Tassi a zero: le insidie per i risparmiatori

Sempre più obbligazioni nel mondo non hanno più un rendimento: di fronte a una valanga di liquidità, la scommessa delle banche centrali è spingere il denaro a cercare remunerazione nell’economia reale

“Ciò che distingue l’uomo dagli altri animali sono le preoccupazioni finanziarie.” 
Jules Renard 
(scrittore francese, 1864-1910)  

“Pagare per il privilegio di prestare i propri soldi allo Stato”. È questa la frase che utilizzano diversi commentatori economici europei per sintetizzare al meglio l’ingresso nell’era dei tassi di interesse negativi. Pagare per avere un rendimento sottozero può sembrare un esercizio folle o a volte anche una barzelletta ma è la dura realtà con cui si deve fare i conti. Oggi, anche il nostro Paese è entrato a suo modo nel «nucleo duro» d’Europa. Si unisce a un club composto da Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Malta e Olanda per i quali gli investitori sono pronti a pagare, pur di acquistare le emissioni governative di questi Stati. 
 

È il club dei tassi negativi. Il Tesoro italiano a novembre ha emesso Bot a 6 mesi con rendimenti sotto lo zero. Vuol dire che occorre pagare per investire in questi titoli, che però in asta sono andati a ruba con una domanda che ha più che doppiato l’offerta. Qualche giorno prima era comparso il segno meno anche davanti al Ctz, mentre la settimana precedente la stessa sorte era toccata, sempre per la prima volta, anche al Btp a 2 anni. Per le casse del nostro Paese, uno dei più indebitati al mondo, è sicuramente una notizia più che buona. Ma se il Tesoro festeggia, i piccoli risparmiatori invece si ritrovano disorientati di fronte a questo nuovo scenario e sempre più spesso capita loro di vedersi proporre dalle banche offerte stravaganti per custodire il denaro: un primario gruppo austriaco ha promesso a chi ha un deposito di 50.000 euro una macchina per il caffè espresso, oltre agli ingressi gratuiti in diversi musei, mentre una banca cantonale svizzera regala abbonamenti sui mezzi pubblici, e una sua concorrente l’occorrente per la raclette. 
 

I motivi per cui ci troviamo in questa situazione sono per lo più noti. Negli ultimi anni i tassi di interesse di politica monetaria sono stati portati su livelli straordinariamente bassi. Il mantenimento di condizioni monetarie molto accomodanti è stato dettato principalmente dalla volontà di scongiurare il rischio di una depressione economica e contrastare le spinte deflazionistiche. Al tempo stesso, date le perturbazioni finanziarie alla base di quella che è ormai generalmente chiamata la “Grande recessione”, la riduzione dei tassi di interesse ha concorso a controbilanciare la crescita eccessiva dei costi di finanziamento provocata dall’ampliarsi degli spread finanziari.
 

Da questo punto di vista, le azioni di politica monetaria hanno favorito i prenditori di fondi. Nello stesso periodo la remunerazione delle attività finanziarie non rischiose è stata molto esigua. Ciò implica che da un lato i risparmiatori in cerca di opportunità sicure di investimento si sono trovati a dover accettare livelli di redditività estremamente bassi, e potenzialmente negativi una volta corretti per l’inflazione, mentre dall’altro i tassi contenuti hanno sospinto i prezzi delle attività e quindi favorito le famiglie e le imprese con una ricchezza netta positiva. Nondimeno, la durata della fase di rallentamento economico e il persistere di tassi di interesse modesti hanno indotto gli organi di informazione su entrambe le sponde dell’Atlantico a segnalare le difficoltà di investimento per i risparmiatori. 
 

Come è possibile vivere in un mondo dove il tuo denaro non rende niente, anzi, occorre pagare per il privilegio di prestare i soldi ai governi dei Paesi europei? Come è mutato il comportamento della gente, abituata per anni a ricevere un lauto interesse per i propri risparmi in cambio di un rischio tutto sommato limitato (il fallimento di uno Stato europeo), visto che non conviene più tenere i soldi in banca o comprare titoli di Stato? La risposta a queste domande magari non sarà confortante, ma, come si è detto, i banchieri centrali, e in particolare l’italiano Mario Draghi al vertice della Bce, hanno creato consapevolmente questa situazione paradossale proprio nella speranza di dare una scossa al comportamento della gente e degli investitori e dunque in ultima istanza all’economia.
 

Il ragionamento è semplice. Se il denaro tenuto in banca o in titoli di Stato non rende più niente, allora qualsiasi individuo è spinto a indirizzare le proprie risorse verso attività più remunerative. Gli investitori istituzionali si dirigeranno verso titoli più rischiosi, bond dei paesi emergenti o corporate bond (obbligazioni aziendali), oppure metteranno più soldi nei mercati azionari stimolando così il ciclo produttivo aziendale. Lo stesso percorso potrebbe essere seguito dai privati, grandi e piccoli, magari consigliati dai propri gestori finanziari personali. 
 

Qualcuno potrebbe anche decidere di rompere il salvadanaio e creare piccole nuove aziende, alimentando il circolo virtuoso della crescita economica. Insomma con un’ingente massa di denaro che si sposta in direzione di investimenti produttivi e più rischiosi, l’economia nel suo complesso si rimetterà in moto, si uscirà dall’attuale “trappola della liquidità” e finalmente i prezzi dei beni e i consumi torneranno a crescere, creando quell’inflazione che le banche centrali vanno cercando disperatamente. 
 

Spiegata così sembra fin troppo facile, ma vediamo come mai non tutto sta andando come ipotizzato. Infatti, esistono al momento almeno quattro categorie di investitori che hanno interesse a investire in titoli governativi con rendimenti negativi. Sembra assurdo ma è così. Innanzitutto ci sono coloro che si attendono che l’Europa entri in una fase di deflazione, cioè di prezzi decrescenti, e dunque anche un tasso nominale negativo su un bond governativo potrebbe trasformarsi in un tasso reale positivo se gli si aggiunge la deflazione attesa. In secondo luogo, se ci si aspetta altri tagli dei tassi di interesse o acquisti da parte della Bce di bond, significa che i rendimenti attuali scenderanno ancora più in basso e i prezzi dei titoli saliranno ancora generando plusvalenze. Terzo, i fondi indicizzati o quelli a gestione passiva sono costretti a comprare bond con rendimenti negativi per replicare la composizione degli indici. Negli Stati Uniti l’universo di questi fondi ha in gestione circa 375 miliardi di dollari e proiettando la percentuale al mondo intero si arriva a circa 900 miliardi di dollari gestiti in questo modo. Infine, tra i potenziali compratori di bond a rendimento negativo, vi sono le banche che hanno un cospicuo eccesso di liquidità da investire e che preferibilmente impiegano questo denaro in titoli di Stato con scadenze brevi. 
 

Se questo può valere per i grandi investitori, invece il piccolo risparmiatore trema per il futuro dei propri risparmi perché non vede chiaro che fine faranno. E questo lo spinge ad adottare una serie di comportamenti non sempre adeguati alle proprie esigenze finanziarie. Infatti, se vale l’assunto che attualmente il rischio maggiore risiede nell’investire in attività senza rischio, uno dei modi per ottenere un rendimento più interessante consiste nell’acquistare strumenti obbligazionari con una scadenza più lunga, con minore liquidità e con alto rischio di credito. Occorre tener presente, però, che questo cambiamento di attitudine implica alcuni effetti collaterali. Ad esempio, l’abbassamento del profilo di liquidità riduce la flessibilità del portafoglio: detenere un livello insufficiente di attività liquide presenta lo svantaggio di dover effettuare vendite forzate, con posizioni cedute in perdita, per far fronte ad impegni imminenti. 
 

Anche l’allungamento della durata finanziaria potrebbe causare delle minusvalenze nel momento in cui i tassi di interesse dovessero tornare a salire; questa possibilità non è così improbabile, in quanto nonostante la crescita globale non sia eccezionale, non vi è alcuna garanzia che in un prossimo futuro non si assista ad una normalizzazione delle politiche monetarie. Infine, la possibilità di mancata restituzione del capitale a scadenza deve essere tenuta nella giusta considerazione. Infatti, a fronte di rendimenti che possono sembrare particolarmente allettanti, occorre tener presente che i tassi d’interesse non sono più la spia della solidità del debitore, ma dello strapotere della banca centrale su tutto. La sua azione anestetizza e confonde debitori forti e deboli e ne sostiene il credito, rendendolo meno caro. 
 

Detto questo, ci sono altre opzioni a disposizione dell’investitore. Una di queste prevede la diversificazione a livello globale, spostando l’allocazione dai mercati locali a quelli stranieri, sfruttando i migliori tassi di interesse presenti sui mercati internazionali. Comprando bond svizzeri o danesi, per esempio, si può guadagnare se il franco si apprezza rispetto all’euro o la corona rompe il suo legame fisso con la moneta unica così come ha già fatto il franco svizzero. In questo caso il pericolo riguarda essenzialmente l’esposizione valutaria, per sua natura estremamente volatile; le valute, infatti, possono subire movimenti sensibili anche nel breve termine come è accaduto con il veloce apprezzamento del dollaro USA verso l’Euro passato da 1.25 a 1.07 in dodici mesi. 


Anche coloro che hanno una bassa propensione al rischio negli ultimi tempi hanno inserito in portafoglio investimenti in immobili, in strumenti derivati e strutturati, in materie prime e in azioni. Che queste ultime vadano maneggiate con cura, è cosa risaputa; viceversa, gli strumenti alternativi costituiscono una classe di attivi molto varia e per avere successo in questo mondo caratterizzato da trasparenza limitata e bassa liquidabilità, è richiesto un elevato livello di competenza finanziaria. Spesso la complessità di questi prodotti è difficile da valutare, limitandone l’esatta comprensione dei rischi.
 

E’ evidente quindi come lo scenario sia diventato molto più sfidante per i risparmiatori. Tutto fa pensare che un tale contesto proseguirà anche nei prossimi anni e ciò richiederà una pianificazione dei propri investimenti che prenda in considerazione l’intero spettro dei possibili esiti futuri, piuttosto che un unico scenario più probabile. Per questo motivo la decisione migliore dovrebbe essere quella di affidarsi a esperti per massimizzare con il minimo sforzo i propri guadagni. Da questo punto di vista il settore finanziario è stato molto attivo nello sviluppare soluzioni che servono ad affrontare le nuove problematiche offrendo la possibilità di investimenti più ponderati e personalizzati rispetto alle singole esigenze. 
 

Parafrasando la famosa frase di un vecchio film, potremmo dire che questa è “l’epoca dei tassi a zero, bellezza! E tu non puoi farci niente!”. In questo senso rende bene l’analisi di Groucho Marx: quando qualcuno chiese all’ ottantacinquenne comico newyorkese che effetto fa invecchiare: «Sempre meglio dell’alternativa», disse. Oggi anche molti investitori in titoli di Stato la pensano così. 

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Ultima modifica 12/02/2018