Santo Stefano a Bologna: quattro chiese in una

Anticamente, questa basilica comprendeva ben sette differenti luoghi di culto, tre dei quali non sono sopravvissuti all’azione distruttrice del tempo e a vari restauri

In pieno centro storico di Bologna si apre piazza Santo Stefano, piazza che prende il nome dall’omonima basilica, luogo di culto unico al mondo in quanto riuniva in un solo complesso ben sette edifici costruiti in epoche diverse, nessuno dei quali portava però il nome di quel santo, e che l’azione distruttrice del tempo e vari restauri del XX secolo hanno ridotto a quattro, la chiesa del Crocefisso, la chiesa del Santo Sepolcro, la chiesa dei Ss. Vitale e Agricola e la chiesa della Trinità.

La tradizione racconta che il complesso, voluto da San Petronio, vescovo della città di Bologna dal 431 al 450 circa, venisse costruito nel luogo in cui sorgeva un tempio dedicato a Iside e volesse imitare nella forma il Santo Sepolcro di Gerusalemme.

Al primo nucleo, quello voluto da San Petronio nel V secolo, andarono ad unirsi altri edifici costruiti dai monaci Benedettini fra il X e il XIII secolo fino a formare il complesso che sarebbe stato chiamato “Sacra Gerusalemme” in quanto ricostruzione simbolica dei luoghi della Passione di Cristo. Oggi si accede a Santo Stefano dalla chiesa del Crocefisso, sulla destra della piazza.

Bologna

La chiesa del Crocefisso - Costruita attorno all’VIII secolo, in periodo longobardo, e realizzata, dice la leggenda, con le carte da gioco confiscate in un’epoca in cui era vietato il gioco d’azzardo, questa prima chiesa è ad una sola navata con un presbiterio sopraelevato, come si usava in epoca paleocristiana per sottolineare la sacralità del luogo e per agevolare ai fedeli l’osservazione delle funzioni religiose. Qui è collocato il Crocifisso della fine del 1300 che dà il nome alla chiesa.

Si accede al presbiterio tramite una scalinata sotto alla quale si apre una cripta divisa in cinque navate da antiche colonne tutte differenti. Una di queste colonne, secondo la leggenda, corrisponderebbe dallo zoccolo al capitello all’altezza di Gesù, circa un metro e settanta centimetri.

La chiesa del Santo Sepolcro - Vi si accede dalla chiesa del Crocefisso, grazie ad una porta laterale. È questa la costruzione più antica di tutto il complesso di Santo Stefano, caratterizzata dalle 12 colonne che circondano l’edicola che custodiva le reliquie di San Petronio, rinvenute qui nel 1141. Una settimana all’anno il Sepolcro veniva aperto per consentire ai fedeli di entrarvi, strisciando, per venerare i resti del Santo. Questa tradizione ha avuto termine nell’anno 2000, quando il corpo di San Petronio è stato portato nella basilica a lui intitolata, rendendo quindi inutile l’apertura di un sepolcro ormai vuoto.

bol2.gifNella chiesa del Santo Sepolcro si trova anche una fonte d’acqua che rappresenterebbe il Giordano, il fiume dove fu battezzato Gesù. Questa fonte probabilmente era la stessa presente nell’antico tempio dedicato ad Iside, tempio che doveva essere collocato proprio in quest’area, a giudicare dalle sette colonne di marmo africano utilizzate anche per la costruzione della chiesa.

In questa chiesa si recavano le donne incinte di Bologna per rispettare un’usanza curiosa, quella di compiere 33 giri intorno al sepolcro di San Petronio, un giro per ogni anno di vita di Gesù, per recarsi poi in una chiesa vicina, quella del Martyrium, dove pregare davanti ad un affresco raffigurante la Madonna incinta.

La chiesa dei Ss. Vitale e Agricola - Dalla chiesa del Santo Sepolcro una porta consente di accedere a questo edificio, dedicato a due martiri bolognesi, Vitale ed Agricola, rispettivamente servitore e padrone, perseguitati da Diocleziano nel 305 d.C. In origine, la chiesa era dedicata a San Pietro per la presenza di una tomba contrassegnata dalla scritta “Symon”, ad indicare che quella fosse il sepolcro del primo apostolo, Simone, in seguito appunto chiamato Pietro. Dicono le cronache che questo luogo di culto attirasse così tanti pellegrini, che di conseguenza non si recavano più a Roma, da costringere il Papa a far interrare la chiesa, che tornò ad essere luogo di preghiera solo sessant’anni dopo, ma con un altro nome. L’impianto dell’edificio è a tre navate divise da colonne e pilastri. All’interno sono conservati i sarcofaghi vuoti dei Protomartiri, di epoche diverse (VIII e XI secolo), e un vetro protettivo ripara i resti di un pavimento musivo di epoca romana.

La chiesa della Trinità - Questo edificio è conosciuto sotto vari nomi: appunto chiesa della Trinità ma anche “del Martyrium”, “della Santa Croce” e “del Calvario”. Di origine incerta, sarebbe stata realizzata inizialmente per conservare i corpi dei Ss. Vitale e Agricola, per essere trasformata poi, in epoca longobarda, in battistero. In una cappella viene conservata una scultura in legno che raffigura l’Adorazione dei Magi: il presepio composto da statue a tutto tondo più antico al mondo, visto che risale al XIII secolo. Da questa chiesa si può accedere al Chiostro medievale, oggi sede di mostre ed altre iniziative. Il Chiostro è su due piani, quello inferiore risalente a prima dell’anno Mille, quello superiore in stile romanico-gotico. Qui veniva a studiare e a riflettere Dante Alighieri, che si sarebbe ispirato per alcune parti del suo Purgatorio ad alcuni capitelli dai lineamenti mostruosi: quello di un uomo nudo schiacciato da un grosso macigno, quello di un uomo con la testa ruotata di 180 gradi.

È da questo chiostro che si può accedere al Museo di Santo Stefano, che raccoglie opere d’arte ed oggetti di culto provenienti dalle varie chiese. Tra l’altro, conserva una benda che, secondo una leggenda, sarebbe appartenuta alla Madonna e che una volta all’anno veniva portata in processione per le strade di Bologna.

Altro luogo caratteristico del complesso di Santo Stefano è il Cortile di Pilato, così chiamato per ricordare il luogo dove venne condannato Gesù e caratterizzato da due porticati in stile romanico. Qui sotto viene conservato, sistemato su una colonna, un gallo di pietra denominato il “Gallo di San Pietro”, che ricorda quello che cantò tre volte quando l’apostolo Pietro rinnegò Gesù.

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Ultima modifica 23/12/2014