Parte la rivoluzione Mifid 2

Parte la rivoluzione Mifid 2

Le buone leggi rendono più facile fare la cosa giusta e più difficile quella sbagliata.

Ci siamo. Dopo mesi di discussioni, convegni, articoli di approfondimento, osanna e polemiche di rito, il D-day dell’industria finanziaria europea è infine arrivato. Il 2018 porta con sé l’entrata in vigore della Mifid 2, la direttiva dell’Unione europea che riforma profondamente i presidi a protezione dell’investitore e l’assetto dei mercati finanziari. L’ampio testo legislativo ha richiesto una stesura di circa quattro anni (era l’8 dicembre 2010 quando la Commissione Ue lanciò la prima consultazione di revisione della Mifid) e conta oltre 1,7 milioni di paragrafi di disposizioni, che cresceranno man mano che i regolatori comunitari e nazionali definiranno ulteriori standard tecnici e applicativi nei prossimi mesi.
Una novità non da poco, che il Financial Times ha definito come la più grande riforma nel settore degli ultimi dieci anni. Sarà una “rivoluzione progressiva” impercettibile nel quotidiano, ma destinata ad avere effetti significativi nel medio-lungo termine.
Innanzitutto occorre dire che la Mifid 2 nasce perché la Mifid, introdotta in Italia nel 2004, ha sostanzialmente fallito i suoi scopi, in quanto non ha impedito, in concreto, che gli investitori subissero gli effetti di pratiche inappropriate e/o inadeguate da parte di taluni intermediari finanziari. In altre parole, la Mifid 2 nasce dalla necessità di incrementare il livello di tutela per i risparmiatori e la qualità dei servizi consulenziali. In particolare, interviene sulla trasparenza delle comunicazioni pre e post- vendita, definendone più compiutamente sia forma che contenuti; limita la discrezionalità dell’intermediario nell’erogazione della consulenza e nel collocamento degli strumenti finanziari; introduce controlli più stringenti ed efficaci. Vediamo nel dettaglio le principali novità.
Innanzitutto la direttiva inserisce l'importante distinzione tra consulenza finanziaria indipendente e consulenza non indipendente, quest'ultima offerta oggi dalle banche e dai network di consulenti finanziari (ex promotori finanziari): la prima prende in considerazione tutti i prodotti disponibili sul mercato – non solo quelli della banca e delle case terze con cui un istituto ha stretto accordi commerciali – e si paga tramite una parcella. La consulenza non indipendente, invece, è remunerata con le retrocessioni delle commissioni dei prodotti collocati e prende in considerazione una gamma più ristretta di prodotti. Altro argomento cardine ha come oggetto una maggiore trasparenza. Infatti, chi investe in titoli di Stato, azioni, obbligazioni bancarie, anche attraverso fondi di investimento e polizze vita con piani di accumulo, avrà il diritto di conoscere nel dettaglio le spese che deve sostenere a favore degli intermediatori e a favore di chi emette il prodotto. Tali spese devono essere dettagliate per tipologia ed espresse non solo in percentuale, ma in valori assoluti. Questo perché diverse ricerche dimostrano come i singoli clienti, specie quelli meno attenti, facciano fatica a calcolare quanto impatti su grandi volumi anche una percentuale minima. Per esempio: un cliente che si presenta in banca e vuole investire in un dato fondo, fino a ieri veniva avvisato del fatto che doveva sostenere una commissione di ingresso. Nei conteggi di fine anno gli veniva poi comunicato che gli erano addebitate spese di gestione calcolate in valore percentuale, senza ulteriori specificazioni.
Adesso non sarà più così: delle spese di gestione andrà dettagliato il valore assoluto e come è suddiviso, ovvero quali i costi legali, quali quelli di ricerca e analisi dei mercati, le ritenute fiscali, le commissioni di performance e della banca depositaria e altro ancora. Un altro aspetto importante della Mifid 2 è che il costo della retrocessione sarà più evidente rispetto a prima. La retrocessione è il "compenso" che il fondo paga alla banca e al consulente che ha venduto il suo prodotto. Per fare un esempio, con la nuova regolamentazione l’1% di commissione di gestione sul fondo obbligazionario sarà evidenziato in maniera dettagliata. Sul rendiconto di fine anno comparirà la voce espressa in euro, quindi 1.000 euro su un investimento di 100.000. Questi 1.000 euro saranno però dettagliati nelle tre voci che li compongono: un terzo destinato alla banca, un terzo al gestore, un ultimo terzo al consulente che ha proposto e fatto sottoscrivere il fondo.
Ma non finisce qui. A oggi la “garanzia” che a ogni cliente venisse venduto un prodotto non troppo rischioso rispetto alla sua reale conoscenza del mercato e alla sua consistenza finanziaria era data dai documenti sintetici che dovevano essere a lui forniti e che avevano il compito di riassumere le caratteristiche dell'investimento. Le recenti vicende bancarie e la diffusione delle obbligazioni subordinate presso piccoli investitori che non avevano alcuna diversificazione del portafoglio danno la misura di quanto questa norma fosse insufficiente.
Con la direttiva Mifid 2, invece, sarà compito dell'emittente creare prodotti pensati ad hoc per i diversi tipi di clientela, prevenendo così il collocamento di strumenti magari ad alto rendimento (teorico), ma inadatti a chi non può assumersi rischi eccessivi. All'intermediario che vende i singoli prodotti resta invece l'obbligo di compiere sul singolo investitore una “valutazione di adeguatezza” che deve basarsi anche su dati reali: ossia la sua situazione finanziaria ed esperienze di risparmio pregresse. Rimane ovviamente l'obbligo di informare dettagliatamente il cliente sui rischi e di verificare la sua reale conoscenza del mercato e dei prodotti che gli si propone. In questo contesto, la nuova direttiva prevede una ulteriore risposta alla questione dei collocamenti indiscriminati. Le autorità di vigilanza (Consob, Banca d’Italia, oltre agli organismi internazionali) possono infatti esercitare un controllo ancor più stringente sul collocamento di prodotti finanziari, con la possibilità di chiedere pareri e ulteriori informazioni all’intermediario, se necessario. Hanno altresì la possibilità di proibire o limitare la vendita di alcuni strumenti finanziari qualora ritengano che il loro collocamento possa comportare rischi eccessivi per gli investitori o che minacci la stabilità finanziaria del sistema.
Sembra del tutto evidente che questa normativa, per come è stata concepita, avrà impatti profondi sui risparmiatori, ma anche sugli intermediari (banche e società di gestione del risparmio) e consulenti finanziari. Per quanto riguarda la prima categoria è plausibile attendersi un incremento sia della qualità del servizio erogato sia di nuove soluzioni di investimento, anche sfruttando meglio gli strumenti tecnologici. In particolare i clienti potranno attendersi un miglioramento dei processi e degli strumenti di creazione di valore aggiunto, non solo in termini di rendimento del portafoglio, ma guardando a più dimensioni: ottimizzazioni fiscali, grado di raggiungimento di specifici obiettivi di vita, equilibrio del bilancio familiare, tempo speso dall’addetto alla vendita.
La teoria macroeconomica ci dice che solitamente all’aumentare della trasparenza dei costi si associa un duplice effetto: compressione dei margini della filiera produttori-distributori e contestualmente concentrazione dei volumi di business in un numero minore di produttori. Pur non essendo arrivati ai livelli del mercato Usa, dove i costi hanno avuto una sensibile riduzione negli ultimi 20 anni, in Ue i costi dei fondi sono già in flessione (nel 2016 siamo a valori intorno al 1,00%). La realtà è che il modello di investimento in generale da qui a un paio d’anni cambierà totalmente, nel senso che grazie ai nuovi questionari maggiormente dettagliati imposti dalla Mifid 2, il risparmiatore potrà costruire un portafoglio assolutamente in linea con le proprie esigenze/ aspettative. Verranno assicurati a chi vuole investire, gli strumenti giusti per capire e valutare i rischi e le potenzialità delle operazioni poste in essere. Il risultato sarà un accresciuto grado di educazione finanziaria. Come conseguenza, le abitudini “dell’italiano medio” (avvezzo a concentrare il proprio portafoglio principalmente in titoli di Stato, per lo più italiani) dovranno confrontarsi con i modelli europei se non addirittura mondiali. Siamo un Paese tradizionalmente poco abituato a valutare investimenti di rischio puro, ovvero investire direttamente in capitale di rischio, al contrario di altre nazioni; questo è uno dei motivi per cui la nostra crescita è sempre più lenta rispetto ad altri. È vero che il risparmio italiano è molto tutelato e soprattutto tra i più “appetitosi” al mondo, ma adattarsi ai grandi cambiamenti sarà fondamentale e necessario.
Dal punto di vista degli intermediari e consulenti finanziari, questi dovranno dotarsi di appositi presidi organizzativi per monitorare nel continuo l’intero ciclo di vita dei prodotti, tenendo conto di qualsiasi evento che possa incidere negativamente sulla coerenza del prodotto stesso rispetto al profilo della propria clientela di riferimento e consentire, secondo un programmato processo di intervento, di attivare azioni di rimedio al verificarsi di predeterminati eventi chiave che possano incidere sul rischio/rendimento del prodotto. Attraverso questa nuova direttiva il legislatore europeo pone gli intermediari e consulenti finanziari dinanzi a un diverso e più importante livello di interazione con il cliente, una responsabilità qualificata che impone un nuovo modo di gestione del processo di produzione, commercializzazione e distribuzione dei prodotti. Inoltre le imprese di investimento devono farsi carico non solo di verificare l’esistenza o meno di conoscenze e competenze dei propri addetti al momento dell’entrata in vigore della norma, ma anche di far sì che questo bagaglio di conoscenze e competenze rimanga adeguato nel corso del tempo, mediante un’attività di sviluppo professionale continuo che consenta ai consulenti di rimanere al passo con le evoluzioni regolamentari, fiscali e di mercato. Infatti, gli operatori desiderosi di distinguersi sul mercato per un approccio più attento alla salvaguardia degli interessi della clientela già da tempo hanno deciso sia di avviare dei momenti di formazione, sia di far certificare le competenze acquisite da parte dei soggetti preposti al confronto con i risparmiatori.
La direttiva Mifid 2 è una scommessa: a fronte di un costo iniziale significativo dovrebbe portare ai mercati finanziari più trasparenza e più protezione per i risparmiatori. La scommessa sarà vinta se si abbasseranno i costi di sistema, più che compensando gli oneri di adeguamento alla direttiva.

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Ultima modifica 21/03/2018