungere con le sole nostre aziende di Franciacorta e Toscana. Sella & Mosca e Teruzzi & Puthod erano sul mercato già da qualche tempo, ma solo lo scorso anno abbiamo trovato il modo di acquistarle: ad affiancarci in questa operazione, il cui valore è di 62 milioni di euro, sono stati due partner di prestigio, Simest spa (società per lo sviluppo estero delle imprese italiane) e il fondo Nuo Capital della famiglia Cheng/Pao di Hong Kong. Queste strutture, oltre a sostenere finanziariamente l’investimento, contribuiranno in modo decisivo a sviluppare ulteriormente il Gruppo sui mercati internazionali, concentrandosi in particolare sulle grandi opportunità offerte da Estremo Oriente e Cina.

Con le ultime acquisizioni, il Gruppo Terra Moretti è diventato il quarto maggior gruppo vinicolo italiano, con quasi 1.100 ettari di vigne e una produzione che, a fine 2016, ha superato i 9,6 milioni di bottiglie per un fatturato di oltre 63 milioni di euro; il piano industriale prevede che il Gruppo arrivi a superare i 90 milioni di euro entro il 2021. Quali le motivazioni di questa linea di sviluppo?

Abbiamo scelto di investire sulla vigna perché, a mio parere, questa è oggi in Italia una delle attività che, se condotta con competenza e lungimiranza, permette di ottenere una reddività elevata che consente di mantenere alto il livello di eccellenza della vocazione; anche se questo vale soprattutto al di sopra di una certa dimensione. Detto questo, il mio obiettivo non è certo la ricchezza in sé. Piuttosto, quello a cui punto è un’azienda che funzioni, che crei occupazione e benessere diffuso, che mi dia soddisfazione e sia una base solida per la mia famiglia, che oggi è diventata piuttosto numerosa, avendo avuto due nipoti da ciascuna delle mie tre figlie.

A proposito di famiglia, tutte e tre le figlie di Vittorio Moretti sono direttamente coinvolte nelle attività del Gruppo: Carmen si occupa degli hotel; Francesca, enologa, di vino; Valentina, architetto, delle costruzioni. Come viene gestito il rapporto e, in prospettiva, il passaggio generazionale?

Credo che sia fondamentale - ammette Moretti - riuscire a tenere separati i sentimenti e il business, anche se non è certo facile. Ogni figlio è diverso dagli altri, ognuno ha le sue idee… ci ha aiutato molto anche aver stilato, con l’assistenza del Gruppo Ambrosetti, un patto di famiglia che include chiaramente anche il concetto di solidarietà. In generale posso dire che ho sempre cercato di creare una solida cultura famigliare, proiettando nel futuro valori e investimenti: di fornire, insomma, una visione alle prossime generazioni.

È questo quindi, secondo Vittorio Moretti, quello che serve per creare e condurre un’azienda?

Imprenditori si nasce. Poi si migliora, ci si affina, ma gli elementi di base sono innati. Io fin da bambino, alle elementari, ho sempre avuto una visione che mi portava a essere di riferimento per gli altri. E la mia famiglia, seppure modestissima, mi ha sempre dato sostegno in questo senso. Anche mio padre riusciva spesso tra i suoi amici a emergere: probabilmente c’è una componente ereditaria nell’attitudine alla leadership, che, insieme alla capacità di creare una squadra, è un elemento essenziale per un buon imprenditore. 

Ultima modifica 03/07/2017