L'Aquila

città dei quattro Quarti
L'Aquila

I n epoca romana uno dei collegamenti tra la costa tirrenica e quella adriatica, la Via Cecilia, seguiva l’antichissima Via del Sale dalla costa laziale a Roma e alla Sabina, da dove proseguiva lungo la valle dell'Aterno; saliva ad Arischia (frazione dell’Aquila, a ben 14 km dal centro) e da lì al Passo delle Capannelle, poi discendeva la valle del Vomano per Teramo e Giulianova. La valle Amitermina era percorsa anche dai mercanti che seguivano in parte la Via Claudia Nova, lasciavano la Salaria ad Antrodoco, poi facevano tappa a Popoli e a Sulmona.
Era il tratto centrale appenninico della “Via della Lana”, importante collegamento terrestre tra la potente Firenze e Napoli (città scelta dagli angioini quale capitale del Meridione al posto di Palermo). La fertile conca era una sorta di marca di confine tra i possedimenti normanno-svevi e quelli pontifici, e nel corso dei secoli gli insediamenti si erano frazionati in un gran numero di castelli: un centinaio secondo la tradizione, ancor oggi visibile in uno dei monumeri più celebri dell’Aquila, la”Fontana delle 99 cannelle” (1272).
Essa si trova a margine del Quarto di S. Pietro. I Quarti, ciascuno dei quali suddiviso in aree minori, dette “locali”, erano le quattro zone in cui era stato previsto l’insediamento dell’Aquila. Nel 1276 Carlo I d’Angiò approfittò della debolezza dei papi (in quell’anno se ne succedettero tre) per definire il territorio dei Quarti aquilani e il circuito delle Mura, completato nel 1316.
Lo sviluppo urbano interessò in particolare Acculi (oggi Borgo Rivera). Il suo Quarto, San Pietro, terminava nell’angolo nord-ovest di piazza Duomo. Il secondo Quarto era San Giovanni: il nome veniva dall’abbazia di Lucoli, uno dei castelli che avevano ceduto abitanti all’Aquila. Poi i coloni provenienti da Roio imposero alla piazza principale e al Quarto il nome del loro patrono, San Marciano.
Gran parte di piazza Duomo è inclusa nel Quarto di San Giorgio, popolata dai castelli della zona sud-orientale: Bazzano, Fontecchio, Goriano e altri. Tra i monumenti più noti la chiesa “delle Anime Sante”, che per i gravi danni subìti è diventata uno dei simboli del sisma del 6 aprile 2009. Fortunatamente la Francia si è accollata la metà delle spese del restauro, conclusosi due anni fa: una sorte migliore rispetto al vicino Duomo, dove in questi anni gli interventi hanno segnato il passo.
Anche in questo Quarto, con il tempo, al nome originario se n’è sovrapposto un altro: i coloni di Bazzano hanno ottenuto che la chiesa capo-quarto fosse intitolata alla loro patrona, Santa Giusta.
Paganica, importante castello a nord-est delle Mura, diede nome al Quarto di Santa Maria, l’ultimo a essere lottizzato; la grande chiesa dedicata a questa patrona fu completata nel 1308 con il sostegno di Carlo II d’Angiò. I “locali” di Santa Maria vennero lottizzati anche dai cittadini di Assergi, Camarda, Tempera e altri; questo divenne il Quarto più popoloso ed elegante della città e il preferito dai nobili, come ricorda lo storico trecentesco Buccio di Ranallo.
Carlo II fu determinante nell’elezione a papa dell’eremita Pietro da Morrone, Celestino V. Dante l’avrebbe accusato di viltà per la scelta di abbandonare l’alto incarico, tuttavia venne proclamato santo già nel 1313. L’ordine monastico da lui fondato, quello dei Celestini, fu protagonista nella storia aquilana. Nel Quarto di Santa Maria sorsero due monasteri femminili: Santa Agnese (soppresso dopo l’Unità, divenne l’ospedale di S. Salvatore) e Santa Lucia (dal 1867 scuola elementare). Entrambi dipendevano dalla Basilica di Santa Maria di Collemaggio, realizzata entro il 1288 a ovest della città murata, in un punto indicato dal Santo, del quale dal 1327 ospita il sepolcro monumentale.
Il terremoto del 2009 ha provocato il crollo del tetto e gravi danni alle absidi; la parziale messa in sicurezza aveva consentito di perpetuare anche in quel tragico anno la tradizionale apertura, il 28 agosto, della “Porta Santa”, cui è legata l’indulgenza plenaria, detta Perdonanza, voluta da Celestino V.
Le tappe del restauro di questa Basilica evidenziano quanto la ricostruzione abbia dovuto fare i conti con adempimenti burocratici che hanno dilatato i tempi d’intervento. Nel 2013 l’Eni, ente finanziatore, ha ottenuto il via libera dal Ministero per i Beni culturali e architettonici, dalla Diocesi e dal Comune; i lavori sono incominciati agli inizi del 2016 e la Basilica è stata riaperta nel dicembre 2017. Nel 2019 la Perdonanza dell’Aquila è stata inserita nella lista dei Patrimoni immateriali dell'umanità dell’Unesco, mentre nel maggio 2020 il restauro della Basilica ha vinto l’European Heritage Award, patrocinato dalla Commissione Europea.
Dalla Porta Paganica (abbattuta insieme a un tratto delle mura dagli spagnoli nel 1534, per dare spazio alla fortezza realizzata a spese dei riluttanti aquilani) iniziava il percorso della Strada Maggiore, nell’800 intitolata a Vittorio Emanuele II.

Il ruolo dei francescani

L’Aquila nacque negli stessi anni in cui andava diffondendosi in Italia l’ordine dei francescani. Poco dopo la realizzazione, presso Porta Lucoli, del convento di Santa Chiara, ai Quattro Cantoni (dove la Strada Maggiore interseca l’attuale Corso Umberto I) sorse il complesso di San Francesco. Era prossima alla sede del Capitano Regio, ingrandita e abbellita quando vi si insediò la potente Madama Margherita d’Asburgo, figlia dell’imperatore Carlo V. L’edificio, come gran parte del centro storico, fu lesionato dal sisma del 1703, rimase a lungo sottoutilizzato, finché nel 1838 la Provincia ne finanziò il riadattamento a uffici; divenne poi la sede del Comune. Oggi sono quasi conclusi i lavori di ripristino dei gravi danni subiti nel 2009.
Nel convento di S. Francesco morì nel 1444 Fra’ Bernardino da Siena (santo dal 1450). I confratelli nel 1454 intrapresero la costruzione, presso l’antica Porta Leone, di una grande chiesa-mausoleo a lui dedicata, abbellita dalla facciata rinascimentale di Cola dell’Amatrice. A San Bernardino fu legata la famiglia Camponeschi, che per quasi un secolo esercitò la signoria sulla città. Anche San Francesco ospitava cappelle e tombe di altre famiglie nobili, che contribuirono alla sua ricostruzione dopo il 1703. Uno dei discendenti, Alfonso Vastarini, deputato dal 1876 per la Sinistra Storica, fu tra i fautori della totale distruzione del complesso, voluta per dare all’Aquila l’aspetto d’una città moderna, dove passeggiare sotto i portici previsti dal nuovo regolamento edilizio per gli edifici realizzati lungo il Corso, a partire dal Convitto Nazionale (1879).
Un suo antenato, il cappuccino Francesco Vastarini, agli inizi del ‘600 sostenne che costruire nel 1540 il convento di San Giuseppe fuori la Mura fosse stato un errore, e riuscì a raccogliere fondi sufficienti all’acquisto di un terreno libero nel Quarto di San Giorgio su cui sorsero la chiesa e il monastero di San Michele (1610). Nel 1866 il complesso fu assegnato alla Guardia di Finanza, e i cappuccini trasferiti a Santa Chiara. Nel 1885 passò al Comune, che vi volle ospitare l’Esposizione Regionale del 1903; l’edificio era ormai noto come Palazzo dell’Emiciclo per la grande esedra colonnata neoclassica rivolta ai giardini della Villa Comunale.
Agli inizi degli anni ’70 il Palazzo venne destinato a sede del Consiglio Regionale. Dopo il sisma del 2019 l’Emiciclo è stato tra i primi edifici pubblici in Europa dotati di “isolatori sismici” (ben 61) interrati nelle fondazioni. L’intervento è stato deliberato e finanziato (per circa 8,8 milioni di euro) nel 2012; i lavori sono iniziati nel gennaio del 2016 e lo splendido complesso è stato riaperto al pubblico nel giugno 2018, segnando una tappa fondamentale nella rinascita dell’Aquila.

Rubrica: 
Autore: 
Ultima modifica 15/03/2021