Quando un sorriso allevia la sofferenza

Aglaia Spoleto Onlus

Aglaia Spoleto Onlus

Ci sono tre parole che restano impresse nella memoria scoprendo l’attività di Aglaia Spoleto Onlus, un’associazione nata nel 1987 nella cittadina umbra e impegnata nell’assistenza e nelle cure palliative ai malati terminali: sofferenza, sollievo e solidarietà. Sono parole che richiamano un accompagnamento, un mettersi a fianco della persona, con la sensibilità di chi semplicemente ama.

Del resto, lo stesso nome e il logo del sodalizio indicano il senso di un servizio. Aglaia è una delle tre Cariti, antiche divinità greche dispensatrici di gioia e di serenità. Sono raffigurate nel logo ispirato al noto gruppo marmoreo del Canova: le tre dee abbracciate sulle quali si inserisce il tetto stilizzato simboleggiano la solidarietà tra il malato, la sua famiglia e gli operatori all'interno delle mura domestiche.

La medicina attuale, sempre più tecnologica e ideologicamente tesa alla guarigione di ogni malattia, appare poco disposta a curare chi è inguaribile e in fase avanzata di malattia e non sempre è attenta al dolore, alla sofferenza fisica e ancora meno agli aspetti emozionali, spirituali, psicologici e sociali del malato e dei suoi familiari.

Sta qui la ragion d’essere di Aglaia, le cui redini sono oggi nelle mani del presidente Massimo Recchi, che coordina il prezioso servizio di trentacinque volontari: “Non siamo un esercito – dice Recchi – e il nostro impegno non produce spettacoli pirotecnici. Piuttosto siamo un gruppo di volontari che, con motivazione e abnegazione, accompagna i malati oncologici nella loro ultima fase di vita, occupando con questo il proprio tempo libero. Tutto è iniziato grazie a un piccolo gruppo di medici, infermieri professionali e comuni cittadini sensibili alla sofferenza dei malati. Dapprima ci si occupò solo dell’assistenza a domicilio. Poi, a partire dal 2007, si è affiancato il servizio presso l’Hospice La Torre sul Colle, struttura residenziale dell’Usl Umbria 2”.

A distanza di oltre un decennio, grazie al contributo di tanti benefattori e donatori, Aglaia è integrata a pieno titolo nell’equipe della rete di cure palliative del distretto di Spoleto della Usl Umbria 2 e ha realizzato all’interno dell’Hospice spazi e camere attrezzate, che consentono ai volontari di garantire un servizio di alta qualità. È di pochi mesi fa la conclusione di un ampliamento che si è concretizzato nell’allestimento di tre nuove stanze (fisioterapia, psicoterapia e sala dolente), di un salone per l’incontro con i parenti e di uno spazio per l’arteterapia e la musicoterapia: “Se all’inizio Aglaia era formata da volontari animati da grande spirito solidaristico e buona volontà – afferma Recchi oggi si è evoluta, realizzando una trasformazione verso competenze sempre più professionali e tarate su standard internazionali, pur mantenendo una forte spinta motivazionale fondata su un sogno da realizzare”. Traduzione: il sodalizio si avvale di operatori professionali, medici, infermieri, psicoterapeuti e fisioterapisti, offrendo anche occasioni di formazione. Del resto il tema della formazione e della crescente professionalizzazione dell’operatore del Terzo Settore è un fattore chiave, sia nel determinare il futuro dei soggetti e delle organizzazioni che agiscono a vario titolo nel settore del non-profit, sia nel garantire un’efficacia dell’intervento.

Massimo Recchi

Tutto parte però dal cuore, come sottolinea il presidente Recchi, ricordando l’inizio della propria esperienza in Aglaia: “Conoscevo una persona amica malata di tumore. Lo assisteva solo la moglie, tra mille difficoltà. Mi offrii di aiutarla, facendo semplicemente compagnia al marito in sua assenza. Fu un momento di svolta per me. Qualche tempo dopo lessi una locandina di Aglaia, che promuoveva un corso per volontari. Vi andai, conoscendo tanti straordinari compagni di viaggio. Tutto cominciò così. E poco conta che io oggi abbia un ruolo di responsabilità. Il valore è quello del capitale umano che sta partecipando alla mission associativa”.

Diventare volontari non significa buttarsi così, solo per vedere l’effetto che fa. Non è una passeggiata, è un percorso rigido, serio, perché chi si mette sul sentiero della sofferenza deve saper affrontare un terreno accidentato, avendo nella propria bisaccia tutta l’attrezzatura necessaria per superare ostacoli e difficoltà. A partire dalla capacità di riconoscere nel malato il proprio essere innanzitutto persona: “Al malato cerco di regalare soprattutto un sorriso – dice Recchi -. Se ben riflettiamo, è il gesto più semplice, magari non serve, ma trasmette comunque serenità. È solo questo che possiamo fare e dare, avendo sempre chiaro che ciò che conta sono la dignità e il rispetto dell'essere umano. Ricordo di aver accompagnato negli ultimi mesi di vita un amico. È stato in Hospice, dove la malattia è stata stabilizzata. Venne riportato a casa, per poi tornare nella struttura, dove in realtà aveva trovato il miglior ambiente per affrontare gli ultimi giorni di vita. Sempre i suoi occhi mi fissavano sinceri. Non dimenticherò mai quello sguardo di tristezza mista a una chiara serenità”.

Alla voce serenità si associa quella di normalità. È quello che si incontra spesso all’Hospice. Come quel pomeriggio in cui, all’improvviso “si sentì il suono allegro di una chitarra – racconta il presidente -. Era una mamma, ospite della struttura, che suonava per il proprio figlio. Era a proprio agio e, con lei, i suoi cari”. Momenti che si vivono spesso nella struttura spoletina, che oggi è realtà di eccellenza per il Centro Italia. I volontari hanno dai 25 ai 70 anni e più: un servizio senza età, insomma.

Così come valgono per tutti le caratteristiche di chi sceglie questo tipo di servizio: saper ascoltare, saper dialogare con i pazienti e i loro famigliari, essere sempre disponibili. In poche parole, sposare la cura suggerita tempo fa da Papa Francesco, che ha parlato di “rivoluzione della tenerezza” per combattere “la malattia più grave del nostro tempo, la cardiosclerosi, ossia l’incapacità di avvicinarsi… il cuore duro”. Certo, non basta la buona volontà di tante persone. Servono risorse per un mondo, quello delle cure palliative, che richiede sforzi concreti per la crescita: “Negli ultimi vent’anni – aggiunge Recchi -, in Italia così come in Europa, si sta assistendo a un risveglio della società civile organizzata e allo sviluppo del Terzo Settore, a seguito di importanti processi di trasformazione sociale, politica e culturale. La crisi del welfare state, infatti, ha costretto gli stati e le società dei Paesi economicamente avanzati a rivedere priorità e modalità di erogazione dei servizi sociali. Con la crisi è infatti cresciuto il disagio sociale, aumentata proporzionalmente la richiesta di progetti adeguati ad affrontarlo e di figure che sappiano ideare, realizzare e finanziare tali progetti. Noi di Aglaia siamo in prima fila in questo impegno. Come tutte le altre realtà del Terzo Settore, ci caratterizziamo per l’assenza di scopo di lucro, che si traduce nell’obbligo di reinvestire gli utili nelle attività istituzionali, e per la natura giuridica privata. In sintesi, serve sostegno, servono fondi. È l’appello che voglio lanciare”.

Come sostenere Aglaia Spoleto Onlus

Con un versamento "tracciato" di cui alla DLGS 241/97:

  • a mezzo Bonifico Bancario su Banca Popolare di Spoleto: IBAN IT 52 Y 05704 21800 0000 00018032;
  • a mezzo c/c postale nr. 13331061 intestato all'associazione.

Nello spazio dedicato al 5x1000 del modello per la dichiarazione dei redditi CUD, 730 e UNICO, con una firma e l'indicazione del codice fiscale dell'associazione: 93010600547.

Con un lascito testamentario (per informazioni rivolgersi in sede).

Per saperne di più: www.aglaiaspoleto.org

Ultima modifica 03/07/2019