Scheggino, il cancello umbro da e per Roma

Scheggino, il cancello umbro da e per Roma

Un piccolo borgo arroccato fra fiume e monte a sembrare quasi un presepe: ecco Scheggino, circa 600 abitanti, 8 frazioni ognuna con proprie caratteristiche

Immaginiamo l’Umbria. Proviamo però ad allontanarci dagli stereotipi delle cartoline, niente Perugia, non Assisi, nemmeno Todi, neppure la celebratissima Spoleto che in estate diventa capitale mondiale della musica.
 

Andiamo in un’Umbria non nota ai più. Lasciati i fasti spoletani alle spalle puntiamo in direzione della Valnerina, fermandoci ben prima che la zona delle Cascate delle Marmore cominci a richiamare i turisti. Siamo a Scheggino.
 

Poco più di 600 gli abitanti di questo piccolo borgo con le sue case arroccate tra il fiume e la vetta della montagna a sembrare quasi un presepe. All’inizio di una gola, con la corrispondente Ferentillo dall’altra parte della forra, era uno dei cancelli sui quali bisognava passare per andare o venire da Roma. Dall’altra parte c’erano i territori più settentrionali dello Stato Pontificio e non distante la dogana per il Regno di Napoli. Terra di confine, insomma.
 

Scheggino è la sede comunale. Un tempo incuteva timore solo a guardarla, tutta arroccata a formare un castello imponente che assecondava il pendio e di cui non si vedeva la fine. Il nucleo più antico, chiamato Capo la terra, risale al XIII secolo e si è sviluppato a ridosso della rocca. A questa prima cerchia si è addossata, digradando verso valle, la corteccia delle espansioni dei secoli successivi.
 

Tra le strutture si riconoscono Palazzo Graziani, residenza nobiliare del XVIII secolo costruita a ridosso della prima cerchia di mura e di una delle torri angolari, e il Palazzo Comunale, insediato in un edificio del XVII secolo. Al termine meridionale della Via di Borgo si apre, sull’antica strada della Valnerina in direzione di Osteria di Ceselli, la seicentesca Porta del Pozzo, che deve il nome alla presenza della sorgente che dissetava i cavalli di chi giungeva qui da un lungo viaggio.
 

Seguendo quel che un tempo era probabilmente una delle cinte murarie, Palazzo Profili è opera settecentesca e lascia spazio, sotto una delle sue ali, alla porta Valcasana, da dove un tempo passava la Via del Ferro. Utilizzata per il trasporto dei materiali delle miniere e delle ferriere, da Scheggino raggiungeva Monteleone di Spoleto attraversando Caso e Gavelli.
 

Sui crinali attorno, otto frazioni riescono ognuna a declinare una propria genuina poesia umbra.
 

Ceselli era una fortificazione sulla destra idrografica del fiume Nera. Tenuto conto della corona di boschi, il suo nome deriva probabilmente dal latino “caedere”, che significa tagliare e disboscare.
 

Civitella occupa un piccolo colle a dominio di uno dei rari pianori agricoli della zona. Gli edifici sono adagiati sulla sinistra orografica del Nera, a controllo dell’importante percorso montano che collegava Spoleto con Monteleone e Leonessa, quindi con il Regno di Napoli. Fortificazioni, mura e le due porte di accesso risalgono al XIII secolo. L’importanza dell’insediamento in epoca medievale è testimoniata anche dalla presenza di un hospitale per viandanti dedicato a Santa Croce e di un monastero di suore agostiniane intitolato a S. Maria Maddalena.
 

Collefabbri è un borgo di modeste dimensioni addossato alle pendici del colle omonimo. Come rivela il nome, i suoi fabbri ferrai erano ben noti. L’abitato è annunciato da una torre colombaia. Come in molti altri borghi, l’alto edificio ospitava i volatili che erano spesso utilizzati come cibo e al tempo stesso era un punto di rilievo da cui avvistare chi si avvicinava. La strada principale risale con ripidi tornanti alla piccola località che costituiva, sin dalla sua origine, una villa agricola dipendente dal vicino castello di Ceselli.
 

Una curiosità: nella frazione di Collefabbri la famiglia Patrizi gode da lungo tempo dei terreni della chiesa di S. Stefano; in cambio tutti i primogeniti sono chiamati Stefano ed il giorno della festa del Santo, il 26 dicembre, la famiglia offre ospitalità a tutti quelli che si trovano in paese.
 

Monte San Vito è una della località più elevate del territorio municipale. A quasi 1000 metri, con il nome venera un santo molto rispettato nella zona, onorato anche nella chiesa a valle nei pressi di Ceselli. Della torre di avvistamento, ricordata anche nella toponomastica del paese, e delle mura di difesa restano poche labili tracce, ben leggibili solo in una delle due porte di accesso.
 

Nevi è un piccolo gruppo di edifici disposti sulla linea di confine dei comuni di Scheggino e Spoleto, sulle pendici di un colle, tra i quali spicca un casolare caratterizzato dalla torre colombaia del XVI secolo. Per la forma lascia supporre che fosse un avamposto fortificato.
 

Pontuglia è un’antica stazione di transito fortificata nel XV secolo. Sorto nei pressi della sorgente che alimenta il mulino, la pianta del paese ha una curiosa forma triangolare caratterizzata da una strada principale in piano e ripide vie radiali, spesso con archivolti.
 

Il mulino è un buon esempio di archeologia industriale. Era in uso fino a pochi decenni fa, con la vasca di raccolta dell’acqua che poteva attivare quattro meccanismi indipendenti, il primo per macinare i cereali, il secondo per separare i diversi prodotti della macinazione, un terzo per molire le olive e l’ultimo per azionare una pressa idraulica per la spremitura della sansa.
 

Per la portata costante e la ripida pendenza, il torrente del Fosso di Pontuglia offre oggi un altro genere di fatica, più ludica. è una meta frequentata per praticare il torrentismo lungo la forra del Casco, dove l’acqua forma una serie di cascate e si conclude con un salto di quasi trenta metri.
 

Schioppo, attraversata da un antico percorso che collegava Spoleto con la Valnerina, deriva il nome dal latino Scopulus - scoglio, come è chiamata la grande parete rocciosa che incombe sul paese. L’insediamento, raggruppato intorno alla chiesa parrocchiale, è dominato da una grande casa torre con l’immancabile colombaia. Presso il paese è stata attiva fino alla fine del XIX secolo una “valchiera”, laboratorio che sfruttava le acque di una ricca sorgente e a cui confluivano dai paesi vicini per lavare e tingere le stoffe.
 

Infine, San Valentino era un castello arroccato a picco sulla valle del Nera, sorto come villa dipendente dal feudo abbaziale di S. Pietro in Valle. Il piccolo slargo in cima al paese ospita la chiesa di San Valentino, legata al culto del santo vescovo di Terni, patrono degli innamorati. Non bastassero i suoi prodotti e la fama dei suoi paesaggi, c’è un po’ di Umbria che trasmette amore al mondo. 

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Ultima modifica 25/02/2016