Il ponte sotterraneo di Spoleto

Spoleto

Le bellezze della città di Spoleto sono innumerevoli.

Le strade e i vicoli antichi, gli affacci panoramici sulla verdissima natura circostante, i palazzi storici, i monumenti e le chiese - prima tra tutti lo spettacolare Duomo; un mondo armonioso che fa parte delle immagini più celebri e caratteristiche del “Bel Paese”, e che negli ultimi anni è diventato ancor più famigliare a tutta Italia grazie anche all’ambientazione della fortunata serie televisiva “Don Matteo”.

Ma accanto agli scenari più celebri e visitati, Spoleto conserva al suo interno anche alcuni sorprendenti tesori meno noti ai turisti di passaggio, alcuni dei quali retaggio di epoche molto lontane nel tempo. Ne è un esempio il “Ponte Sanguinario”, che si trova nel sottosuolo nell'area orientale di piazza della Vittoria, a poche centinaia di metri dalla filiale Banco Desio di via Nursina.

Si tratta di un ponte di epoca romana sorto per consentire l’attraversamento del torrente Tessino (a quei tempi un vero e proprio fiume); grazie ad esso uscivano dalla città due strade: il “diverticulum” della Flaminia, che girava subito a sinistra, e l’antichissima "via Pedemontana" che univa Spoleto a Foligno. L’intera costruzione è attualmente situata al di sotto del livello del piano stradale ed è stata rinvenuta solo in anni relativamente recenti: nel 1817, durante gli ingenti lavori pubblici deliberati dopo la restaurazione dello Stato Pontificio, nel corso dei quali venne realizzata la costruzione di un ponte sul Tessino in aggiunta a quello di Porta Ponzianina (lavori che si conclusero nel 1820, giusto in tempo per il passaggio a Spoleto dell'Imperatore d'Austria Francesco II il 29 dicembre 1820).

L’antica costruzione rischiò anche di venir cancellata in modo irrecuperabile meno di un secolo dopo, quando, nel 1896, a seguito di un improvviso sprofondamento del terreno il Comune decise di chiudere per sicurezza le luci degli archi con un muro di mattoni. Una soluzione che di fatto avrebbe impedito un futuro recupero del monumento, a cui si oppose vivacemente l'archeologo spoletino Giuseppe Sordini che riuscì, dopo dieci anni di pressioni, a ottenere dal governo gli interventi economici in grado di salvaguardare l’opera.

Non si tratta certo dell’unico reperto di epoca romana a Spoleto: numerosi monumenti ed edifici presenti in città risalgono infatti alla sua fase imperiale (27 a.C. – 395 d.C.), come la Casa Romana, l’Anfiteatro, l’Arco di Druso e i resti del tempio nell’area del Foro (attuale piazza del Mercato). Sorprendente, però, il fatto che di questo edificio si fosse invece persa la memoria nel corso del tempo, tanto che il suo disvelamento a inizio Ottocento destò grande stupore nell’opinione pubblica.

Si tratta di una costruzione imponente costituita originariamente da tre arcate (di cui una ancora interrata) in blocchi squadrati di travertino; secondo alcuni studiosi fu costruito in epoca arcaica, intorno al 500 a.C., quando la Via Flaminia raggiunse queste zone; secondo altri esperti, invece, il ponte fu fatto edificare per ordine di Augusto intorno al 27 a.C., nel corso di una generale ristrutturazione dei ponti sulla Flaminia, da tempo trasandati. È lungo circa 24 metri, largo 4,47 e alto 8,07. Il pilone centrale contiene un cunicolo che serviva a favorire il deflusso dell'acqua, mentre i laterali sono costruiti a gradoni, difesi da scogliere artificiali o ruderi. Sopra l'arcata ancora nascosta dal terrapieno, poggia la porta di San Gregorio.

Il fenomeno dell’interramento è dovuto al fatto che, nei secoli, il fiume ha lentamente dislocato il suo letto verso nord, fino a cambiare, gradualmente ma radicalmente, la propria sede; il ponte venne così a perdere pian piano la sua originaria funzione, rimanendo sepolto dalle frequenti inondazioni del fiume, i cui depositi alluvionali determinarono l'elevamento del piano stradale circostante.

Nonostante i molti secoli di oblio, numerose sono le leggende e le credenze popolari collegate a questo luogo: la stessa inquietante denominazione di Ponte Sanguinario è fatta risalire da alcuni ai tempi delle persecuzioni cristiane, con riferimento alle esecuzioni dei martiri che venivano svolte nei pressi del ponte, gettando poi le teste mozzate nel fiume sottostante. Ma ci sono anche altre ipotesi meno cruente: la prima è che il nome derivi da una corruzione di "Sandapilarius", cioè dalla porta sandapilaria del grandioso anfiteatro romano del I - II secolo i cui resti si trovano nel cortile del Complesso monumentale dell'Anfiteatro, distante solo 150 metri; la seconda è invece che derivi dal nome di un altro torrente, il Sanguineto, che confluisce nel Tessino. Alcune fonti storiche narrano inoltre che in questo punto, vicino al ponte, nel settembre del 253 d.C. fu ucciso dai propri soldati l'imperatore romano Emiliano, rimasto tale solo tre mesi.

C’è poi la leggenda che ha come protagonista San Ponziano, patrono di Spoleto: secondo la quale il martire venne decapitato sul ponte, dopo di che la sua testa mozzata raggiunse in tre balzi il luogo dove poi è sorta la chiesa a lui dedicata; nel punto dove la testa toccò terra prese a zampillare una fonte di acqua purissima. Altra leggenda riguarda invece Lucrezia Borgia, che alla fine del Quattrocento fu governatrice di Spoleto: si narra infatti dell’esistenza di un cunicolo sotterraneo che metterebbe in collegamento il ponte direttamente con la Rocca Albornoziana, e che veniva usato dalla nobildonna per ricevere i suoi amanti; galleria di cui però nessuno è stato in grado di trovare traccia concreta, almeno fino ad ora.

Ultima modifica 16/03/2021