Sport per CAMPIONI SPECIALI

Sport per CAMPIONI SPECIALI

Il volto di Adriana Balduzzi, rigorosamente coperto dalla mascherina chirurgica, è quello della fatica. Ha appena smontato dal turno di notte, trascorso con i suoi ragazzi, quelli che assiste al Centro Maria Letizia Verga di Monza. È stanca, lo si intuisce forse ancora di più in videochiamata, nel vivo della pandemia da Covid-19. Ma le sue parole sono quelle di chi il proprio lavoro lo fa con passione. È il medico responsabile del Day Hospital di Ematologia Pediatrica presso l’Ospedale San Gerardo di  Monza, struttura di eccellenza per lo studio e la cura della leucemia infantile, che fa riferimento alla Fondazione per il Bambino e la sua Mamma: “Qui è un po’ come fosse casa mia – dice -. Qui ho ricevuto la mia prima borsa di studio, negli anni della specializzazione. La mia storia professionale è legata a doppio filo con quella del Comitato Maria Letizia Verga, che è il valore aggiunto del Reparto di Ematologia della Clinica Pediatrica di Monza. Il sostegno del Comitato è costante, per i grandi progetti, così come per le piccole cose”.
I frutti di questa alleanza terapeutica stanno nei numeri: “Presso l’Ematologia Pediatrica a Monza – spiega la Professoressa Balduzzi - sono stati curati oltre 2.500 pazienti e oltre 800 sono stati sottoposti a trapianto di midollo osseo. Consideri che ogni anno vengono diagnosticati e curati circa 80 bambini e ragazzi con leucemia o linfomi, oltre ad altrettanti casi di malattie ematologiche non oncologiche”.
Qui le emozioni, quelle forti, sono all’ordine del giorno. Così come è di casa la ricerca di nuove modalità di cura. Una di queste la si fa attraverso lo sport. Proprio così: lo sport.
Nell’ambito dell’attività ordinaria, infatti, la Professoressa Balduzzi coordina e supervisiona dal punto di vista clinico il progetto Sport Therapy, nato nel 2017 su impulso del Professor Andrea Biondi, Direttore della Clinica Pediatrica. Il Medico dello Sport responsabile del progetto Sport Therapy è la Dottoressa Francesca Lanfranconi. Accanto a lei lavorano il Dottor Marco Pollastri, medico dello sport, scienziati motori, osteopati e istruttori di gesto tecnico, come il maestro di golf, la guida alpina per l’arrampicata sportiva o il maestro di karate.
Il progetto è sostenuto dal Dottor Momcilo Jankovic, Pediatra ed Ematologo, il noto ‘Dottor Sorriso’. Nella squadra c’è anche Tommaso Moriggi, oggi scienziato motorio, ma ieri ragazzo in cura proprio in questo Centro per la leucemia: è lui uno dei simboli della rinascita, che da sempre si cerca di trasmettere attraverso chi guarisce da questa malattia.
Nella sede monzese è stata allestita in modo innovativo una palestra sicura e adatta agli esercizi effettuati durante la Sport Therapy. Si tratta di un percorso inclusivo, dove sia gli atletini molto fragili sia quelli più prestanti possono fare esercizi adatti alle loro capacità. È idealmente uno spazio unico, che collega le camere del reparto, la palestra e la terrazza con una progressione di attività che prepara anche alla vita fuori dall’ospedale.
La Sport Therapy ha molteplici significati. Lo spiega bene la Professoressa Balduzzi, che cita il modello monzese come un punto di riferimento per molti altri centri, affiancandosi ad analoghe esperienze sia in Europa (a Francoforte in Germania, ad Atene in Grecia, a Bratislava in Slovacchia), sia oltreoceano (ad Adelaide in Australia): “Quando un bambino giunge in un reparto di Ematologia Pediatrica, la comunicazione di diagnosi assume un ruolo drammatico per le famiglie. L’esordio della malattia leucemica è, nella maggior parte dei casi, acuto, cioè veloce. Poter dire che alla chemioterapia si assocerà la Sport Therapy è una comunicazione rassicurante. Fa capire ai ragazzi e ai loro genitori che c’è un futuro. Inoltre gli schemi di chemioterapia implicano la necessità di ricoveri, talora protratti, durante i quali i bambini e i ragazzi sono allettati (altro che la quarantena che ci ha riguardato tutti in queste settimane di inizio 2020!, ndr). L’allettamento è di per sé una malattia, che si può contrastare con l’allenamento. Partecipare ai programmi di Sport Therapy riduce i danni da allettamento e immobilità, che includono l’aumentato rischio di infezioni respiratorie”.
Insomma, la Sport Therapy offre un contributo cruciale al lavoro dei medici.
Ogni bambino ricoverato nel centro viene valutato dai pediatri e inviato per la valutazione medico-sportiva presso il team di Sport Therapy, che preparerà per il piccolo paziente una scheda di allenamento adatta alle sue caratteristiche, proprio come si fa per i campioni dello sport. Del resto, questi piccoli sono assai più che campioni!
Per fare un allenamento di precisione è necessario conoscere le condizioni di salute di ogni piccolo atleta. Si devono verificare le capacità residue di compiere esercizio aerobico (camminare, correre, salire e scendere le scale), quanta forza c’è ancora nelle gambe e nelle braccia, l’equilibrio, la coordinazione, l’agilità e la flessibilità dei muscoli.
I medici dello sport rivalutano continuamente l’atleta, unitamente ai pediatri, e adattano l’allenamento in base alla performance e ai parametri registrati in ogni seduta di trattamento.
L’allenamento di precisione viene svolto in palestra e direttamente nelle camere dei reparti. Esistono degli appositi kit di attrezzi e gli esercizi sono effettuati in gruppo, quando è possibile, o individualmente, a seconda delle condizioni di salute.
I risultati sono incoraggianti: l’analisi dei dati in corso e l’entusiasmo dei partecipanti dimostrano che la Sport Therapy contribuisce a contrastare gli effetti collaterali delle terapie e aiuta il bambino ad avere una migliore qualità di vita sociale e psicologica.
Negli occhi e nel cuore di chi deve affiancare bambini e ragazzi catapultati in una sfida così tremenda ci sono immagini ed emozioni che lasciano il segno: “Chiudo gli occhi e si affollano nella mia mente dieci, cento, mille bambini e ragazzi che abbiamo curato negli anni, insieme ai loro genitori, con i quali abbiamo gioito e pianto, fianco a fianco – racconta Balduzzi -. Ciascuno di loro resterà scritto per sempre nei nostri cuori. Da ciascuno di loro abbiamo imparato qualcosa. La forza dei nostri piccoli  pazienti non finisce mai di sorprenderci. Mi sono commossa quando una ragazza mi ha guardato negli occhi e mi ha detto ‘Mi hai semplicemente salvato la vita’; oppure quando un papà, che stava per perdere suo figlio, mi ha detto ‘Non smetta mai, c'è bisogno di gente come voi…’. E come non commuoversi di fronte alle lettere che si scambiano i donatori di midollo e i genitori dei bambini trapiantati? Quelle famiglie celebrano un doppio compleanno, è una vera rinascita. Insomma, serbo infiniti episodi di felicità e dolore”.
Le famiglie e in particolare i genitori sono quanto mai coinvolti in questi percorsi di rinascita: “Ciascun pediatra ben sa di dover instaurare una relazione a triangolo, che vede coinvolti i pazienti e i loro genitori – aggiunge –. I bambini sono dei piccoli eroi grazie ai loro genitori, che sono delle rocce. Quando vediamo che nuove famiglie, indipendentemente dalla loro storia, si aggiungono e uniscono le loro energie a chi già lavora nel Comitato, vediamo una conferma del nostro modo di lavorare”.
In tutto questo la Sport Therapy può essere uno strumento assai efficace: “Credo ci siano tre possibili aspirazioni. La prima è dimostrare, dal punto di vista della ricerca scientifica, che effettivamente questo tipo di terapia è utile alla cura dei bambini con leucemie e linfomi o sottoposti a trapianto di midollo; la seconda è far rientrare questa cura tra quelle erogate dal sistema sanitario nazionale, così da promuoverne la diffusione, e, da ultimo, verificare in tempi lunghi (dieci anni) se nei centri dove si effettua la Sport Therapy i bambini hanno una maggior probabilità di guarire e con minori strascichi”.
Già questo è un sogno. Ma Adriana Balduzzi ne ha altri. Uno in particolare: “Sogno il giorno in cui, nel momento di una nuova diagnosi di leucemia, la ricerca ci consentirà di dire a un genitore che le probabilità di guarire del suo bambino sono vicine al 100%. Già oggi possiamo affermare che la stragrande maggioranza dei bambini guarisce. La ricerca ci consente di individuare caratteristiche biologiche della malattia e della risposta alla terapia che consentono di personalizzare le cure così da limitare la tossicità nelle forme a miglior prognosi o di intensificare il trattamento nelle forme ad alto rischio. Oggi la sfida è quella di individuare terapie mirate, secondo quella che si definisce ‘medicina di precisione’, che potrà consentire di ridurre ulteriormente la tossicità”.

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Ultima modifica 02/07/2020