Controllo e privacy nella società digitale

Il nostro mondo è sottoposto a un continuo cambiamento tecnologico in cui la protezione dei dati costituisce una fondamentale garanzia di libertà - Le autorità politiche devono pertanto saper cogliere le nuove sfide imposte dall’era di Internet

“Essere governato significa essere guardato a vista, ispezionato, spiato, diretto, legiferato, regolamentato, recintato, indottrinato, catechizzato, controllato, stimato, valutato, censurato, comandato, da parte di esseri che non hanno né il titolo, né la scienza, né la virtù.”

(Pierre-Joseph Proudhon, filosofo ed economista francese)




Alzi la mano chi, agli arbori della tecnologia cellulare, dovendo parlare con un amico o una persona cara distante centinaia di chilometri, non si sia accorto di usare un tono di voce più alto. Ovvio, di fronte a questi nuovi marchingegni, inconsciamente, il ragionamento è stato: siamo lontani, e se vogliamo farci sentire dovremo parlare più forte. Insomma il nuovo spaventa, ma poi ci si abitua, al punto che oggigiorno le notizie sull’ultimo ritrovato della tecnica sono a cadenza quotidiana e gli annunci su quello che si sta progettando creano attese spasmodiche e vere e proprie dipendenze da ultima novità. Si comincia con lo smartphone più ricercato e si finisce con il robot in giro per casa. Avere l’ultimo gadget elettronico, vivere lo sport con gli ultimi ritrovati, puntare al materiale più tecno da indossare, avere una casa intelligente perfettamente domotica, avere la stampante 3D per fare tutto da sé, progettare il viaggio nello spazio o aspettare di prenotare la giacca con il carica cellulare incorporato.

TecnologiaLa tecnologia ci affascina, rende comoda la vita, è da sempre il simbolo visibile e indubbio del progresso. Viene comunemente, spesso inconsciamente, assunta come nuovo culto religioso, fonte e destinazione delle domande e delle esigenze escatologiche dell’essere umano. La divinizzazione della tecnologia avviene attraverso l’attribuzione di caratteri utra-umani agli strumenti della tecnica, destinatari di desideri e ambizioni fino a pochi anni fa considerati irrealizzabili. In particolare, le tecnologie dell’informazione e della comunicazione possiedono la caratteristica di potenziare e facilitare gli aspetti relazionali non solo dei singoli individui, ma anche delle imprese, grazie ad una comunicazione più rapida e pervasiva.

Si vive costantemente con il timore di non essere aggiornati. Si parla addirittura di “transumanismo” come movimento culturale che sostiene l’uso delle scoperte scientifiche e tecnologiche per aumentare le capacità fisiche e cognitive, migliorando così quegli aspetti della condizione umana che sono considerati indesiderabili, come la malattia o l’invecchiamento. Il fatto è che ogni navigatore di Internet, quando passa dal sito di un grande quotidiano a quello di un’agenzia di prenotazione viaggi on-line, lascia la sua firma. Crede, l’internauta, di seguire una strada libera, di navigare a vista nel vasto mare del www. Invece si sbaglia, perché ogni clic e ogni pagina web che scarica sono catalogati e analizzati: il quotidiano sa che è un lettore di cronache sportive, il sito delle prenotazioni on-line che è un patito dell’alta montagna.

 Non sorprende dunque che il settore economico della sicurezza abbia avuto negli ultimi anni una crescita esponenziale, trainata dalla circolazione sempre più libera di beni, capitali e persone che rilanciano la domanda di soluzioni sempre più innovative e che comprendono software per la protezioni delle reti informatiche, sistemi di controllo e di allarme, test sulla qualità di acqua, aria, generi alimentari e vaccini per la prevenzione di malattie. La crescente sensibilità verso i servizi di sicurezza informatici è connessa all’impennata nell’uso di dispositivi mobili, cloud, social e flussi informativi. Sta emergendo una sorta di “democratizzazione” delle minacce alla sicurezza, a causa della facile disponibilità di virus e di infrastrutture (tramite l’economia sommersa), che mette nelle condizioni di lanciare attacchi mirati e avanzati.

 Questo ha generato una maggiore consapevolezza sociale: uno studio della Commissione Europea indica che nel 2015 in tutta l’Unione ci saranno 700 mila posti di lavoro vacanti nel settore dell’Information and Communication Technology. Si prevede, inoltre, che nel 2016 il 25% delle grandi aziende deciderà di effettuare investimenti mirati alla sicurezza sulla base della determinazione analitica del rischio. Entro il 2017, il 75% delle grandi aziende riceverà report personalizzati di potenziali minacce in base al segmento d’industria, al brand, alle dimensioni aziendali, allo scenario economico.

Queste previsioni si basano su una serie di tendenze. La prima è che cresceranno le pressioni sulla regolamentazione e la conformità alle norme di sicurezza in Europa occidentale e in Asia/Pacifico. In secondo luogo, continuano a scarseggiare le competenze per definire, implementare e gestire livelli adeguati di protezione dei dati e di controllo della sicurezza della privacy, tanto che si ricorre sempre più frequentemente a società specializzate per adeguarsi al rispetto della normativa vigente e per migliorare i propri standard di sicurezza. Infine una terza tendenza riguarda la sicurezza dei dispositivi “mobile”; molti consumatori non riconoscono l’importanza di un antivirus per i propri dispositivi e non comprano software di protezione. Man mano che crescerà la diffusione di massa di smartphone e tablet, aumenterà anche la consapevolezza della loro sicurezza, aprendo così nuove opportunità di mercato.

Queste tematiche hanno sicuramente un impatto economico rilevante, ma portano con sé altri aspetti da non trascurare. Concetti come la privacy, la sicurezza, la garanzia dei diritti di ognuno di noi in rete si sono intrecciati in maniera inestricabile. In questo senso, il cosiddetto “Datagate” è stato emblematico: nel 2013 si è squarciato un velo su un sistema di sorveglianza di massa sia nei confronti di cittadini e istituzioni statunitensi che stranieri. Attraverso una serie di inchieste giornalistiche si sono rivelati i dettagli sulle operazioni messe in atto dall’Agenzia per la Sicurezza Nazionale statunitense (NSA) in complicità con servizi di intelligence di altri paesi.

Questi scandali hanno solo rallentato, non certo arrestato, la spinta dei governi a controllare sempre tutto e tutti. Ci avviciniamo pericolosamente all’“uomo di vetro”, sempre visibile dai detentori del potere politico ed economico, con un rischio evidente per la libertà e la democrazia. Significative in questo senso sono le misure adottate dal governo americano dopo gli attentati alle “Torri gemelle”, con le quali, nel cosiddetto Patriot Act, si decise tra l’altro di accrescere la sorveglianza sulle comunicazioni telefoniche e telematiche, di aumentare l’uso di tecnologie avanzate per l’identificazione e l’archiviazione di informazioni (dalle cartelle cliniche ai dati bancari), nonché di prelevare le impronte digitali nelle biblioteche. Sulla stessa scia, dopo l’attentato al giornale satirico “Charlie Hebdo”, anche in Europa si sta discutendo sulla possibilità di introdurre simili misure. Quali sono dunque le dimensioni della libertà nell’età della scienza e della tecnologia? È giusto invocare la protezione della vita privata, ma non basta. Il nostro modo di vivere è divenuto un flusso continuo di informazioni, inarrestabile, che noi stessi alimentiamo per avere accesso a beni e servizi. La trasparenza sociale ci avvolge. Le tecnologie dell’informazione non solo si impadroniscono della nostra vita, ma costruiscono un corpo elettronico, l’insieme delle nostre informazioni personali custodite in infinite banche dati, che vive accanto al corpo fisico.

PrivacyIl cammino verso regole condivise da tutti, magari verso una “costituzione di internet”, non è detto che sia a portata di orizzonte. La consapevolezza degli utenti cresce sempre di più, è un dato confortante, ma certe strade prendono vie tortuose proprio quando l’obiettivo si trova a un passo. Negli Stati Uniti, ad esempio, alla faccia dei principi di neutralità del web i grandi provider delle telecomunicazioni puntano sempre di più a un’internet a due velocità dove tra le aziende chi paga vola: ha qualità dei servizi garantita, massima visibilità e sicurezza, mentre le piccole e i singoli cittadini devono dividersi quello che resta.

Internet ha contribuito in maniera decisiva a ridefinire lo spazio pubblico e privato, a strutturare i rapporti tra le persone e tra queste e le istituzioni. Comincia così la “Dichiarazione dei diritti in Internet”, il testo elaborato dalla Commissione per i diritti e doveri in Internet costituita presso la Camera dei deputati. Il nostro Paese si candida a farsi promotore in Europa di una dichiarazione dei diritti di Internet che ambisce ad essere una dichiarazione “fondata sul pieno riconoscimento di libertà, eguaglianza, dignità e diversità di ogni persona” in quanto “la garanzia di questi diritti è condizione necessaria perché sia assicurato il funzionamento democratico delle istituzioni, e perché si eviti il prevalere di poteri pubblici e privati che possano portare ad una società della sorveglianza, del controllo e della selezione sociale”. Il diritto ad avere, anche online, i diritti fondamentali dell’uomo e del cittadino ed a vederli rispettati, il diritto di accesso a internet quale precondizione essenziale ed irrinunciabile per l’esercizio di ogni altro diritto fondamentale, la neutralità della Rete, la tutela dei dati personali e del proprio domicilio informatico nell’era di Internet, il diritto all’identità personale, all’anonimato ed all’oblio nello spazio pubblico telematico, il diritto all’educazione anche e soprattutto alla cultura in digitale e poi quello alla sicurezza delle reti e nelle reti e i principi cui deve ispirarsi il governo di Internet.
Sta a noi riconoscerci o meno nell’elenco delle norme fondamentali raccolte nella bozza della dichiarazione, proporne modifiche e correzioni e poi innamoracene senza riserve ed esitazioni con la stessa convinzione e passione con la quale dovremmo sentirci vicini – in ogni momento – alla nostra Costituzione ed alla Carta europea dei diritti fondamentali, in modo da sentire sempre vivo il nostro privilegio ad avere prerogative e libertà che soli possono garantirci davvero di essere cittadini del nostro Paese e dell’Unione europea anche nell’era digitale. Una piccola storia americana può aiutarci a capire il significato profondo del cambiamento che stiamo vivendo e quello che vorremmo non succedesse. In una scuola elementare della California, per ragioni di sicurezza, è stato deciso che ogni bambino portasse al collo un medaglione con un chip leggibile a distanza con la tecnologia delle radiofrequenze, in modo da seguire ogni suo movimento, di localizzarlo in ogni momento. Tornata a casa, una bambina ha così commentato la novità con i suoi genitori: “Non voglio diventare un pacchetto di cereali”.

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Ultima modifica 10/06/2015