La prima stagione delle cooperative

Nel 1901 e 1902 sorsero a Desio due associazioni “cattoliche” ma in contrasto fra loro per popolazione di riferimento – L’idroelettrico contro il termoelettrico 

Negli ultimi anni del XIX secolo, quando cominciò a profilarsi il futuro radioso del business degli impianti elettrici, l’insipiente e corrotta classe politica umbertina lasciò campo libero alla Banca Commerciale e al Credito Italiano, due banche miste legate alla finanza franco-svizzero-tedesca. Nel febbraio 1876 la caduta della Destra Storica era stata determinata dall’annosa questione delle ferrovie; da allora tutti i protagonisti dell’economia italiana avevano compreso che era ormai finito il tempo in cui bastava il placet di deputati e senatori per avviare l’esproprio di terreni agricoli per opere “di pubblica utilità” di fatto destinate a società private. 

In tale contesto per il futuro sviluppo del settore elettrico assumevano un ruolo di primo piano le reti di distribuzione del gas già esistenti non solo nei capoluoghi di provincia, ma anche in molti centri minori. Pur essendo il frutto dell’iniziativa privata in ambito locale, esse dipendevano dalle giunte municipali per la posa delle tubature, per la durata delle convenzioni, per le tariffe convenzionate. Il carbone distillato forniva il gas per le lampade stradali, ma alimentava anche le prime centrali termoelettriche, di cui si prevedeva la sostituzione nel più breve tempo possibile con le ben più redditizie centrali idroelettriche, dipendenti da una fonte rinnovabile.

A Monza la società del gas era legata alle due banche sorte su iniziativa degli imprenditori tessili, la Banca Monzese ed il Banco del Commercio Monzese, che entro il 1912 vennero assorbite da istituti decisamente più interessati al settore elettrico. A Desio la Società del gas era sorta su impulso della Banca Popolare di Seregno e Vicinanze (Bpsv) ed aveva assunto la forma giuridica della cooperativa. Più che ai dividendi i promotori, legati al commercio, pensavano all’utilità di un servizio d’illuminazione artificiale per tutta la popolazione, che, come nella vicina Seregno, avrebbe potuto girare sicura per i negozi del centro anche la sera. 

Il consenso dei dipendenti contribuiva all’immagine di autorevolezza di cui godeva il sindaco Egidio Gavazzi; egli aveva favorito la costituzione nella sua tessitura d’una Società di mutuo soccorso, onde fornire un sostegno alle famiglie dei dipendenti malati. 

Le prime vie ad essere illuminate a Desio furono quelle dell’attuale piazza Conciliazione, in direzione della zona ovest della cittadina, quella dove sorgevano i maggiori opifici; solo più tardi la rete del gas raggiunse il quartiere orientale, detto la Vigana, dove risiedevano famiglie di artigiani ed agricoltori. Alla Società del gas s’era ben presto aggiunta la Società cooperativa per l’Acqua Potabile, anch’essa gestita tramite il personale tecnico della Bpsv. Le reti di entrambe s’estesero verso i nuovi quartieri residenziali che andavano sorgendo a nord della Roggia di Desio: derivata a fine ‘300 dal Seveso, apparteneva al maggior proprietario terriero della zona, Tommaso Tittoni, erede tramite la moglie Bice della grande villa già Antona Traversi. 

Dopo l’introduzione delle prime fontanelle pubbliche, alimentate dal grande serbatoio idrico della tessitura serica Gavazzi, cominciò a diminuire in paese il numero dei bambini infettati dal tifo; nel 1901 il notaio Innocente Arnaboldi ed il sindaco Gavazzi promossero una nuova cooperativa allo scopo di tagliare le spese d’intermediazione sulle forniture di medicinali destinati all’Ospedale. 

L’impiego in fabbrica, nonostante le dure condizioni di lavoro con turni diurni e notturni, in ambienti spesso saturi della polvere dei telai o dei vapori chimici dei coloranti, agli occhi di molti giovani della zona rappresentava una buona alternativa rispetto al settore agricolo, ancora legato a contratti d’affitto che li lasciavano spesso in una situazione costante di debito nei confronti dei fittavoli, cui spettava determinare il valore dei prodotti conferiti a fine stagione; esso spesso era ben inferiore al prezzo corrente. I margini per i coloni erano tanto risicati che bastava una grandinata estiva o la morte d’una vacca a compromettere mesi di lavoro.

Agli inizi del regno di Vittorio Emanuele III il complesso dei partiti tradizionalmente attenti alla condizione delle cosiddette classi lavoratrici (i radicali, i repubblicani e i socialisti riformisti) andò acquisendo maggior peso politico. Era il frutto di anni di campagne per l’iscrizione del maggior numero possibile di cittadini maschi alfabetizzati nelle liste elettorali.

Agli inizi del 900 a Desio, come in altri centri della Brianza, le idee “socialiste” trovarono seguito tra gli operai, ma presto si saldarono al malessere dei coloni. Essi chiedevano la possibilità di pagare l’affitto dei campi e delle abitazioni in cascina non in natura ma in denaro e, in taluni casi, chiedevano agli enti pubblici (Ospedali, Opere Pie, ecc.) di affittare “collettivamente” ai contadini le terre, anziché appaltarle, come di consueto, a fittavoli e speculatori. Nel 1902 a Nova, paese confinante con Desio, gli affittuari della proprietà Dall’Acqua, che era passata ai fratelli Paleari, industriali di Lissone, diedero vita ad una vertenza che coinvolse sia i socialisti monzesi che gli esponenti locali dell’intransigentismo cattolico. 

L’anziano parroco di Desio Cesare Mossolini fino ad allora non s’era adeguato alla linea dell’Arcivescovo di Milano Andrea Ferrari, favorevole all’impegno dei giovani cattolici nel campo sociale al fine di contrastare la propaganda del “socialismo ateo”. Tuttavia gli esempi delle società sopra citate indussero il resto del clero locale a non contrastare la nascita di cooperative di consumo, per le quali oltretutto anche il governo s’era dimostrato disposto ad offrire incentivi fiscali. 

A Desio perdurava la storica rivalità tra il quartiere sviluppatosi intorno alla Piazza Conciliazione, e quello orientale, la Vigana, ancora prettamente agricolo. Non stupisce quindi la nascita, nel 1901 e 1902, di due cooperative di consumo “cattoliche”: la Agricola Desiana (a ovest) e la Cooperativa di consumo fra operai ed agricoltori. Nel frattempo il leader dei socialisti, Enrico Galbiati, aveva fondato l’Emancipazione, appoggiandosi alla centrale-acquisti della Federazione milanese tra cooperative di consumo. Dopo il fallimento di quest’ultima (1906) l’Emancipazione sopravvisse grazie al favore con cui l’iniziativa era stata sostenuta tra gli operai del Lanificio Nazionale. 

L’Agricola trovò uno scrupoloso amministratore in Santino Colombo, sostenitore del sindaco Gavazzi. Oltre alle attività comuni alle altre cooperative, e cioè lo spaccio di generi alimentari (venduti ai soci a credito, a terzi in contanti), il forno per la cottura del pane, la vendita di vino sfuso, che ormai veniva prodotto con uve acquistate nel Meridione, l’Agricola forniva ai soci una trebbiatrice a vapore, attivata per la stagione estiva, e la possibilità d’acquistare all’ingrosso i concimi chimici. Alla cooperativa della Vigana, sorta su iniziativa del meccanico Enrico Secchi e di Giuseppe Solaro, era di fatto precluso questo tipo d’attività, in quanto si sarebbe posta in diretta concorrenza con il Consorzio Agricolo “tittoniano”, che puntava al rilancio dell’agricoltura locale. 

Le tre cooperative sin dagli inizi praticarono forme di raccolta dei risparmi dei soci, finalizzati all’acquisto o all’auto-costruzione di almeno un caseggiato, da adibire a negozio e magazzino al piano terra e nel cortile e con qualche appartamento da lasciare in locazione. A livello amministrativo, quella della Vigana s’appoggiò prima ai salesiani, poi al Piccolo Credito Monzese, mentre l’Agricola contribuì alla fondazione, nel 1909, del futuro Banco Desio.

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Ultima modifica 13/01/2015