Santa Maria degli Angeli

La porta al mondo di Francesco

Percorrendo la piana che collega Perugia a Foligno il profi lo del Monte Subasio è una rassicurante sagoma panciuta che si alza tra le case di Assisi a occidente e Spello a oriente. Dalla strada, però, il primo piano architettonico non è quello delle basiliche che caratterizzano Assisi e neppure quello del declivio sul quale degrada Spello. La mole della grande cupola di Santa Maria degli Angeli troneggia su ogni altra sagoma circostante. 

La storia di questa basilica pontifi cia è abbastanza inusuale rispetto a quella delle altre chiese di pari imponenza. La grandiosa architettura fu voluta da Papa Pio V come un solenne contenitore, abbastanza capiente per custodire tre cappelle che caratterizzano la storia di San Francesco di Assisi. Le sue mura circoscrivono infatti la famosa Porziuncola, la Cappella del Transito e la Cappella del Roseto, oltre ad altri luoghi che la memoria del patrono d’Italia rende sacri.

I pellegrini che giungevano sempre più numerosi da ogni dove e si apprestavano a visitare Assisi, trovavano sulla via per il Subasio la Porziuncola e vi sostavano. In pratica, era la porta di ingresso per i luoghi del poverello di Assisi e come tale meritava attenzione anche dal punto di vista architettonico.

Fu Galeazzo Alessi a fi rmare il progetto originario, caratterizzato da un rigore strutturale ispirato alla semplicità ideale imposta dalla dichiarazione di povertà dell’Ordine Francescano. L’entità dei pellegrini è testimoniata dalla fontana sul lato sinistro della Basilica. Detta “delle 26 cannelle” fu realizzata dai Medici nel 1610 per portare sollievo alle masse che nelle ricorrenze si recavano a Santa Maria degli Angeli per rendere omaggio al santo. La fonte mostra le sei palle nello scudo, stemma della nobile famiglia fi orentina. A riprova della devozione al santo, in passato Cosimo dei Medici aveva già fi nanziato un acquedotto per i frati che vivevano nelle capanne a ridosso della Porziuncola. L’acquedotto fu poi restaurato e potenziato da Lorenzo il Magnifi co.

Il disastroso terremoto che nel 1832 colpì l’Um bria non risparmiò la struttura. Dalle testimonianze dell’epoca rimasero in piedi solo le mura perimetrali e la cupola. Per riparare danni così gravi i fedeli dovettero attendere ben otto anni. Fu in quella circostanza che il disegno della Basilica iniziò a modificarsi in direzione delle linee attuali. L’intento era di conferirle quella solenne monumentalità in grado di esprimere già da lontano l’importanza del santuario e del suo contenuto. L’imponente statua in bronzo dorato raffigurante Maria che troneggia sulla cuspide risale al 1930.

 

La Porziuncola

La minuta chiesa originariamente intitolata a Santa Maria degli Angeli risale al IV secolo e fu in seguito trasferita nel patrimonio dei monaci benedettini. Deriva il nome di “Portiuncula” dalla piccola porzione di terreno su cui sorgeva. Quando San Francesco e i confratelli decisero di recuperarla versava in pessime condizioni. 

Si racconta che proprio qui il Santo comprese chiaramente la sua vocazione e fondò l’Ordine dei Frati Minori nel 1209, affidandolo alla protezione della Vergine Madre di Cristo, patrona della chiesina ai piedi del Subasio. I Benedettini donarono a Francesco il luogo e la cappella per farne il centro del nuovo Ordine nascente. Sempre qui, il 28 marzo 1211, Chiara riceve dal Santo l’abito religioso, dando inizio all’Ordine delle Povere Dame, meglio conosciuto col nome di Clarisse.

 

La Cappella del Transito 

Il minuscolo vestibolo è il semplice vano in pietra in cui era situata l’infermeria del convento originario. È qui che Francesco trascorse le ultime ore della sua vita terrena, deposto “nudo sulla nuda terra” dove morì la sera del 3 ottobre 1226. Aveva appena aggiunto gli ultimi versi al suo Cantico delle Creature, dedicandoli alla morte che si apprestava ad abbracciare: Laudato sii mi’ Signore, per sora nostra morte corporale da la quale nullo homo vivente po skappare: guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali; beati quelli ke trovarà ne le tue sanctissime voluntate, ka la morte secunda nol farrà male. 

 Il 3 ottobre di ogni anno, al tramonto, vi si celebra solennemente il Transito del Santo verso il Regno dei Cieli.

Il roseto

È quell’area del Santuario che si ritiene fosse occupata dall’antica selva dove i frati avevano le loro capanne. 

Considerata l’epoca e la zona, è attendibile pensare che effettivamente la pianura fosse occupata da fitti boschi e la chiesetta che vi si trovava giacesse dimenticata. La tradizione cristiana vuole qui il groviglio di rovi dove Francesco si rotolò per vincere il dubbio e la tentazione. Fortemente tentato dal demonio, il Santo si gettò nudo tra le spine confidando in Dio, senza atteggiamenti di sfida. Con la risolutezza di quell’atto, Francesco manifestò la propria lotta contro ciò che poteva separarlo da Dio, cioé il male a cui avrebbe potuto aderire.

Secondo la tradizione duecentesca, al contatto col corpo di Francesco i rovi che infestavano la selva si mutarono in rose senza spine. La prova vissuta come la visse Francesco esprime il concetto che ciò che spaventa prima di entrarci perde la capacità di fare del male se si ha fede. La morte è solo l’ultimo roseto che si pone dinanzi a noi. La Rosa Canina Assisiensis è il fiore che sarebbe nato dai rovi di Francesco e che ancora oggi continua a sbocciare nei pressi della Porziuncola.

 

Il Cortile delle Rose

Lo spazio, aggiunto nel XIX secolo, attraversa e collega la Basilica ad alcuni dei luoghi più sacri alla memoria di San Francesco, che trascorse qui la maggior parte della sua vita. Era la casa a cui tornava sempre dopo le lunghe peregrinazioni. Il luogo è uno stimolo di meditazione e preghiera, il monumento in bronzo risale agli inizi del Novecento ed è opera di Vincenzo Rosignoli. La pecorella raffigurata (che si racconta effettivamente donata a Francesco) rappresenta la sua semplicità e la sua innocenza.

angeli-2.jpg

Rubrica: 
Autore: 
Ultima modifica 23/12/2016