LUIGI RIZZO

da Premuda a Fiume

Alcuni mesi fa, su questa rivista, abbiamo rievocato l’episodio del gennaio 1916 da cui nacque l’amicizia tra l’aviatore Gabriele D’Annunzio e Luigi Rizzo, ufficiale di stanza a Grado, piccolo porto dell’Alto Adriatico lasciato dagli austriaci subito dopo l’inizio delle ostilità da parte italiana.

Rizzo nell’ottobre 1917 avrebbe compiuto trent’anni, almeno due terzi dei quali trascorsi su ogni tipo di imbarcazione: mozzo sui pescherecci della natia Milazzo; aspirante ufficiale di rotta sul mercantile a vela genovese Speme, sopravvissuto a una tempesta nell’Atlantico dalle parti di Capo Horn; comandante di un rimorchiatore a vapore nel porto di Salina (delta del Danubio) a bordo del quale nell’inverno 1912 aveva salvato un piroscafo alla deriva nel Mar Nero…

A Grado, Rizzo si fidanzò con Giuseppina Marinaz, figlia di Angelo, medico sull’isola; la giovane aveva documenti austriaci, quindi il matrimonio poté essere celebrato solo a fine ottobre, pochi giorni prima che la rotta di Caporetto obbligasse gli italiani a ritirarsi sino alla foce del Piave, dove l’isolotto di Cortellazzo venne munito di una batteria costiera. La località divenne quindi un obiettivo per la marina nemica; a proteggerla furono inviati i MAS comandati da Costanzo Ciano. Il 16 novembre i motoscafi veloci d’altura si lanciarono contro le corazzate tascabili Wien e Budapest e le costrinsero a desistere dal bombardamento dietro la grande diga di Muggia. Quando era a Grado, Rizzo aveva più volte sfidato il nemico in quella zona, quindi Carlo Pignatti Morano, comandante delle Torpediniere Costiere, lo incaricò di guidare la missione. Nella notte del 9 dicembre due MAS vennero rimorchiati da Venezia al golfo di Trieste, da dove si avvicinarono agli sbarramenti grazie ai silenziosi motori elettrici. Fu necessario tagliare sette cavi d’acciaio, posti quasi a filo d’acqua, prima di poter giungere a circa 50 metri dalle corazzate, dove nel buio vennero lanciati i siluri. La Budapest non fu colpita, mentre la Wien fu affondata da Rizzo. Si trattava dell’unità di maggior stazza distrutta fino a quel momento dalla Regia Marina e l’azione era avvenuta in un momento critico per le armi italiane, quindi fu esaltata dalla stampa nazionale e internazionale. Medaglia d’oro a Pignatti e a Rizzo, che in dicembre poté finalmente godere di un breve congedo matrimoniale.

Ciano, D’Annunzio e Rizzo a bordo dei MAS 94, 95 e 96, nel febbraio 1918 partirono da Venezia e superarono l’Istria; nella notte tra il 10 e l’11 i siluri furono lanciati contro quattro piroscafi alla fonda, senza riuscire a danneggiarne alcuno. Il futuro Vate rivendicò come un successo il fatto d’aver “beffato” il nemico; a fare le spese del sostanziale fallimento della missione fu Rizzo.

I tre motoscafi d’altura non erano tornati alla base di partenza, ma alla più vicina Ancona; e qui venne riassegnato il siciliano, cui venne assegnata la medaglia d’argento a premio “dell’audace attacco al naviglio nemico nella lontana e munita baia di Buccari”.

Luigi avrebbe voluto rimanere a Venezia e sviluppare il progetto dei barchini detti “saltatori”, in grado di superare le reti di protezione, o anche farsi assegnare alla base MAS di Brindisi, dove non mancavano le occasioni di dare la caccia ai sommergibili che forzavano il blocco navale interalleato. Così apprese con un filo d’invidia il successo ottenuto nella notte tra il 12 e il 13 maggio dai MAS 99 e 100: l’affondamento del mercantile Bregenz, da 4 mila tonnellate. Nelle lunghe e noiose missioni di perlustrazione notturna, a bordo di imbarcazioni basse sull’acqua i dolori reumatici s’acuivano, come confidò in uno sfogo con l’amico D’Annunzio.

Ma la sorte aveva altro in serbo. La sera del 9 giugno due torpediniere partite da Ancona rimorchiarono il MAS 15 di Rizzo e il 21, comandato dal guardiamarina Giuseppe Aonzo, nel braccio di mare tra le isole croate di Premuda e Gruiza. La missione notturna doveva accertare l’eventuale presenza sottocosta di mine subacquee; non ve n’erano. All’alba del 10, mentre si apprestava a tornare presso le due navi appoggio, Rizzo scorse il fumo di un’intera squadra navale austriaca, che era partita anch’essa il giorno prima dalla munitissima base di Pola e dirigeva a sud, intenzionata a forzare il blocco di Otranto.

Incuranti delle navi di scorta, i due motoscafi puntarono al “bersaglio grosso”, cioè alle corazzate Szent Istvan (nave ammiraglia, varata nel 1914, 20 mila tonnellate) e Tegetthoff. A circa mezzo miglio aumentarono la velocità da 9 a 12 nodi e virarono in modo da trovarsi davanti la fiancata del bersaglio, lanciando da trecento metri entrambi i siluri. Quelli di Aonzo contro la Tegetthoff fecero cilecca, mentre Rizzo colpì in pieno l’altra corazzata, che cominciò subito a imbarcare acqua. Poiché la Szent Istvan era la nave di testa, i caccia di scorta si trovavano già sulla rotta giusta per inseguire Rizzo, che dovette accelerare al massimo e zigzagare per evitare i colpi degli avversari. Il più ostinato stava per raggiungerlo ma lui lanciò le due bombe di profondità di cui era dotato il MAS 15, e riuscì a guadagnare mare. Entrambi poterono tornare ad Ancona senza ricorrere alle torpediniere, cui Rizzo aveva inviato un segnale luminoso per farle allontanare.

L’azione di Premuda ottenne un’immensa copertura mediatica, tanto che in epoca fascista la festa della Marina venne spostata al 10 giugno. Rizzo ottenne un’altra medaglia d’oro e un’altra promozione.

A Fiume con il Vate, a Genova con il Comandante

Rizzo era diventato capitano di fregata, quindi destinato, nella logica gerarchica della Marina, o a un comando di un’unità più prestigiosa di un MAS, o a servizi amministrativi.

Dato l’alto numero di aspiranti a un comando, il Sottocapo di Stato Maggiore Giovanni Sechi gli lasciò ampia autonomia operativa, tanto che negli ultimi mesi del 1918 poté riallacciare vecchi rapporti con gli ambienti della marineria genovese, e in particolare con Giuseppe Giulietti: nato a Rimini nel 1879, capitano di lungo corso sulle rotte tra Genova e il Brasile, alla fine del 1909 aveva ottenuto dalla Camera del Lavoro di Genova carta bianca per la riorganizzazione sindacale dei “lavoratori del mare” (F.I.L.M.). In pochi anni aveva ottenuto significativi successi intraprendendo diverse vertenze con metodi innovativi: in particolare, il ricorso ai certificati medici per uno o due uomini- chiave dell’equipaggio, ad esempio i fuochisti. In tal modo gli armatori non disposti a venire a patti con il sindacato di Giulietti dovevano cercarsi (spesso invano) altro personale con la medesima qualifica degli “ammalati”, mentre la nave restava bloccata in porto e il grosso dell’equipaggio non perdeva la paga (perché non si trattava di uno sciopero). Nel 1914-15 la neutralità dell’Italia aveva incrementato notevolmente gli affari per gli armatori nazionali, che pur di mantenere le commesse avevano accettato di firmare contratti più favorevoli ai marittimi. La guerra aveva prodotto la perdita di molte vite tra i marinai, che lamentavano l’inadeguatezza delle paghe all’aumento del costo della vita. Gli armatori avevano perso non pochi piroscafi, tuttavia il danno era rimborsato dalle compagnie assicurative.

Rizzo condivideva con i social-riformisti interventisti l’idea che lo Stato avrebbe potuto e dovuto offrire ai lavoratori almeno una parte del naviglio preda di guerra, anziché lasciare che fosse messo in blocco all’asta, perché ciò avrebbe favorito solo gli armatori.

Il 23 agosto 1918 venne pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il D.L. 1149, che all’art. 10 recepiva tale impostazione. Onde concorrere all’assegnazione, il 18 settembre venne appositamente costituita la cooperativa Garibaldi, che si proponeva di raccogliere tra i lavoratori un capitale sufficiente a concorrere all’assegnazione. Tuttavia l’effettiva fine del conflitto fece sorgere una difficoltà imprevista, che si aggiungeva all’esiguità delle sottoscrizioni: Vienna prima di arrendersi aveva improvvisamente lasciato ampio spazio ai “nascenti” stati slavi (sloveno, croato e serbo, poi confluiti nel Regno di Jugoslavia), cui sarebbe toccata (con l’avallo della “comunità internazionale”) gran parte delle prede belliche tanto sospirate dall’Italia. Rizzo ne fu informato dal suo ex comandante a Grado, Alfredo Dentice di Frasso, nominato in novembre comandante militare marittimo a Trieste.

Nel settembre 1919 D’Annunzio, alla guida del composito gruppo dei “legionari”, e con l’appoggio più o meno velato di ampi settori delle forze armate e dei partiti interventisti, procedette all’occupazione di Fiume. Giulietti non si limitò a promuovere una raccolta di fondi: alcuni suoi fidi si impadronirono a La Spezia del piroscafo Persia, con un carico di 13 mila tonnellate di armi destinate dagli Alleati ai russi bianchi (controrivoluzionari). Il 15 settembre la nave giunse a Fiume e le armi sbarcate; quale ricompensa il Vate accettò di trattenere il Persia “in ostaggio” finché il governo italiano non stanziò i fondi per finanziare la Cassa Unica della Previdenza Marinara.

Dentice aveva avuto modo di stringere buoni rapporti con l’imprenditoria triestina nel difficile momento del passaggio dalla sovranità austriaca a quella italiana, eppure a Roma l’incarico di trattare con D’Annunzio venne affidato al generale Pietro Badoglio, il quale s’installò a Trieste, sminuendo di fatto il ruolo di Dentice. In tale contesto si colloca la nomina di Rizzo alla guida della Flotta del Quarnaro, e la sua attività in favore del rifornimento di viveri alla città, nonostante la contrarietà espressa ufficialmente dal governo italiano.

Tuttavia la situazione andò rapidamente deteriorandosi: agli inizi del 1920 si consumò la rottura tra D’Annunzio e il suo capo di gabinetto a Fiume, l’irrendentista e nazionalista Giovanni Giuriati (sostituito dal più radicale Alceste De Ambris); anche Rizzo decise di lasciare la città istriana e di andare a vivere con la famiglia nella villa di Pegli che aveva potuto costruirsi grazie alle ricompense ottenute a seguito dell’azione di Premuda. Poche settimane dopo, in marzo, Dentice lasciò l’incarico ma non Trieste, dove assunse importanti incarichi presso il Lloyd Triestino, con l’avallo degli armatori Cosulich.

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Ultima modifica 14/02/2019