Gubbio

Gioielli di pietra sotto il monte Ingino

Le case appaiono a grappolo attorno al Palazzo dei Consoli, adagiate come un gregge di edifi ci ai piedi della ripida parete del monte Ingino. È Gubbio.

La città del lupo di San Francesco, dei balestrieri, dei gioielli architettonici medievali e rinascimentali. La sua posizione defi lata dalle grandi vie di passaggio e, nonostante tutto, la potenza che rappresentò, ne ha fatto un caso storico. Astenutasi dalle battaglie delle tribù vicine contro i romani, ne fu premiata con riconoscimenti territoriali e di prestigio.

Ma è il Medioevo a segnare ancora di più la sua identità.

Ceduta alla Chiesa da Pipino il Breve, pur assoggettata ai vescovi non rinnegò mai le simpatie ghibelline. 

Ben foraggiata di armi e uomini, dall’inizio dell’XI secolo si dedicò ad una politica espansionistica sui territori circostanti. I risultati si leggono ancora oggi, visto che è il primo comune dell’Umbria per estensione e il settimo italiano. Le intense guerre di confi ne e i successi fecero in modo che Gubbio arrivasse ad essere protetta da una rete di più di cento castelli.

Tanta forza non poté non infastidire la potente Perugia.

Allarmata da troppa ambizione espansionistica, nel 1151, con undici città confederate, sferrò l’attacco su Gubbio con l’intenzione di annientarla. L’alleanza aveva però sottovalutato la tenacia dell’avversario. La città non solo resistette, ma contrattaccò sbaragliando gli avversari. Gli eugubini riconobbero nella vittoria l’appoggio di Ubaldo, il vescovo poi eletto patrono. 

Alla supremazia militare seguì a breve quella commerciale.

I successivi scontri portarono Gubbio alla perdita di alcuni territori, restituiti dai perugini solo sul fi nire del XIII secolo con un trattato di pace. 

Il carattere agguerrito degli eugubini non si placò, e dopo fasi alterne di successi, sconfi tte e nuovi successi, tra cui le occupazioni pontifi cie con i governi del cardinale Albornoz e del vescovo Gabrielli, la città decise di consegnarsi ai Montefeltro per entrare nella sfera d’infl uenza marchigiana dei duchi di Urbino. La comunità di Gubbio ottenne un lungo periodo di tranquillità che non fece rimpiangere la perdita del titolo di libero comune.

Del resto, quella dei Montefeltro era una signoria che aveva dimostrato di apprezzare le arti. La città ricominciò infatti a fi orire culturalmente e artisticamente. 

A Gubbio furono restituiti anche i privilegi. Salvo brevi interruzioni per le signorie dei Malatesta e dei Borgia, la città rimase ai Montefeltro fi no al 1508, quando subentrarono i Della Rovere. Dopo la morte dell’ultimo erede della casata, tutti i beni e tutti i feudi passarono allo Stato Pontifi cio, per il quale rimase terra di confi ne sperduta tra i monti. Ma ormai Gubbio era la Gubbio che conosciamo oggi. Con il Regno d’Italia, nel1860 fu staccata dalle Marche e riattribuita alla sfera umbra per essere aggregata alla neo-costituita provincia di Perugia.

Nel Novecento fu interessata da importanti fl ussi migratori conseguenti alle crisi.

 

Il Palazzo dei Consoli

Un percorso storico tanto movimentato ha lasciato a Gubbio quel patrimonio di valore che oggi la rende unica. Su tutti, spiccano i due edifici che, senza nulla togliere agli altri, sono a vario titolo il suo biglietto da visita.Il rappresentativo Palazzo dei Consoli fu fatto costruire nel XIV secolo per testimoniare il prestigio della città. Le bucature della facciata in stile gotico e lo scalone rendono l’edificio un esercizio di architettura che ha fatto scuola a molti architetti. Dal lato sinistro si slancia l’agile torretta campanaria merlata.

Il “Campanone”, suonato coi piedi dai campanari, risale al 1769 e pesa 20 quintali. All’interno dell’imponente sala maggiore con volta a botte e nei vani al piano superiore è allestito il Museo Comunale che custodisce, tra altri tesori, le Tavole Eugubine, reperto preromano in lingua umbra. 

La bellezza dell’edificio, che è uno dei più rappresentativi dell’Italia rinascimentale, si lascia godere valorizzata ulteriormente dall’ampio spazio della prospicente Piazza Grande. La parte orientale della costruzione trecentesca, è divisa in sezioni a più piani, con le facciate, che riprendono lo stile medievale delle abitazioni eugubine. In un certo senso è un’opera incompiuta, perché i quattro grandi spazi ricoperti con volta a botte rivolti verso la strada non furono mai del tutto completati.

 

Palazzo Ducale e Palazzo del Bargello

Si trova davanti al Duomo ed è frutto dell’ampliamento e della trasformazione di un nucleo di edifici medievali. Fu fatto costruire a partire dal 1476 da Federico di Montefeltro. All’interno si apre lo stupendo cortile corrispondente allo spazio in precedenza occupato dall’antica piazza del Comune.

Le sale al piano terreno conservano camini e altri ornamenti architettonici. Spicca la copia dello “studiolo” di Federico da Montefeltro (vedi box). Nei sotterranei si trovano reperti di scavo, mentre le altre ali del palazzo sono adibite a sede di esposizioni temporanee.

Della città non può mancare la citazione di un terzo edificio, il Palazzo del Bargello, caratteristica e ben conservata costruzione eugubina del ‘300. Si dice fosse l’antica residenza del magistrato capo della polizia della città, il Bargello, appunto. La piazza antistante ospita l’omonima fontana, di origine cinquecentesca ma rimaneggiata negli ultimi due secoli. 

È chiamata “fontana dei matti”: chi compie tre giri attorno ad essa riceve simbolicamente, dopo essere stato battezzato con la sua acqua, il diploma di “matto di Gubbio”. Il centro è tradizionalmente definito la città dei matti, probabilmente in riferimento alla proverbiale imprevedibilità e ironia degli eugubini.

La stessa imprevedibilità che probabilmente ha aiutato i fasti militari della città e la ricchezza del passato che oggi richiama da tutto il mondo turisti alla ricerca di mete straordinarie.

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Ultima modifica 23/12/2016