La casa delle Farfalle

La casa delle Farfalle

Quando l’eccellenza è sotto gli occhi, a volte rischia di passare inosservata

È questo che pensavo avvicinandomi al grande palazzetto dall’imponente scritta “Accademia Internazionale di Ginnastica Ritmica”. Già, perché tra le molte caratteristiche della città di Desio c’è anche quella di essere il “quartier generale” di una delle punte di diamante dello sport italiano: la squadra nazionale di ginnastica ritmica, disciplina in cui il nostro Paese eccelle in ambito mondiale.

È in questa moderna struttura che si allenano le giovani atlete ai massimi livelli; è qui che vengono selezionate le nuove promesse e che vengono svolti incontri ed eventi a livello internazionale. Quanto basta per qualificare l’Accademia come un orgoglio locale e per rendere Desio una vera e propria “capitale” della ginnastica ritmica; anche se, per il meccanismo che spesso regala scarsa evidenza a molte discipline sportive, questa eccellenza non viene talvolta percepita nelle sue reali dimensioni.

A parlare, comunque, basterebbero i risultati: nel corso degli anni le “farfalle” della ritmica (una definizione coniata nel 2004 dal giornalista Giovanni Arpino, che ormai è diventata un marchio di fabbrica delle atlete della nostra nazionale) hanno messo insieme un palmarès di primissimo piano, con un grande numero di medaglie tanto ai Campionati Mondiali, quanto ai Campionati Europei, oltre che con un argento e un bronzo ai Giochi Olimpici. Uno dei più recenti successi, il primo posto ai Campionati Mondiali svoltisi a Sofia, in Bulgaria, nel settembre scorso, ha anche fornito alla squadra la prestigiosa qualificazione anticipata per le Olimpiadi di Tokyo 2020.

Alla guida di questo gruppo di atlete dal 1996 c’è Emanuela Maccarani, a sua volta ginnasta di livello internazionale negli anni ’80. È a lei che abbiamo chiesto di raccontare la storia di questa realtà mentre, all’interno della grande palestra, seguo quasi ipnotizzata gli allenamenti delle atlete alle prese con un esercizio di gruppo con le 5 palle. “Desio è la nostra casa ormai da 18 anni: in precedenza gli allenamenti erano svolti prima a Castellanza, e successivamente a Follonica.

Nel gennaio 2001 si decise di trasferire qui il Centro Tecnico Federale, presso il palazzetto dello sport (il noto “PalaBancoDesio”) di proprietà del Comune di Desio, presso il quale eravamo in affitto. È così che, anno dopo anno, Desio è diventato un centro di attività per la ginnastica ritmica a livello nazionale e internazionale; tanto che alcuni anni dopo, nel 2009 quando per la prima volta la nostra squadra vinse l’oro nell’all-round ai Campionati Mondiali di Mie, in Giappone il CONI fornì il proprio contributo alla Federazione per la costruzione di un impianto ad hoc: la struttura in cui ci troviamo ora”. Una struttura che, va detto, ha richiesto parecchio tempo per essere completata, dal momento che l’inaugurazione è avvenuta solo il 5 settembre dello scorso anno; ma questo non ha impedito alla squadra di continuare nel frattempo a mietere successi, grazie a quella che si è ormai confermata come la “scuola italiana” per questo sport. “È vero - conferma Maccarani - in tutto questo tempo ci siamo sempre posizionate a un livello molto alto, con risultati da podio. Ma in questo sport non c’è niente di facile; la competizione è di altissimo livello e il lavoro per mantenersi ai vertici è costante e molto duro: tanto più quando si parla di risultati di squadra, che richiedono un apporto coordinato del gruppo. Il nostro è uno sport che richiede grandissimo impegno, per certi versi maggiore di altre discipline che godono di più vasta popolarità nei confronti del pubblico; il fatto poi di essere uno sport esclusivamente femminile può rappresentare un ulteriore handicap per la visibilità… anche se negli ultimi tempi possiamo dire che il nostro lavoro è maggiormente riconosciuto, e che abbiamo guadagnato una buona identità”.

L’impegno, di fatto, non è solo quello fisico e mentale richiesto alle atlete: anche da un punto di vista organizzativo e finanziario le richieste sono molteplici. Spiega infatti Maccarani: “Il circuito di World Cup    21 di quest’anno è molto intenso e prevede una quantità di competizioni a livello internazionale; trasferte che, ogni volta, arrivano a costare tra i 15 e i 20.000 euro. Si tratta di uno sforzo davvero ingente per la Federazione, che rende indispensabile anche un sostegno esterno: un aiuto in questo senso ci viene da Banco Desio, che fornisce un importante contributo all’organizzazione del nostro “Golden Butterfly Gala”, il gala annuale della squadra nazionale che festeggia quest’anno il suo decimo anniversario e che si terrà il 25 maggio presso il PalaBancoDesio. Un appuntamento nato inizialmente come ‘saggio di fine anno’ delle nostre ragazze, ma ormai trasformatosi in un prezioso momento per potersi esibire al di fuori dei vincoli strettamente agonistici, dando maggiore spazio all’aspetto artistico e creativo (che molte volte in gara emerge in misura minore): insomma, un vero e proprio spettacolo in cui le nostre atlete danno il loro meglio”.

La casa delle Farfalle

Parliamo ora delle protagoniste, queste straordinarie “farfalle” dall’aspetto leggerissimo e dalle movenze armoniose, che nascondono però al loro interno una fibra di acciaio: chi sono, come vivono, quanto si allenano? “L’ingresso nella nazionale spiega ancora Maccarani avviene dai 15 anni compiuti, età in cui si inizia a gareggiare come ‘senior’ nelle varie competizioni; e da lì si procede per gli anni successivi finché la resa atletica si mantiene ai massimi livelli. In questo momento, per esempio, l’età delle componenti della squadra va dai 16 ai 22 anni. Si vive qui a Desio, in albergo, per 11 mesi l’anno, e la giornata è scandita da due allenamenti quotidiani, mattina e pomeriggio, cui si aggiungono le altre attività legate alla cura del fisico, dalla fisioterapia alla parte medica. Al termine dell’allenamento pomeridiano le ragazze si dedicano allo studio, con istituti privati che effettuano le lezioni in albergo e che preparano ogni anno a sostenere gli esami come privatiste; alcune delle atlete più grandi sono iscritte all’università, che seguono attraverso corsi on line”.

Una vita interamente dedicata alla ginnastica ritmica, insomma: non certo facile per delle giovanissime che devono staccarsi dalla famiglia, dal proprio ambiente, da una vita sociale… come si gestiscono queste scelte così specifiche? “Le nostre atlete vivono la loro fase adolescenziale, che per definizione è difficile e delicata; tanto più quando si è chiamate a 8 ore al giorno di lavoro faticoso, che porta con sé anche una serie di temi sensibili legati all’accettazione del proprio corpo e alla misura delle proprie capacità. Devo dire però che abbiamo ormai sviluppato un sistema consolidato per affrontare tutte queste tematiche in una maniera equilibrata e naturale. Ora, poi, c’è anche l’importante tema dei social network, su cui le nostre ragazze sono molto attive; un elemento utile, perché in grado di amplificare i nostri successi, anche se personalmente non sono molto favorevole a questo tipo di strumenti, che a mio avviso rischiano in qualche modo di modificare la percezione della realtà e di influenzare le atlete (nonché, a questi altissimi livelli, la loro concentrazione sull’obiettivo)”.

Questo duro lavoro non riguarda comunque solo le atlete; anche per chi allena l’impegno è notevole: “Mi occupo dalla squadra nazionale da ormai quasi 30 anni e questo mi assorbe una grande quantità di tempo e di energie; ma è anche un lavoro di grandissimo interesse e soddisfazione, soprattutto perché consente di occuparsi, oltre che dell’aspetto tecnico e atletico, anche della persona, delle sue emozioni, del rapporto umano che si riesce a stabilire: ed è questa la cosa più bella e interessante. Ancor più che nel passato, oggi per allenare non è sufficiente aver frequentato un corso tecnico, ma è essenziale aver praticato lo stesso sport: in questo modo si condivide lo stesso punto di vista, si comprendono certe emozioni, e magari si evitano anche alcuni errori. E poi, c’è la particolarità di vivere in un universo tutto al femminile, composto solo di donne. E ora, a 53 anniracconta sorridendo Maccarani posso ammetterlo: è tutto più semplice. Senza maschi ci si capisce prima, si è più pratiche, si bada di più ai fatti e si lavora in modo più flessibile, adeguando e modulando le soluzioni di volta in volta. A mio parere è proprio questa la chiave di lettura vincente: quella di sapersi adattare ai cambiamenti, tanto nello sport quanto nella società”.

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Ultima modifica 03/07/2019